Il 16 dicembre scorso, a 44 anni di distanza dall’ultima missione ad averlo fatto – Luna 24 dell’ex Unione Sovietica – la missione Chang’e-5 dell’agenzia spaziale cinese (Cnsa) ha consegnato alla Terra un pezzo di Luna: circa 2 chilogrammi di roccia prelevati dall’unità geologica denominata Em4/P58, un sito a circa 170 chilometri da Mons Rümker, nell’Oceano delle Tempeste. Ebbene, di questo campione sono ora arrivati i risultati delle prime analisi. A condurle è stato un team internazionale di ricercatori guidati dall’Accademia cinese di scienze geologiche.
Xiaochao Che, ricercatore presso l’Istituto di geologia dell’Accademia, e colleghi hanno concentrato i loro sforzi di ricerca su due frammenti basaltici del campione lunare (Ce-5-b1 e Ce-5-b2) con l’obiettivo primario di determinare l’età di queste rocce e quindi dell’unità geologica da cui i frammenti derivano.
Il risultato? Sulla base della datazione degli isotopi del piombo, i ricercatori fanno risalire la loro formazione a circa due miliardi di anni fa. Si tratta, dunque, di rocce relativamente giovani. «Le più giovani rocce lunari basaltiche raccolte dalle missioni Apollo e da altre missioni lunari, o recuperate dai meteoriti lunari, erano più vecchie di circa tre miliardi di anni», sottolinea Alexander Nemchin, professore alla School of Earth and Planetary Sciences della Curtin University e co-autore della pubblicazione che descrive i risultati dello studio. «Dopo aver analizzato la chimica delle nuove rocce lunari raccolte nell’ambito della recente missione lunare cinese, abbiamo determinato che i nuovi campioni hanno circa due miliardi di anni, il che le rende le rocce vulcaniche più giovani identificate finora sulla Luna».
Mons Rümker – struttura geologica che prende il nome dall’astronomo tedesco Carl Ludwig Christian Rümker – è una regione costituita da rocce ignee prodotte da un’antica eruzione vulcanica. Aver determinato per queste rocce un’età di circa 2 miliardi di anni, spiegano i ricercatori, vuol dire che esse si sono formate da magma eruttato a quell’epoca, il che significa che la Luna – formatasi 4.5 miliardi di anni – è stata vulcanicamente attiva fino a molto tempo dopo del previsto. Una simile età implica che quasi 2000 chilometri cubi di magma è stato eruttato vicino al sito di atterraggio della sonda quasi un miliardo di anni dopo rispetto all’epoca eruttiva determinata con la datazione dei campioni recuperati dalle precedenti missioni e dai meteoriti lunari.
Altri risultati interessanti dello studio, pubblicato ieri sulla rivista Science, riguardano la composizione chimica dei campioni restituiti, che i ricercatori hanno determinato per capire a cosa sia dovuta questa attività vulcanica relativamente recente. Esiste infatti una forte correlazione spaziale tra la presenza di giovani rocce ignee nei siti delle antiche eruzioni e la concentrazione di elementi radioattivi come il torio e l’uranio. L’ipotesi avanzata dai ricercatori è che a causare il protrarsi del vulcanesimo lunare sia stato il calore rilasciato dal decadimento radioattivo di queste specie chimiche all’interno del mantello lunare. Tuttavia, le misurazioni dell’abbondanza di questi elementi non hanno rivelato concentrazioni tali da suffragare il meccanismo proposto, suggerendo che a essere responsabili della duratura attività vulcanica lunare siano stati altri meccanismi, come ad esempio il riscaldamento mareale o una mineralogia diversa che ha mantenuto una temperatura di fusione del mantello più bassa.
«Questi risultati confermano ciò che gli esperti avevano previsto da tempo sulla base di immagini della Luna ottenute a distanza, e sollevano ulteriori domande sul perché esistano questi giovani basalti», osserva Gretchen Benedix, professoressa alla Curtin University e co-autrice della pubblicazione. «Il team si occuperà ora di trovare un meccanismo che possa spiegare come questo riscaldamento relativamente recente della Luna possa aver sostenuto la formazione di magmi basaltici con temperature superiori a 1000 gradi Celsius. Questo in definitiva aiuterà i ricercatori a migliorare la datazione dell’età dell’intero Sistema solare» conclude la scienziata.
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “Age and composition of young basalts on the Moon, measured from samples returned by Chang’e-5” di Xiaochao Che, Alexander Nemchin, Dunyi Liu Https, Tao Long, Chen Wang, Marc D. Norman, Katherine H. Joy, Romain Tartese, James Head, Bradley Jolliff, Joshua F. Snape, Clive R. Neal, Martin J. Whitehouse, Carolyn Crow, Gretchen Benedix, Fred Jourdan, Zhiqing Yang, Chun Yang, Jianhui Liu, Shiwen Xie, Zemin Bao, Runlong Fan, Dapeng Li, Zengsheng Li e Stuart G. Webb