Il 20 luglio Juno ha compiuto un flyby di Ganimede passando a una distanza di circa 50mila km, ottenendo immagini e spettri della luna ghiacciata grazie alla fotocamera/spettrometro a infrarossi Jiram, strumento italiano supportato dall’Agenzia spaziale italiana (Asi) e a guida Inaf. In precedenza, il 7 giugno 2021 e il 26 dicembre 2019, Juno era passata rispettivamente a mille km e centomila km, ottenendo mappe visibili e infrarosse della luna più grande del Sistema solare. La diversa geometria osservativa dei vari passaggi ravvicinati ha fornito l’opportunità di vedere per la prima volta la regione polare nord e confrontare la diversità nella composizione tra le latitudini basse e alte di Ganimede.
Durante il flyby del 2019 Jiram è stato in grado di osservare l’emisfero settentrionale, mentre durante il flyby del luglio 2021, Jiram ha coperto le regioni dell’emisfero equatoriale/sud, incluso il notevole cratere Tashmetum. Le osservazioni a infrarossi di Jiram sono sotto forma di immagini e spettri della superficie e forniscono nuove informazioni sul guscio ghiacciato di Ganimede e, indirettamente, sulla composizione dell’oceano di acqua liquida sottostante, dando una stima dell’abbondanza di sali e sostanze organiche nel ghiaccio d’acqua crostale. Le immagini del recente passaggio a 50 mila km hanno una risoluzione di circa 10 km.
«Jiram ha osservato regioni non precedentemente mappate», nota Alessandro Mura, ricercatore Inaf team leader dello strumento, «ed è stato in grado di studiare la variabilità locale superficiale. È estremamente importante capire le diverse caratteristiche che distinguono le regioni polari da quelle equatoriali, al fine di comprendere i processi di space weathering e individuare quale parte della superficie sia rappresentativa della composizione originale di Ganimede».
Infatti, le alte latitudini sono dominate dal ghiaccio d’acqua, con granulometria fine, che è il risultato dell’intenso bombardamento di particelle cariche, chiaramente visibile nella banda di assorbimento dell’acqua a 2 µm. Al contrario, le basse latitudini sono schermate dal campo magnetico intrinseco di Ganimede. Quindi le bande di assorbimento del ghiaccio d’acqua sono più deboli e gli spettri più
rappresentativi della composizione chimica originale, in particolare degli altri costituenti come sali e sostanze organiche.
«L’Italia si conferma ancora una volta come importante contributore nella scienza del nostro Sistema solare e, in particolare, lo strumento Jiram si sta rivelando sempre più fondamentale nella comprensione dell’intero sistema gioviano», sottolinea Giuseppe Sindoni, responsabile di progetto Asi per Jiram.
Le osservazioni di Juno aiutano a preparare il terreno per le future missioni spaziali, come la missione dell’Esa Juice, che esplorerà le gelide lune galileiane con un’enfasi su Ganimede, e della Nasa Europa Clipper, che si concentrerà su Europa.
E a proposito di Ganimede… ecco un’altra sonda che andrà presto a fargli visita: