Una sorta di tuffo al contrario: così possiamo immaginare l’emergere di una qualunque struttura cosmica dal cosmo stesso. Tuttavia, questa rappresentazione è solo una parte della storia, il frutto di una limitata prospettiva. Osservare, per gli astronomi, significa concentrare l’attenzione sui fenomeni che appaiono luminosi, che coinvolgono cioè la materia barionica. Nella formazione delle strutture cosmiche però, la luce arriva quasi per ultima. A questo, poi, si deve aggiungere che vedere ciò che di luminoso c’era quando l’universo era poco più che appena nato è un’impresa non da poco.
In un articolo in corso di pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, un gruppo di scienziati è riuscito a catturare la luce di un ammasso di galassie proprio mentre questo si accendeva ed emergeva dalla rete cosmica. L’ammasso si chiama Idcsj1426+3508, è situato a redshift 1.75 e la sua luce ha fatto un viaggio di quasi 10 miliardi di anni per giungere fino a noi.
Cominciamo dall’inizio: non arriva prima la luce, dicevamo. La trama del cosmo è infatti tessuta dalla materia oscura che, attraverso la gravità, possiamo immaginare come una ragnatela con alcuni addensamenti più o meno grandi: sono questi gli attrattori di materia barionica. Quando una struttura imponente come un ammasso comincia a formarsi, è dunque la materia oscura che per prima prepara una comoda tana in cui la materia barionica – il gas – può cominciare ad addensarsi venendo attratta gravitazionalmente. Sembra quindi un tuffo al contrario, quello della luce, perché il gas che si riscalda proporzionalmente all’aumento della sua densità comincia piano piano ad accendersi, diventando visibile. È così che gli astronomi hanno potuto misurare le proprietà di Idcsj1426+3508, e lo hanno fatto in un’epoca e con una precisione senza precedenti.
Un’istantanea che, grazie al confronto delle proprietà del gas di Idcsj1426+3508 con quelle dei suoi discendenti più plausibili dei giorni nostri – quelli osservati nell’universo vicino – gli scienziati hanno potuto far evolvere nel tempo per prevedere la storia della sua futura e tumultuosa evoluzione.
«Ovunque, tranne che nel centro, la temperatura diventerà più calda nonostante l’ingresso di nuovo gas freddo dalle regioni periferiche» spiega Stefano Andreon, ricercatore Inaf nella sede di Brera e primo autore dello studio. Il centro dell’ammasso, dunque, conserverà le sue proprietà immutate nel tempo nonostante l’ambiente tumultuoso e ostile, mantenendosi in un delicato equilibrio tra le perturbazioni generate dall’ingresso di materia e un meccanismo di risposta – in gergo astronomico, feedback – ancora non identificato. Poco fuori dal centro, invece, il gas nell’ammasso appena nato sembra essere più freddo rispetto a quello degli ammassi odierni, mentre nelle regioni più esterne la situazione si ribalta. Per poter diventare simile ai suoi pronipoti, quindi, Idcsj1426+3508 dovrà andare incontro a un meccanismo che scaldi le regioni più interne, mentre le regioni esterne si raffreddano e il centro si mantiene pressoché immutato nel tempo.
La possibilità di spingersi con estrema precisione così indietro nel tempo è stata offerta dall’uso congiunto del telescopio Chandra – che, osservando alle frequenze dei raggi X, “vede” la densità del gas tenue che permea l’ammasso – e della camera Mustang2 del Green Bank Telescpe (Gbt), in West Virginia, che ha permesso di misurare l’agitazione termica del gas – che astronomi e fisici chiamano pressione – in vari punti dell’ammasso. I dati hanno mostrato che il gas diventa più caldo all’aumentare della distanza dal centro, passando da 50 a 150 milioni di gradi Celsius.
«Ma una rondine non fa primavera» continua Andreon. «L’evoluzione degli ammassi di galassie è probabilmente diversificata, motivo per cui stiamo osservando, e invitando i colleghi a osservare, altri ammassi che iniziano a emergere dalla rete cosmica, nella speranza di individuare, oltre alle differenze individuali, un modello generale comune».
«Naturalmente siamo interessati a come gli ammassi evolvono nel tempo, non solo per comprenderne l’astrofisica e la fenomenologia associata» aggiunge Charles Romero, ricercatore dell’Osservatorio di Green Bank e dell’Università della Pennsylvania e coautore dello studio. «L’evoluzione degli ammassi, infatti, è un tassello fondamentale per poter studiare l’evoluzione dell’universo e la cosmologia usando gli ammassi di galassie stessi come traccianti».
Per saperne di più:
- Leggi su arxiv.org il preprint dell’articolo accettato per la pubblicazione su Mnras “Thermodynamic evolution of the z=1.75 galaxy cluster IDCS J1426.5+3508” di S. Andreon, C. Romero, F. Castanga, A. Ragagnin, M. Devlin, S. Dicker, B. Mason, T. Mroczkowski, C. Sarazin, J. Sievers, S. Stanchfield