Un mese dopo e circa mezzo chilometro più in là, Perseverance ha portato a casa il risultato: il rover ha prelevato con successo il primo campione di roccia marziana e ora lo custodisce gelosamente nella sua pancia.
«Vedere l’immagine del campione nel tubo ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo, dopo tanta preoccupazione per il fallimento del primo tentativo», racconta a Media Inaf Teresa Fornaro, ricercatrice all’Inaf di Firenze e unica italiana tra i 13 participating scientist della missione. «Raccogliere campioni da riportare sulla Terra è infatti uno degli obiettivi più importanti di questa missione».
La raccolta di piccole porzioni di terreno è infatti fondamentale per indagare la storia geologica passata del pianeta rosso e, soprattutto, identificare eventuali tracce di vita microbica. A voler essere precisi, comunque, il rientro a casa non è previsto a breve e sarà demandato a future missioni di recupero.
Ma concentriamoci sulle notizie recenti. I dati sono stati inviati a Terra il primo settembre e le prime immagini mostrano che il campione presente nel tubo dopo il carotaggio è intatto.
L’obiettivo del tentativo di raccolta del campione era una roccia delle dimensioni di una valigetta, La Rochette, situata sul crinale Citadelle, lungo circa 900 metri e costellato di rocce affioranti e massi. La roccia, diversamente da quella che ha determinato l’esito negativo del primo campionamento, si presentava intatta e resistente all’erosione del vento, dunque meno friabile e potenzialmente adeguata alle operazioni di carotaggio.
«Per questo campionamento è stata scelta una roccia molto più resistente, che infatti ha mostrato un ottimo comportamento durante le procedure di perforamento e acquisizione del campione», continua Fornaro. «Inoltre, per meglio controllare tutti gli step del processo, il campionamento è stato suddiviso in più sol (un sol è un giorno marziano e dura poco più di un giorno terrestre, ndr), in modo da poter aspettare l’arrivo delle immagini del campione nel tubo prima di sigillarlo definitivamente».
Come avviene il carotaggio
Il sistema di campionamento e archiviazione di Perseverance utilizza un trapano rotativo-percussivo e una punta cava all’estremità di un braccio robotico lungo 2 metri, progettata per estrarre campioni leggermente più spessi di una matita. All’interno della punta, durante il carotaggio, c’è un tubo per il campione. Due giorni fa, dopo aver completato l’operazione, Perseverance ha direzionato il perforatore, la punta e l’estremità aperta del tubo campione per essere ripreso dallo strumento Mastcam-Z. La prima serie di immagini inviate dalla camera ha mostrato l’estremità di una roccia carotata all’interno del tubo campione.
«Uno degli step del processo è chiamato “percuss to ingest” e consiste nel far vibrare il tubo per un secondo 5 volte in modo da far cadere eventuale materiale residuo che potrebbe essersi attaccato alle pareti del tubo ostacolandone la sigillatura», spiega Fornaro. «Come osservato in test di laboratorio, questa azione può far scivolare il campione in fondo al tubo. L’immagine acquisita dopo questa operazione però non presenta una buona illuminazione e non è possibile vedere la porzione interna del tubo. Allora, per essere certi che il campione è ancora nel tubo, abbiamo pianificato un ulteriore set di acquisizione di immagini in diverse condizioni di illuminazione. I prossimi passi dipenderanno dall’analisi dettagliata di queste immagini».
È dunque previsto per oggi, venerdì 3 settembre, un secondo tentativo di acquisizione delle immagini del perforatore e del tubo di campionamento, in momenti della giornata su Marte in cui la luce del Sole presenti un angolazione più favorevole. Alcune foto, poi, saranno scattate dopo il tramonto, per diminuire le sorgenti di luce puntuali che possono saturare l’immagine. Se i risultati saranno nuovamente inconcludenti, il team di Perseverance potrà comunque scegliere di utilizzare la sonda del Sampling and Caching System (che si trova all’interno del telaio del rover) come conferma finale della presenza del campione nel tubo.