Una fra le attività preferite dagli astronomi è quella di dare nomi a qualunque cosa capiti sotto i loro occhi. Lo fanno dalla notte dei tempi. Pianeti, satelliti, comete, asteroidi: non c’è oggetto celeste o porzione della sua superficie di interesse scientifico – sia essa osservata al telescopio, o più recentemente nelle immagini ad alta risoluzione ottenute da manufatti artificiali – alla quale non venga attribuito un nome.
Un’attività di nomenclatura planetaria, questa, fondamentale per identificare in modo univoco un oggetto celeste o una sua caratteristica superficiale, che il mese scorso ha interessato Marte, in particolare alcune strutture geologiche presenti sulla sua superficie. Il 25 agosto 2021, il gruppo di lavoro per la nomenclatura dei sistemi planetari (Wgpsn) dell’Unione astronomica internazionale (Iau) – task group per la nomenclatura di Marte – ha infatti approvato cinque nuovi nomi per altrettante caratteristiche superficiali del Pianeta rosso.
Inseriti nella Gazetteer of Planetary Nomenclature – un database contenente tutti i nomi delle caratteristiche topografiche e di albedo di pianeti, satelliti e alcuni sistemi di anelli che la Iau ha approvato dal 1919, data della sua fondazione, fino a oggi – i nomi in questione sono Arago Dorsa, Cantabras Serpens, Cantabras Dorsum, Piscinas e Piscinas Serpentes. Tre di loro – Arago Dorsa, Piscinas e Piscinas Serpentes – sono stati proposti dalla ricercatrice italiana Melissa Mirino, che ha condiviso pubblicamente la sua gioia per l’accettazione dei toponimi scelti postando sul suo profilo Linkedin lo screenshot dell’e-mail con la quale la Iau le ha comunicato la notizia.
Di origini romane, Mirino è una geologa di formazione, con laurea triennale in Scienze geologiche e magistrale in Geologia del territorio e delle risorse, entrambe conseguite all’Università di Roma Tre, ha collaborato con diverse università e centri di ricerca sia in Italia che all’estero, tra cui l’Inaf Iaps di Roma, la Jacobs University (Bremen, Germania) e la sede olandese dell’Agenzia spaziale europea (Esa/Estec). Durante la sua permanenza all’estero si è occupata principalmente di analisi di telerilevamento delle superfici planetarie, astronaut analogue simulations e rover trials, vincendo diverse borse di studio e riconoscimenti internazionali. Attualmente è studentessa di dottorato in Scienze planetarie alla Open University, nel Regno Unito, dove si occupa di analisi geomorfologiche di sistemi fluviali marziani chiamati inverted channels.
Mirino, da chi o cosa ha tratto ispirazione per la scelta dei nomi?
«Nel caso di Arago Dorsa la scelta è stata piuttosto semplice, infatti la struttura in questione si trova all’interno di un cratere che porta appunto il nome di Arago, famoso astronomo francese a cui è stato dedicato l’omonimo cratere marziano. Il caso di Piscinas e Piscinas Serpentes invece è più particolare. Le due strutture si trovano molto vicine tra loro, per cui il nome sarebbe dovuto essere lo stesso, cambiando però il termine descrittore (da crater a serpentes). Nonostante io viva all’estero da diversi anni, sono e sarò sempre molto legata all’Italia e quindi ci tenevo a proporre qualcosa che fosse collegato al mio paese. Mi sono ricordata di una conversazione con i miei genitori dove mi descrivevano le dune di Piscinas, nella Sardegna sud-occidentale. Dato che Marte ha un paesaggio desertico e le strutture che studio sono legate all’acqua, ho pensato potesse essere un buon collegamento. Infatti, il cratere Piscinas potrebbe essere stato riempito dall’acqua, formando un lago, o in questo caso potremmo dire una “piscina” temporanea. Il processo di nomenclatura ha previsto la possibilità di battezzare crateri piccoli (≤ 50 km in diametro) con nomi di piccole città o paesi (con meno di 100mila abitanti) quindi ho proposto il comune di Piscinas (a sud delle omonime dune) come nome per il cratere».
Si è trattato di una decisione arbitraria o c’è alla base una qualche convenzione alla quale si è dovuta attenere?
