Le nane brune sono oggetti sub stellari con una massa al confine fra stelle e pianeti giganti gassosi: la loro massa è troppo esigua per essere delle vere stelle, non sono in grado di sostenere la fusione dell’idrogeno in elio e passano tutta la vita a contrarsi e a raffreddarsi emettendo calore nello spazio.
Per via di questa contrazione continua, i corpi giovani hanno raggi più grandi e una gravità superficiale inferiore rispetto alle loro controparti più vecchie. Dal punto di vista fisico, le giovani nane brune e le atmosfere degli esopianeti giganti – i pianeti con una massa fino a 13 volte superiore a quella di Giove – condividono i colori, le temperature e la gravità superficiale. A differenza degli esopianeti, le nane brune si trovano per lo più isolate nello spazio, non necessariamente in orbita attorno a brillanti stelle di sequenza principale: è questo il motivo per cui il loro studio è più facile e l’analisi delle loro atmosfere è un buon punto di partenza per cercare di capire quale possa essere la struttura atmosferica di un esopianeta gigante.
Sono queste le considerazioni fisiche che hanno portato un gruppo di astronomi guidato da Elena Manjavacas (Space Telescope Science Institute) a compiere uno studio spettro-fotometrico nell’infrarosso vicino dell’atmosfera della giovane nana bruna 2Mass J22081363+2921215 usando gli strumenti del Keck I Observatory, posto sul Maunakea, Hawaii. Questa “stella mancata”, a 115 anni luce da noi, ha una massa 16 volte quella di Giove, una temperatura di 1800 K (circa 1500 °C) e una gravità di 4g. In generale le osservazioni fotometriche e spettroscopiche mostrano che la maggior parte delle nane brune è variabile sia in luminosità, sia nel tipo spettrale, molto probabilmente a causa dell’esistenza di diversi strati di nubi eterogenee nelle loro atmosfere che evolvono mentre ruotano. Sfruttando questo fatto, lo scopo delle osservazioni del team di Manjavacas era ottenere informazioni sulla struttura verticale dell’atmosfera di 2Mass J22081363+2921215.
Dai dati fotometrici risulta che, durante le osservazioni, il flusso infrarosso della nana bruna (una volta corretto per gli effetti atmosferici e strumentali) è variato del 3 per cento – in buon accordo con il periodo di rotazione noto, che è di circa 3,5 ore. La variabilità della curva di luce infrarossa indica che durante il periodo di osservazione è stato possibile vedere zone esterne fredde e zone interne più calde dell’atmosfera della nana. La stessa variabilità si ritrova negli spettri, specie nelle righe dovute ai metalli alcalini, come il potassio e il sodio: correlando la variabilità fotometrica con quella spettroscopica è stato possibile risalire a un modello della struttura 3D dell’atmosfera della nana bruna in grado di spiegare ragionevolmente bene quanto osservato.
Le osservazioni suggeriscono che la nana bruna abbia un’atmosfera stratificata solcata da nuvole sparse. Gli spettri mostrano la presenza di nuvole di granelli di sabbia calda e altri elementi esotici. Lo ioduro di potassio traccia l’atmosfera superiore, che include anche nuvole di silicato di magnesio. Scendendo nell’atmosfera c’è uno strato di ioduro di sodio e nuvole di silicato di magnesio. Lo strato finale più basso è costituito da nuvole di ossido di alluminio. La profondità totale dell’atmosfera è stata stimata in circa 718 chilometri.
Come si vede si tratta di un’atmosfera con nubi molto esotiche se le paragoniamo a quelle della nostra Terra, che si limitano al semplice vapore acqueo. Questo studio mostra le potenzialità del metodo spettro-fotometrico nell’infrarosso per analizzare la struttura verticale delle atmosfere degli esopianeti giganti: i risultati saranno anche più dettagliati una volta che entrerà in funzione il James Webb Telescope, il telescopio spaziale infrarosso che con i suoi 6,6 metri di diametro e grazie all’assenza dell’atmosfera potrà ottenere risultati molto importanti sulla fisica degli esopianeti. I risultati del lavoro di Manjavacas e colleghi verranno pubblicati sul The Astronomical Journal, il pre-print è già disponibile su arXiv.org.