OGGI ALLA GOLDSCHMIDT GEOCHEMISTRY CONFERENCE

Mondi in collisione: intervista a Simone Marchi

Ci sono impatti che hanno segnato l’architettura del Sistema solare, come quello dal quale ha preso forma la Luna. Impatti catastrofici, all’origine di grandi estinzioni ma anche di cambiamenti cruciali per l’evoluzione della vita sulla Terra. Impatti con oggetti da almeno 10 km in diametro. Ne parla il libro “Colliding Worlds” dell’astrofisico del Southwest Research Institute di Boulder (in Colorado, Usa) Simone Marchi

     09/07/2021

 

Simone Marchi con il suo libro “Colliding Worlds. How Cosmic Encounters Shaped Planets and Life”, Oxford University Press, giugno 2021, 224 pagine, 24 euro. Crediti per la foto: Maku

Fonte d’ispirazione di tanti disaster movies di successo, presenza costante – insieme a pandemie, cambiamenti climatici e conflitti nucleari – nelle top ten sulle principali minacce per il futuro dell’umanità, gli impatti con grandi asteroidi e comete hanno pesantemente condizionato l’architettura del Sistema solare e punteggiato la storia della vita sulla Terra. Ed è proprio ai grandi impatti che si sono susseguiti sin dalle prime fasi di formazione del Sistema solare che è dedicato Colliding Worlds, un libro appena pubblicato con la Oxford University Press dall’astrofisico Simone Marchi.

Originario di Lucca, laurea e dottorato a Pisa, Marchi è oggi ricercatore alla Space Science and Engineering Division del Southwest Research Institute di Boulder (Colorado), negli Stati Uniti. Questa settimana è fra i partecipanti alla Goldschmidt Geochemistry Conference – l’appuntamento annuale della European Association of Geochemistry e della Geochemical Society in corso in questi giorni, dal 4 al 9 luglio – dove è stato invitato come keynote speaker per presentare i risultati dei suoi studi sul ruolo delle grandi collisioni cosmiche nello sviluppo della vita sulla Terra. Lo abbiamo intervistato.

Dottor Marchi, gli asteroidi e in generale i corpi rocciosi vaganti dei quali lei si occupa non sono sassolini… Qual è la dimensione minima che devono avere per rientrare nel suo campo d’indagine? 

«Almeno 10 km in diametro! Non che ci sia niente di speciale in questa dimensione, ma è un valore conveniente perché si ritiene che gli effetti di un tale impatto sulla Terra siano globali. Inoltre, questa è la dimensione stimata per l’asteroide che spazzò via i dinosauri e la maggior parte (il 75 per cento) delle specie viventi, 66 milioni di anni or sono».

Oggetti enormi, dunque. Qui sulla Terra, per fortuna, di così grandi oggi sembrano arrivarne raramente. In passato però non era così. Perché?

«La Terra si è formata tramite l’accumulo di una miriade di oggetti più piccoli, chiamati planetesimi.  Questi planetesimi hanno continuato a collidere con la Terra per centinaia di milioni di anni, prima che venissero dispersi e rimossi dal Sistema solare. Gli asteroidi odierni sono ciò che rimane – circa uno su diecimila – di questa vasta popolazione primordiale di planetesimi. Il numero di impatti è proporzionale al numero di oggetti vaganti in prossimità della Terra, quindi il bombardamento primordiale fu molto più intenso di quello attuale».

Il sottotitolo del suo libro è: Come gli incontri cosmici hanno plasmato i pianeti e la vita. Ecco, quali sono stati gli effetti principali di questi bombardamenti, un tempo così frequenti, per la formazione del nostro pianeta e per l’evoluzione della vita?

«Il bombardamento primordiale ha drasticamente alterato l’evoluzione della Terra. Per esempio, la Luna si è formata tramite una collisione colossale che avrebbe fuso gran parte del mantello e della crosta terrestre. Una Terra nuova emerse da questa catastrofe. Impatti più piccoli e frequenti avrebbero poi alterato la composizione chimica dell’atmosfera, e stimolato la sintesi di molecole organiche. Parte della crosta si sarebbe fusa periodicamente, seguita dal rilascio di anidride carbonica. Gli oceani si sarebbero vaporizzati ripetutamente. L’energia degli impatti avrebbe generato sistemi idrotermali (tipo Yellowstone per capirci) che si estendevano per migliaia di chilometri.

Tutto ciò è durato per almeno un miliardo di anni, prima che i planetesimi venissero gradualmente rimossi e le collisioni diventassero rare. Ed eventi simili hanno anche influenzato l’evoluzione di altri pianeti rocciosi, come Marte, e asteroidi».

Fra tutti gli impatti catastrofici, qual è quello che secondo lei ha più condizionato la nostra storia?

«Indubbiamente quello che ha generato la Luna. Non solo questa collisione fu una fra le più energetiche, ma la presenza della Luna ha un effetto positivo per la Terra: per esempio stabilizza le oscillazioni dell’inclinazione del proprio asse. Permettendo alla Terra di avere un clima stabile, con il consueto alternarsi delle stagioni».

E quello che più l’affascina?

«Le collisioni non sono solo negative per l’evoluzione della vita. Anzi, è il contrario: la superficie della Terra primordiale mancava di ingredienti chiave per le sviluppo della vita, e dunque gli impatti hanno potuto contribuire ad arricchirne la composizione. Questi sono gli impatti che più mi interessano. Pensate per esempio a una collisione con un planetesimo di 100 km: oggigiorno sarebbe devastante, ma in passato avrebbe depositato importanti elementi – come il carbonio, lo zolfo, l’azoto e il fosforo – che sono necessari per la vita, e avrebbe stimolato l’evoluzione idrotermale, inclusa la formazione di composti organici, in una regione vasta come un continente».

Tornando alle rocce vaganti: c’è un asteroide che porta il suo nome, 72543 Simonemarchi. Possiamo stare tranquilli? Non è che per promuovere il suo libro lo manda qui in tournée a farci visita?

«Mi ha dato una grande idea pubblicitaria per il prossimo libro! Scherzi a parte, 72543 Simonemarchi si trova nella fascia principale di asteroidi tra Marte e Giove, e non pare abbia alcune intenzione di raggiungere la Terra, almeno per il momento».

Dicevamo prima che gli asteroidi non mancano comunque mai, nelle top ten delle possibili cause d’estinzione. Ma sono sempre in buona compagnia. Secondo lei cosa è più probabile che metta termine all’avventura della nostra specie sul pianeta Terra?

«Ahimè, temo che la stupidità umana sia il pericolo numero uno per la nostra specie».


Guarda su YouTube il booktrailer del libro di Simone Marchi Colliding Worlds: