I buchi neri a basso accrescimento potrebbero essere fucine di raggi gamma ad alta energia (cioè quelli compresi nell’intervallo di megaelettronvolt e gigaelettronvolt) e di neutrini come quelli rilevati dall’IceCube Neutrino Observatory. Questa la tesi di uno studio pubblicato la settimana scorsa su Nature Communications da un gruppo di ricerca internazionale guidato da Shigeo Kimura della Tohoku University, in Giappone. Gli scienziati hanno cercato di riavvolgere il nastro di queste particelle cosmiche ad alta energia, provando a capire quale sia la loro origine.
I raggi gamma sono fotoni molto più energetici di quelli della luce visibile, mentre i neutrini sono particelle elementari la cui massa è prossima allo zero. L’universo è ricco di particelle ad alta energia: i neutrini – che raramente interagiscono con la materia ordinaria, tanto che possono attraversare la Terra come fosse del tutto trasparente – vengono prodotti da reazioni nucleari al centro delle stelle, o da urti fra protoni di alta energia, come avviene nelle pulsar.
È opinione diffusa che i buchi neri supermassicci attivi (quelli nel cuore dei cosiddetti Agn, dall’inglese active galactic nuclei), in particolare quelli con potenti getti di gas ionizzato, siano gli emettitori più fecondi di raggi gamma e neutrini ad alta energia. Nel plasma, i protoni possono essere accelerati a energie circa diecimila volte superiori a quelle raggiunte dal Large Hadron Collider, il più grande acceleratore di particelle, situato al Cern di Ginevra. Come dimostrato da ricerche precedenti, nei buchi neri attivi i protoni accelerati producono neutrini ad alta energia attraverso le interazioni con la materia e la radiazione. Una grande frazione dei neutrini rilevati dall’IceCube Neutrino Observatory può essere spiegata in questo modo. Tuttavia, recenti studi hanno rivelato che sono necessarie altre sorgenti per spiegare la presenza dei raggi gamma e dei neutrini osservati.
Il nuovo modello mostra che non solo i buchi neri supermassicci attivi, ma anche quelli a basso accrescimento – gli scienziati li hanno chiamati mellow, cioè “miti”, “bonari” – sono rilevanti per la produzione di raggi gamma e neutrini, seppure attraverso meccanismi differenti. Si ritiene che tutte le galassie ospitino nella regione centrale un buco nero supermassiccio e, quando quest’ultimo accresce materia, viene rilasciata un’enorme quantità di energia gravitazionale, che riscalda il gas al punto da farlo ionizzare, trasformandolo in plasma ad alte temperature.
«Nel nostro scenario, la temperatura degli elettroni nel plasma degli Agn è diversa da quella dei buchi neri a basso accrescimento», spiega Kimura a Media Inaf. «La temperatura degli elettroni del plasma nei nuclei galattici attivi è di circa un miliardo di gradi Celsius, mentre i buchi neri a basso accrescimento hanno plasma con una temperatura di dieci volte superiore. Questa differenza di temperatura si traduce in una diversa emissione di raggi gamma: i buchi neri a basso accrescimento emettono raggi gamma in modo più efficiente dei nuclei galattici attivi». Non solo: i buchi neri cosiddetti mellow sono deboli come oggetti singoli ma, essendo numerosi nell’universo, potrebbero contribuire in modo significativo alla produzione di raggi gamma nell’intervallo dei megaelettronvolt.
«Il raffreddamento del plasma caldo attorno ai buchi neri è determinato dalle interazioni tra elettroni e fotoni. Se la densità dei fotoni è elevata, il raffreddamento del plasma è più efficiente», precisa Kimura. «Nei buchi neri a basso accrescimento, il plasma che si forma è così tenue che non è in grado di creare abbastanza fotoni. D’altra parte, il nucleo galattico attivo ha un disco di accrescimento che è una grande sorgente di fotoni. Pertanto, il plasma si raffredda molto più efficacemente negli Agn».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Communications l’articolo “Soft gamma rays from low accreting supermassive black holes and connection to energetic neutrinos”, di Shigeo S. Kimura, Kohta Murase e Péter Mészáros