Che fra gli sciami di meteore e le comete esista una forte correlazione è ben noto. La prima associazione fra sciami di meteore e comete fu stabilita nel 1866 dal nostro Giovanni Schiaparelli, che si accorse di una forte correlazione fra l’orbita della cometa 109P/Swift-Tuttle e l’orbita delle meteore delle Perseidi, mentre nel 1867 stabilì l’associazione fra lo sciame delle Leonidi e la cometa 55P/Temple-Tuttle. In generale, quasi tutti i maggiori sciami di meteore annuali sono associati a comete a breve periodo, ossia con periodo orbitale inferiore a 200 anni, mentre sono molto pochi gli sciami associati a comete di lungo periodo. Il motivo è facilmente comprensibile: una cometa a breve periodo passa frequentemente al perielio, di conseguenza è in grado di distribuire lungo la propria orbita un gran numero di piccoli meteoroidi che – quando entrano nell’atmosfera terrestre – si vaporizzano in gran numero dando luogo a un ricco sciame di meteore. Al contrario, comete con un periodo orbitale lungo sono passate poche volte al perielio, i meteoroidi lungo l’orbita sono scarsi e – di conseguenza – lo sciame di meteore associato è debole ed è facile confonderlo con il rumore di fondo costituito dai meteoroidi sporadici.
Negli ultimi anni, il numero di meteore di cui è stato possibile triangolare la traiettoria e risalire così all’orbita eliocentrica è aumentato considerevolmente, grazie all’entrata in funzione di un numero sempre maggiore di videocamere molto sensibili – in grado di riprendere meteore fino alla magnitudine +4 – che aderiscono al progetto Allsky Meteor Surveillance (Cams). Nel complesso questa rete è presente in nove paesi ed è formata da 565 videocamere, molte collocate anche nell’emisfero sud. Contributi importanti sono venuti anche dalla SonotaCo network giapponese, dalla collaborazione europea Edmond e dalla Global Meteor Network, per un totale di circa 2,2 milioni di meteore osservate. Grazie a questa mole di dati è aumentato il numero di sciami che possono essere riconosciuti come aumenti significativi di densità nella distribuzione dei radianti delle meteore in cielo (il radiante è la direzione apparente da cui i meteoroidi si avvicinano alla Terra).
In un recente articolo di Peter Jennisken (Seti Institute/Nasa) e colleghi vengono esposti i risultati ottenuti dall’analisi dei dati raccolti sulle meteore dal 2010 fino al 2020. Nell’articolo si analizza la correlazione fra la posizione dei radianti osservati con il tempo d’incontro previsto, la posizione del radiante teorica e la velocità delle comete che passano a meno di 0,12 unità astronomiche dall’orbita terrestre, pari a circa 18 milioni di km. Sono state considerate comete sia con un periodo orbitale superiore a 250 anni sia con orbita parabolica, mentre sono state escluse quelle con orbite iperboliche.
Per ogni cometa scelta è stato generato uno sciame di meteoroidi virtuale in grado di collidere con la Terra per ottenere il radiante corrispondente. Per ogni radiante virtuale così ottenuto sono state riportate le meteore realmente osservate in un intervallo di tempo di diversi giorni per verificare se, effettivamente, ci fosse un eccesso di meteore rispetto al rumore di fondo. I risultati sono stati positivi: su 260 radianti di meteore osservati ce ne sono almeno 14 associati con comete a lungo periodo (fino a 4000 anni), mentre per altri 6 l’associazione è molto probabile. Fra le comete a lungo periodo di cui è stato identificato lo sciame ci sono la C/1939 H1 (Jurlof-Achmarof-Hassel) con periodo di circa 500 anni; la C/1964 N1 (Ikeya) con periodo di 420 anni; la C/1979 Y1 (Bradfield) con periodo di 308 anni; la C/1864 N1 (Tempel) con periodo non definito; la C/1879 M1 (Swift) una cometa parabolica e la C/2002 Y1 (Juels-Holvorcem) con un periodo di circa 4000 anni.
Di per sé questo è un ottimo risultato perché, come abbiamo detto, maggiore è il periodo orbitale della cometa progenitore, più debole sarà l’intensità dello sciame di meteore associato e più difficile ne sarà l’identificazione. Tuttavia c’è anche un altro aspetto della ricerca che va considerato: i deboli sciami di meteore che non sono associati a nessuna cometa conosciuta possono essere utilizzati come “rilevatori” di comete a lungo periodo ancora sconosciute: quelle che sono passate in prossimità della Terra a partire dal 2000 a.C. Queste comete, che sono anche dei near-Earth Object (Neo), costituiscono un potenziale rischio impatto per il nostro pianeta. Anche se le comete sono solo una piccola parte della popolazione dei Neo (la stragrande maggioranza è costituita da asteroidi), si ritiene che abbiano causato alcuni dei più grandi eventi d’impatto nella storia della Terra, perché – grazie alle loro orbite molto allungate – si muovono a velocità molto alte. Questo è il motivo per cui prima si scoprono e meglio è, senza aspettare di trovarsele a due passi da noi a pochi mesi da una potenziale collisione. In conclusione, lo studio dei deboli sciami di meteore, al limite del background, è un modo per contribuire a proteggere il nostro fragile pianeta. Tutte le volte che vedrete una debole e insignificante meteora sfrecciare davanti ai vostri occhi, ricordatevi che potrebbe trattarsi della polvere di una cometa a lungo periodo che sta tornando al perielio.