«Mi sono dovuta attenere alle convenzioni e alle procedure indicate nel sito dell’International Astronomical Union (Iau) che rappresenta l’ente ufficiale per l’accettazione di nomi di strutture su pianeti e satelliti. Ci sono diverse regole da rispettare, e queste possono variare a seconda del tipo di oggetto superficiale planetario che si vuole nominare. Ad esempio la procedura da seguire per nominare un cratere su Marte è diversa da quella che dovrà seguire chi propone dei nomi per dei quadranti di un pianeta o per i suoi satelliti. La convenzione può cambiare anche per lo stesso tipo di oggetto a seconda delle dimensioni. Ad esempio su Marte, per crateri di dimensioni maggiori di 50 km, si può proporre il nome di uno scienziato che ha particolarmente contribuito allo studio del pianeta. Diverso è invece il caso di crateri più piccoli, come abbiamo detto per Piscinas, dove possono essere usati nomi di piccole città. Spesso però molte convenzioni, come ad esempio il termine descrittivo assegnato alle varie strutture, tendono a rimanere le stesse anche se le strutture in questione si trovano su pianeti diversi.
Cosa si intende per ‘termine descrittore’?
«Iniziamo col dire che il termine descrittore è legato unicamente all’aspetto morfologico della struttura e non implica o suggerisce nessun processo formativo o geologico. Quindi strutture di aspetto simile potrebbero avere nel nome lo stesso termine descrittore anche se formati da due processi totalmente diversi, come vulcanico o fluviale per esempio, e, al contempo, strutture formate da processi simili potrebbero mostrare termini descrittori diversi. Per i crateri, il termine descrittore tende a essere implicito. Quindi se su un catalogo di nomi di strutture marziane si dovesse leggere solo ‘Piscinas’, ci si sta riferendo a un cratere (o appunto crater, in inglese). Dorsum o Dorsa (singolare, plurale), come suggerisce il nome, fa riferimento a dorsali o creste: praticamente qualcosa che sia elevato rispetto a una superficie. Serpens o Serpentes sono termini usati per strutture sinuose che presentano frammenti con rilevo sia positivo che negativo lungo la loro lunghezza.
Entrambi i termini sono stati adottati per le strutture geologiche che sto studiando al momento, gli inverted channels: paleo-sistemi fluviali, quindi non più attivi, che hanno sviluppato un’inversione di rilievo, cioè invece che essere conservati come delle valli (come ci si aspetta per un sistema fluviale che non ospita più acqua), questi sono stati preservati con l’aspetto di rilievi sinuosi, assomigliando appunto a dei grandi serpenti.
Il canale invertito Arago Dorsa prende dorsa come descrizione in quanto, prima di tutto, presenta più di un rilievo sinuoso (e quindi si adotta il plurale) e morfologicamente non presenta una parte di rilievo negativa. Invece Piscinas Serpentes, anche questo composto da più bracci (e quindi plurale), presenta una transizione, passando da rilievo positivo a negativo, da cresta a valle».
Chiunque può proporre un nome per una struttura eso-geologica?
«Potenzialmente potremmo dire di sì, ma in realtà bisogna dimostrare la necessità scientifica di assegnare un nome a una struttura planetaria. Ad esempio, nonostante io porti avanti un progetto di ricerca nell’ambito della planetologia, ho dovuto richiedere una lettera scritta dai miei supervisori per confermare quanto riportavo nell’applicazione, in quanto non ho ancora ottenuto il titolo di PhD. Quindi sono principalmente i ricercatori coinvolti nello studio delle scienze planetarie che propongono i nomi. Alla fine però la decisione finale spetta al Comitato esecutivo Iau. Ogni corpo celeste ha un gruppo di lavoro dedicato, composto da un team internazionale di professori o ricercatori che hanno avuto una notevole carriera nel settore. I vari gruppi di lavoro possono declinare il nome proposto e assegnarne uno diverso alla stessa struttura. Il mio proposal, ad esempio, comprendeva cinque diverse strutture geologiche, ma di queste solo tre sono state nominate come da me suggerito».
Qual è la procedura da seguire per l’assegnazione dei nomi?
«Come ho accennato, le regole potrebbero variare a seconda di dove si trova la struttura. Quindi bisogna leggere attentamente la guida specifica dedicata al corpo celeste su cui si trova l’oggetto da nominare. Poi bisogna assicurarsi che l’oggetto in questione sia abbastanza grande. Solitamente la Iau non accetta proposte per strutture più piccole di 100 metri, a meno che non abbiano una grande rilevanza o impatto a livello scientifico. Come per tutto, ci sono sempre delle eccezioni, ovviamente. Nel caso di strutture su Marte, bisogna vedere se ve ne sono altre in prossimità che hanno un nominativo già approvato dalla Iau. In quel caso, andrebbe applicato lo stesso nome cambiando però il termine descrittore. Arago e Arago Dorsa sono dei buoni esempi.
