Le stelle di neutroni sono i corpi celesti che hanno portato il maggior numero di premi agli scienziati che li hanno studiati. Si comincia con due premi Nobel. Il primo nel 1974, per la loro scoperta come orologi precisissimi, e il secondo nel 1993 per lo studio di un sistema binario formato da due stelle di neutroni che ha fornito la prima evidenza indiretta (ma solidissima) dell’esistenza delle onde gravitazionali. In entrambi i casi si era trattato di un risultato ottenuto durante una tesi di dottorato, ma, mentre nel 1993 il Premio Nobel andò sia al professore che allo studente, nel 1974 venne premiato solo il professore, dimenticando la studentessa che era stata l’artefice della scoperta. Per fortuna, il tempo è galantuomo e Jocelyn Bell Burnell ha ricevuto moltissimi premi fino ad arrivare, nel 2018, in occasione del cinquantenario della scoperta, al ricchissimo Breakthrough Prize che lei, all’apice di una carriera anomala ma straordinaria, ha interamente devoluto per aiutare le donne e le minoranze ad entrare nel mondo della ricerca scientifica.
In effetti, sembra che siano proprio le stelle di neutroni a volere dare una mano nella difficile battaglia verso la parità di genere nei premi più prestigiosi. È molto recente la notizia che il premio Shaw per l’astronomia è andato a due scienziate che hanno contribuito a capire una classe di stelle di neutroni estremamente imprevedibili e capricciose. Le premiate sono Chryssa Kouveliotou, dell’università George Washington a Washington, e Vicky Kaspi, dell’università McGill a Montreal, che si divideranno 1,2 milioni di dollari. Il premio, istituito nel 2004 dal miliardario filantropo Run Run Shaw, onora scienziati nel campo dell’astronomia, della matematica e delle scienze della vita. Analogamente al Nobel, ogni premio può essere dato a una, due o tre persone. Purtroppo, l’analogia con il premio Nobel rimane vera anche nel grande squilibrio di genere che traspare dalla lista dei vincitori. Tra i 35 premiati per le scienze della vita ci sono 4 donne, per la matematica 1 su 26 mentre per l’astronomia, contando Chryssa e Vicky, siamo arrivati a 3 su 29.
Nonostante il successo del 2021, la strada verso la parità e ancora lunga, come fa notare Massimo Capaccioli nella sua collezione di storie a sfondo astronomico pubblicata da Carrocci con il titolo C’era una volta nel cielo. Si tratta di trenta breve racconti che presentano vuoi un problema astronomico, vuoi una costellazione mescolando con maestria la storia, la mitologia e l’astronomia, amalgamando il tutto con aneddoti infiniti.
Nei racconti incontriamo nomi famosi e altri quasi sconosciuti accomunati dal loro contributo all’astronomia e dalle stranezze della vita. Keplero che si trova a difendere la madre dall’accusa di stregoneria, padre Angelo Secchi che si deve barcamenare tra astronomia e politica nella Roma papalina conquistata dagli italiani, Giovanni Schiaparelli che spiega la stelle cadenti e vede i canali di Marte. Poche le donne, ma nella storia della scienza non è una novità. Ho molto apprezzato l’empatia che traspare dai racconti dedicati a Carolina Herschel, preziosa collaboratrice del fratello William, e Henrietta Leavitt, la calcolatrice di Harvard che capì come misurare la distanza delle stelle.
Nella prossima edizione forse Capaccioli potrà introdurre Chryssa e Vicky, entrambe potrebbero essere protagoniste di una bella storia. Chryssa, che si è sempre occupata di astronomia X, ha avuto uno dei suoi momenti più esaltanti il 27 dicembre 2004 in occasione del risveglio di una pulsar capricciosa, chiamata Sgr 1806-20 (per Soft Gamma Repeater seguito dalle coordinate celesti) situata poco sopra la costellazione del Sagittario. Quando la stella di neutroni supermagnetica ha iniziato a emettere fiotti di energia, lei era l’unica presente nel laboratorio svuotato dalle vacanze di Natale e ha organizzato una campagna di osservazione multilunghezza d’onda che ha dato risultati fantastici. Vicky, invece, è una radioastronoma che ha sempre studiato il comportamento delle pulsar in radio. Grazie all’utilizzo innovativo di un nuovo strumento canadese, ha forse trovato l’anello di congiunzione tra le stelle di neutroni supermagnetiche e i lampi gamma velocissimi. Si tratta di segnali intensissimi ma straordinariamente brevi, difficilissimi da cogliere al volo e ancora largamente misteriosi. Ma non resisteranno a lungo.