Le stelle neonate sono circondate da dischi di polvere e gas, i cosiddetti dischi protoplanetari, dai quali si formano i sistemi planetari. Mano mano che i pianeti avanzano nel loro processo di formazione, sottraggono massa al disco o ne modificano la struttura. In alcuni casi si creano delle interruzioni, anelli in cui il materiale è molto ridotto rispetto al resto del disco protoplanetario (qualcosa di simile alle rinomate interruzioni che vediamo tra gli anelli di Saturno).
Utilizzando Alma (Atacama Large Millimeter/Submillimeter Array), il grande osservatorio che si trova a 4000 metri di altitudine sull’altipiano di Chajnantor, in Cile, i ricercatori di un nuovo studio pubblicato su The Astronomical Journal hanno ottenuto dati da più di 500 dischi protoplanetari orbitanti stelle giovani, scoprendo che è più probabile trovarvi interruzioni più le stelle sono massicce. Siccome sappiamo anche che più le stelle sono massicce più i loro sistemi planetari sono popolati da giganti gassosi, questo dimostra la correlazione tra il maggior numero di giganti gassosi e la presenza di interruzioni nei dischi protoplanetari.
«Abbiamo trovato una forte correlazione tra le interruzioni nei dischi protoplanetari e la massa stellare, e questa può quindi essere legata alla presenza di esopianeti grandi e gassosi», dice Nienke van der Marel, la prima autrice dello studio. «Le stelle di massa maggiore hanno più interruzioni rispetto a quelle di massa minore, consistentemente con la correlazione già nota per cui le stelle di massa maggiore ospitano più spesso giganti gassosi. Queste correlazioni ci dicono direttamente che le interruzioni nei dischi in cui si stanno formando pianeti sono molto probabilmente causate da pianeti giganti di massa uguale o superiore a quella di Nettuno».
Finora la relazione tra formazione dei pianeti e interruzioni nei dischi non era così chiara: secondo Gijs Mulders, co-autore dello studio, «una delle ragioni primarie per cui i ricercatori sono stati scettici riguardo al collegamento tra interruzioni e pianeti è che gli esopianeti che orbitano a decine di unità astronomiche, dove si trovano le interruzioni, sono rari. Ma noi crediamo che i pianeti che ripuliscono le interruzioni migrano verso l’interno del sistema planetario in un secondo momento». La correlazione trovata dagli autori dello studio si applica anche ai sistemi in cui le stelle sono poco massicce: quando non ci sono interruzioni, sembra più probabile trovare super-terre, i pianeti rocciosi massicci a metà strada tra Terra e Nettuno.
Questo collegamento tra la massa stellare e la demografia dei pianeti può essere utile per indirizzare le prossime ricerche esoplanetarie: se si vogliono studiare i giganti gassosi conviene puntare a stelle massicce, se si vogliono studiare i pianeti rocciosi conviene puntare a stelle più piccole. Inoltre, questo collegamento permette anche di avere qualche informazione in più, guardando la massa di una stella matura e ormai priva di disco protoplanetario, su come doveva essere l’ambiente in cui si sono formati i suoi pianeti.
«Le nostre nuove scoperte collegano la struttura delle interruzioni nei dischi osservate da Alma direttamente alle proprietà delle migliaia di esopianeti finora scoperti,» dice van der Marel. «Gli esopianeti e la loro formazione ci aiutano a inserire anche l’origine della Terra e del Sistema solare nel contesto di ciò che vediamo accadere attorno ad altre stelle».
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo su The Astronomical Journal “A stellar mass dependence of structured disks: A possible link with exoplanet demographics” di N. van der Marel and G. Mulders