Diverso è il caso se il tipo di struttura è la stessa. È ovvio che due crateri vicini dovranno avere un nome diverso per evitare confusione. Nel caso in cui non ci siano altre strutture con un nome approvato, allora si può proporre qualcosa di totalmente nuovo, come per Piscinas e Piscinas Serpentes. Una volta scelto il nome (rispettando tutte le convenzioni) è possibile compilare un modulo on-line disponibile sul sito dell’Iau, che verrà poi valutato dal gruppo di lavoro dedicato alla nomenclatura del pianeta su cui si trova la struttura identificata. Solitamente la notifica di accettazione arriva dopo un paio di mesi. Una volta accettato il nome, è possibile usarlo ufficialmente su articoli scientifici o simili. Per avere accesso alla nomenclatura del pianeta studiato basta scaricare il database su cui sono riportati posizione e nomi ufficiali delle strutture del pianeta o del corpo celeste studiato».
Parliamo un po’ di lei. Oltre a essere impegnata nel percorso di dottorato in Scienze planetarie, è leader del gruppo di lavoro sulla comunicazione dell’Europlanet Early Career (Epec). Di cosa si tratta?
«L’Europlanet Early Career Network o Epec è un gruppo di lavoro legato ad Europlanet, che rappresenta un Network più esteso di compagnie, università e istituti di ricerca attivi nel campo delle scienze planetarie principalmente in Europa. Europlanet gestisce diverse attività. Epec, nello specifico, è un gruppo composto da studenti di dottorato e post-dottorandi, nato per supportare tutte le persone coinvolte nell’ambito delle scienze planetarie che si trovano agli inizi delle loro carriere. Per fare questo, i volontari del network creano eventi ed attività finalizzate ad aumentare la visibilità del lavoro svolto dagli studenti o “early careers” e a fornire informazioni utili per la carriera in questo settore. Come scrivere proposal vincenti, paper o banalmente come creare dei poster di effetto e altro.
Il network è suddiviso in nove gruppi che curano un aspetto specifico di queste attività. Il gruppo di lavoro in cui sono coinvolta, Epec Communications, oltre a gestire la presenza di Epec sui social, si occupa di due attività principali. La prima chiamata “Epec Profiles” ha lo scopo di pubblicare ogni mese la biografia e il contributo scientifico di un membro nel nostro network. La seconda è il #PlanetaryScience4all video contest, che oltre a permettere agli studenti di mostrare il loro lavoro tramite video fa vincere l’ingresso gratuito al Europlanet Science Conference, che rappresenta il congresso più grande in Europa nell’ambito della ricerca planetaria».
Leggo che è anche tutor al Brilliant Club…
«Il Brilliant club è un’organizzazione non profit inglese che ha lo scopo di ispirare gli studenti di scuole primarie, secondarie e licei, per intraprendere un futuro percorso accademico. Solitamente i ragazzi che vengono selezionati per il programma hanno dei trascorsi un po’ difficili e tendono a scoraggiarsi, soprattutto per quanto riguarda la scelta università-lavoro. Spesso sono gli stessi genitori a non essere favorevoli a un percorso accademico dopo la scuola. In Italia abbiamo la fortuna di avere un sistema universitario pubblico buono e accessibile a tutti, poiché si contribuisce in base al proprio reddito. In Inghilterra c’è un forte divario tra università pubblica e privata, e i costi della privata non sono abbordabili per tutti.
Il Brilliant club seleziona studenti di dottorato per svolgere dei tutorial interattivi in stile universitario sull’argomento della propria ricerca o esperienza personale. I tutorials tendono a coinvolgere gli studenti in maniera creativa, sperando di motivarli dimostrando che possono farcela. Alla fine del corso viene richiesto agli studenti di scrivere un saggio sull’argomento trattato. Io per esempio ho chiesto agli studenti di proporre una missione alla Nasa, selezionando un target che potesse essere o essere stato idoneo ad ospitare la vita. Lo spazio può essere di grande ispirazione, e spero di aver avuto un impatto positivo sugli studenti che ho seguito».
È riuscita a fare della sua passione per la geologia planetaria un mestiere. Com’è nato l’interesse per questa disciplina?
«Quando mi iscrissi alla facoltà di geologia avevo già in mente di intraprendere un percorso lavorativo che fosse incentrato sulla geologia planetaria. Infatti, iniziai ad appassionarmi allo spazio durante il liceo, studiando astrofisica e scienze della Terra, ma presto l’interesse si spostò sulle missioni umane. Partecipai ad un workshop con ospite l’astronauta italiano Paolo Nespoli. Parlando dei vari profili che avrebbero avuto possibilità di essere selezionati in missioni future, menzionò i geologi, facendo riferimento all’astronauta americano Harrison Schmitt, che partecipò alle missioni Apollo, prima come astronaut trainer e poi come astronauta in prima persona. Da lì iniziai a documentarmi e trovai riferimenti alla geologia planetaria, che era un campo di ricerca in espansione e con molto potenziale. Mi sembrò molto interessante e così mi lanciai, avendo però sempre in mente l’obiettivo di venire coinvolta in missioni spaziali».