La magnetosfera è la regione di spazio di un pianeta costituita dall’insieme di linee del campo magnetico da esso generato per effetto dinamo. La forma di questo scudo è schiacciata nel lato planetario rivolto al proprio sole e allungata nel lato opposto. La sua forza indica quanto il pianeta è protetto da particelle energetiche dirette verso di esso, come quelle dei raggi cosmici o del vento stellare, che si irradiano dalla stella madre durante intensi eventi solari come le espulsioni di massa coronale. È dunque un involucro fondamentale affinché su un pianeta possa svilupparsi la vita.
Gli astrofisici ottengono informazioni sulle magnetosfere planetarie sia attraverso studi osservativi sia mediante studi teorici. In quest’ultimo caso utilizzano leggi matematiche, come la cosiddetta legge radiometrica di Bode, che mette in relazione la potenza del vento stellare incidente, l’intensità del campo magnetico planetario e l’emissione radio del pianeta. Si tratta in particolare di una relazione applicabile a tutti i pianeti caratterizzati da emissioni radio aurorali: luce prodotta con le eso-aurore dall’interazione tra il vento stellare e il sistema magnetosfera-ionosfera planetaria. Poiché l’emissione di questa radiazione è correlata alla forza del campo magnetico locale, migliori simulazioni dell’emissione radio permettono di fare stime più accurate dell’intensità del campo magnetico di un pianeta.
Un nuovo studio condotto da un team di ricercatori della Rice University descrive ora un modo per meglio determinare quali pianeti extrasolari simili alla Terra hanno maggiori probabilità di produrre segnali radio aurorali rilevabili sulla base della forza del loro campo magnetico e quindi della loro magnetosfera.
Gli attuali modelli empirici per lo studio delle magnetosfere planetarie, spiegano i ricercatori, si basano principalmente sulle emissioni che dovrebbero emergere dalle regioni polari di un esopianeta durante l’attività stellare. Il nuovo studio aggiunge un modello numerico a questi modelli analitici per fornire un quadro più completo delle emissioni radio intorno a un esopianeta.
Si tratta in pratica di aggiungere alle simulazioni utilizzate precedentemente per lo studio del campo magnetico le emissioni radio aurorali provenienti dal loro lato notturno.
La ricerca mostra infatti che, durante un’intensa attività solare, ci sono emissioni che “emergono” dal lato opposto alla stella e che aggiungendosi alle emissioni radio del lato diurno incrementano il segnale finale di almeno un ordine di grandezza. Secondo i ricercatori, inoltre, queste emissioni aurorali notturne non proverrebbero solo dai poli, ma da varie parti della magnetosfera.
«Stiamo essenzialmente confermando il modello analitico per le simulazioni delle emissioni radio esoplanetarie» spiega Anthony Sciola, post-doc alla Rice University e primo autore della pubblicazione, «ma aggiungendo ulteriori dettagli. Concentrando la nostra attenzione sui fattori limitanti del modello attuale, abbiamo trovando che in determinate situazioni è possibile ottenere più emissioni di quanto suggerisca quel fattore limitante».
«Queste emissioni aurorali dal lato buio sono deboli e si verificano sporadicamente» conclude Sciola, «ma quando le metti insieme tutte, possono avere un grande effetto».
Per saperne di più:
- Leggi su Astrophysical Journal Letters l’articolo “Incorporating Inner Magnetosphere Current-driven Electron Acceleration in Numerical Simulations of Exoplanet Radio Emission” di Anthony Sciola, Frank Toffoletto, David Alexander, Kareem Sorathia, Viacheslav Merkin, e Alison Farrish