SVILUPPATO UN NUOVO MODELLO FISICO

Terremoti terrestri: cosa accade all’atmosfera?

Eventi intensi possono scatenare perturbazioni rilevabili dallo spazio. Una ricerca italiana ha messo a punto un modello che spiega il fenomeno e permette di ottenere nuove informazioni sui sismi. Lo studio è stato pubblicato su Nature Scientific Reports

Visione schematica del modello. Crediti: V. Carbone

È stato recentemente pubblicato su Scientific Reports, prestigiosa rivista del gruppo Nature, un articolo in cui viene formulato per la prima volta un modello quantitativo del legame che si genera tra la superficie terrestre, solida o liquida, e l’atmosfera durante un fenomeno sismico. La pubblicazione è il risultato di una collaborazione tra l’Università della Calabria (con i professori Vincenzo Carbone, primo autore, e Fabio Lepreti), l’Inaf (Mirko Piersanti e Piero Ubertini), il Cnr-Isc (Massimo Materassi) e l’Università e Infn-Tifpa di Trento (professor Roberto Battiston).

Il lavoro analizza in dettaglio il meccanismo fisico alla base dell’accoppiamento tra il movimento della superficie terrestre e la bassa atmosfera, accoppiamento che, nel caso di terremoti di magnitudo sufficientemente grande, in molti casi è in grado di eccitare una perturbazione che può propagarsi come onda gravito-acustica (Agw), vale a dire una perturbazione collegata al movimento di grandi masse dell’atmosfera in presenza dell’effetto della gravità. 

Le onde Agw sono un fenomeno molto comune in atmosfera, ad esempio nell’interazione fra fronti di bassa e alta pressione ma, come è stato dimostrato nel lavoro, anche un evento sismico può eccitare una Agw che può propagarsi dal basso verso l’alto, raggiungendo, nel giro di pochi minuti, la ionosfera, ad una altezza di circa 80-90 chilometri dalla superficie della terra, dove incontra un gas ionizzato (plasma). Il successivo accoppiamento tra la perturbazione Agw e il plasma della ionosfera è responsabile della generazione di onde elettromagnetiche in grado di modificare l’equilibrio delle fasce di Van Allen nella magnetosfera della terra ed essere quindi rivelabile dagli strumenti in orbita nello spazio.

Nel lavoro pubblicato viene costruito, per la prima volta, un modello fisico che chiarisce come l’evento sismico sia in grado di eccitare la perturbazione nella bassa atmosfera e come questa perturbazione, caratterizzata dalla cosiddetta “relazione di dispersione”, dipende dai parametri fisici del terremoto. Di conseguenza la perturbazione in alcuni casi può propagarsi e quindi essere rilevata dai satelliti in orbita, in altri casi può non propagarsi perché l’onda gravito-acustica risulta fisicamente “evanescente”, e quindi non rilevabile dallo spazio.

Terremoto dell’Aquila, 2009. Crediti: E. Ferroni/INAF

Nel lavoro vengono analizzati i terremoti di Kobe (1995), Perù (2001), e Fiji (2018), che sono stati rilevati dallo spazio, e il terremoto dell’Aquila (2009) che, al contrario, non è stato rilevato dallo spazio. Il modello dimostra che, nei primi tre casi, l’onda gravito-acustica eccitata è riuscita a propagarsi e a raggiungere la ionosfera, mentre nel caso dell’Aquila il modello prevede che la perturbazione creata sia risultata evanescente e quindi non propagandosi non è stata rilevata dagli strumenti in orbita. 

L’importanza del lavoro consiste nell’avere individuato, per la prima volta, come le caratteristiche fisiche dell’onda gravito-acustica innescata in atmosfera, siano legate ai parametri dell’evento sismico, per cui la rilevazione dallo spazio di anomalie ionosferiche e magnetosferiche a seguito di un terremoto, consente di ottenere informazioni sull’evento stesso da un punto di vista completamente nuovo rispetto alle modalità usuali di monitoraggio dei terremoti. 

Questo articolo è il secondo di una serie dedicata allo sviluppo di un nuovo modello di accoppiamento Magnetosfera-Ionosfera-Litosfera (Milc), che si pone come obiettivo la descrizione dettagliata e deterministica dei fenomeni che collegano i vari strati circumterrestri ed è stato verificato con successo, in una precedente pubblicazione, su una serie di terremoti di magnitudo maggiore di 5. 

Il modello Milc, che descrive fisicamente l’interazione deterministica dell’accoppiamento tra la superfice terrestre e gli strati circumterrestri, apre quindi la strada a una nuova modalità di osservazione della Terra non basata su informazioni di tipo ottico, ma su variabili fisiche di tipo diverso, osservabili dallo spazio e associabili in modo preciso a un singolo evento sismico. 

Il monitoraggio spaziale dei fenomeni sismici aggiunge una nuova dimensione alla sismologia classica, permettendo una raccolta sistematica di dati di interesse geofisico a livello globale e studiando effetti di scala medio-grande, molto difficili da analizzare da terra. Satelliti in grado di sfruttare questo tipo di dati sono già in orbita, come il satellite Sino-Italiano Cses-1, frutto della collaborazione fra Cea (Cina) e Asi e Infn (Italia), in orbita dal 2018 e che sarà seguito nel 2022 dal gemello Cses-2, realizzando la prima costellazione in grado di studiare in modo sistematico questo tipo di fenomeni sismici dallo spazio.

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