L’universo primordiale è probabilmente molto più ricco di quanto sembri. La polvere interstellare potrebbe celare intere popolazioni di galassie finora sconosciute. È di queste settimane la scoperta ad opera di un team di ricerca internazionale, che in Italia vede coinvolte la Scuola Normale Superiore di Pisa e la Sapienza di Roma, di due galassie antichissime, risalenti a circa un miliardo di anni dopo il Big Bang, quando l’universo aveva raggiunto poco meno dell’8 per cento della sua età.
Utilizzando i dati di Alma, un potentissimo radiointerferometro situato a 5000 metri d’altitudine nel deserto di Atacama in Cile, il dottor Yoshinobu Fudamoto, della Waseda University (Giappone), ha notato una forte presenza di polvere e carbonio ionizzato da zone dello spazio che precedentemente si ritenevano vuote. Fudamoto e i colleghi della collaborazione Rebels – che ha l’obiettivo di osservare l’origine dell’universo, quando giovani galassie avevano appena iniziato a formare le stelle e produrre la polvere cosmica, e che in Italia vede la partecipazione di Andrea Ferrara e Andrea Pallottini della Scuola Normale Superiore e di Raffaella Schneider e Luca Graziani della Sapienza Università di Roma, associati all’Istituto nazionale di astrofisica – hanno approfondito le ricerche di questi misteriosi segnali, che provenivano da relativamente vicino – decine di migliaia di anni luce – agli oggetti astronomici che originariamente stavano studiando.
Nel loro articolo pubblicato oggi su Nature la sorprendente rivelazione: le emissioni inspiegabili appartengono a due galassie precedentemente sconosciute, non visibili nelle lunghezze d’onda dell’ultravioletto in quanto completamente oscurate dalla polvere cosmica. Denominate Rebels-12-2 e Rebels-29-2, le due galassie si sono formate più di 13 miliardi di anni fa e presentano caratteristiche simili a quelle di altre della stessa epoca, se si esclude la massiccia oscurazione dovuta alla polvere che esse stesse hanno prodotto, un effetto che tipicamente si osserva solo per oggetti astronomici molto più evoluti. Lo studio rivela come la presenza di questi due oggetti potrebbe essere solo la punta dell’iceberg dell’esistenza di una popolazione di galassie precedentemente sconosciuta agli astronomi.
«La scoperta ci suggerisce che l’attuale censimento della formazione delle prime galassie è molto probabilmente incompleto e richiederà indagini più profonde», spiega Andrea Ferrara. «Le nuove strumentazioni, come il telescopio spaziale James Webb Space Telescope (Jwst) che presto sarà lanciato in orbita e che interagirà fortemente con Alma, ritengo che porteranno a significativi progressi in questo campo nei prossimi anni».
«La scoperta di galassie così oscurate in un’epoca in cui l’universo è ancora relativamente giovane apre degli interessanti interrogativi sui meccanismi di formazione della polvere interstellare», aggiunge Raffaella Schneider. «I modelli teorici e le simulazioni numeriche che stiamo sviluppando ci consentiranno di interpretare questi risultati sorprendenti, preparandoci alle straordinarie osservazioni del Jwst».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “Normal, dust-obscured galaxies in the epoch of reionization”, di Y. Fudamoto, P. A. Oesch, S. Schouws, M. Stefanon, R. Smit, R. J. Bouwens, R. A. A. Bowler, R. Endsley, V. Gonzalez, H. Inami, I. Labbe, D. Stark, M. Aravena, L. Barrufet, E. da Cunha, P. Dayal, A. Ferrara, L. Graziani, J. Hodge, A. Hutter, Y. Li, I. De Looze, T. Nanayakkara, A. Pallottini, D. Riechers, R. Schneider, G. Ucci, P. van der Werf e C. White