Gli asteroidi sono ciò che resta del processo di accrezione che ha portato alla formazione dei pianeti e all’origine del Sistema solare, più di quattro miliardi e mezzo di anni fa. Granelli di polvere di stelle antiche, morte prima che il Sole si formasse, e che vagavano nel mezzo interstellare si sono depositati su quei corpi rocciosi. Ecco perché alcuni meteoriti, frammenti di asteroidi che impattano sul suolo terrestre, portano con sé la traccia di quel passato cosmico.
Un team internazionale di astrofisici, del quale fa parte anche Sergio Cristallo dell’Osservatorio astronomico Inaf d’Abruzzo, ha analizzato una serie di grani presolari provenienti dal meteorite di Murchison, caduto nella cittadina australiana nel 1969, per determinare le proprietà della stella da cui provengono. Lo studio, uscito ieri su The Astrophysical Journal Letters, è guidato da Nan Liu, assistente di ricerca al dipartimento di fisica della Washington University di St. Louis.
Liu e colleghi hanno usato uno spettrometro di massa all’avanguardia chiamato NanoSimS per misurare la componente isotopica di alcuni atomi, in particolare l’azoto, nei grani di carburo di silicio campionati. Grazie a nuovi protocolli analitici e a una sorgente di ioni plasma di ultima generazione, è stato possibile ottenere una risoluzione spaziale dei campioni mai raggiunta prima.
«Questi piccoli granelli di polvere stellare, presenti nei dintorni del Sistema solare ancor prima della sua nascita, forniscono preziosissime informazioni sulle stelle giganti in cui si sono formati», dice Cristallo a Media Inaf. «Infatti, l’estrema precisione con cui vengono misurati i rapporti isotopici al loro interno (5-10 per cento di incertezza) ci ha permesso una dettagliata calibrazione dei modelli evolutivi stellari e di nucleosintesi».
Gli scienziati hanno scoperto che i rapporti isotopici dell’azoto aumentavano dopo che la polvere era stata sottoposta per un lungo periodo di tempo a sputtering, un procedimento grazie al quale, attraverso un bombardamento di ioni, viene pulita la superficie dei grani, consentendo una più attendibile analisi dell’interno. I nuovi dati sugli isotopi dell’azoto e del carbonio ci rivelano che i grani presolari esaminati, appartenenti a stelle ricche di carbonio (giganti rosse caratterizzate da bassa temperatura superficiale), sono ora in accordo con le osservazioni spettroscopiche disponibili in letteratura.
«I nuovi dati isotopici ottenuti in questo studio sono entusiasmanti per i fisici stellari e gli astrofisici nucleari come me», aggiunge Maurizio Busso, coautore dello studio e docente di astronomia e astrofisica all’Università di Perugia. «I nuovi dati spiegano la differenza tra quanto originariamente presente nei grani presolari di polvere di stelle e ciò che si è aggiunto in seguito, risolvendo così un enigma di vecchia data».
È stata poi esaminato l’isotopo radioattivo 26 dell’alluminio (26Al), una specie chimica abbondante nel Sistema solare e fonte di calore durante l’evoluzione dei giovani corpi planetari. Il team ha determinato quanto 26Al presente fosse stato prodotto dalle stelle madri, ed è arrivato alla conclusione che le previsioni dei modelli stellari per questo elemento sono più alte di almeno un fattore due.
Secondo queste indagini, i processi di combustione dell’idrogeno si sono verificati nelle stelle di carbonio a temperature più alte di quelle previste e di conseguenza i grani esaminati potrebbero provenire da stelle giganti poco conosciute, con composizioni chimiche peculiari. «Più impariamo sulle fonti della polvere, più possiamo acquisire conoscenze sulla storia dell’universo e sull’evoluzione dei vari oggetti stellari che contiene», conclude Liu.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “New Multielement Isotopic Compositions of Presolar SiC Grains: Implications for Their Stellar Origins”, di Nan Liu, Jens Barosch, Larry R. Nittler, Conel M. O D. Alexander, Jianhua Wang, Sergio Cristallo, Maurizio Busso e Sara Palmerini