A inizio ottobre, la notte fra l’uno e il due, la sonda europea BepiColombo ha compiuto il suo primo sorvolo di Mercurio, arrivando fino a 199 km di distanza dalla superficie del pianeta. Sorvolo durante il quale gli strumenti di bordo hanno raccolto una grande quantità di dati scientifici sull’ambiente attraversato dalla sonda. Oggi l’Esa ne offre un’anteprima “multisensoriale”: immagini e suoni. I dati magnetici e quelli collezionati dall’accelerometro, in particolare, sono stati convertiti in file audio, consentendo così di ascoltare “suoni” come quello del vento solare mentre bombarda il mondo più vicino al Sole, quello della sonda che si deforma leggermente in risposta all’enorme variazione di temperatura nel passaggio dal lato notturno a quello diurno del pianeta, e persino il rumore meccanico prodotto da uno strumento scientifico ruotando verso la sua posizione di “parcheggio” (qui al secondo 0:22).
«Sarà anche stato un sorvolo fugace», dice il project scientist Esa della missione, Johannes Benkhoff, «ma per alcuni degli strumenti di BepiColombo ha segnato l’inizio della raccolta dei dati scientifici e l’opportunità di cominciare davvero a prepararsi per la missione principale. Questi passaggi ravvicinati offrono anche la possibilità di campionare regioni intorno a Mercurio che non saranno accessibili una volta in orbita attorno al pianeta. In questo caso BepiColombo ha fornito informazioni sulle particelle presenti nell’ambiente a esso vicino, nonché – mentre attraversava la magnetosfera a distanze maggiori – sui confini del campo magnetico».
Fra gli strumenti che più si sono dati da fare durante il flyby c’è Isa, l’Italian Spring Accelerometer, che come dice il nome è tutto made in Italy. Ospitato a bordo del modulo Mpo (il Mercury Planetary Orbiter), Isa ha registrato le accelerazioni misurate dal veicolo spaziale mentre sperimentava l’estrema attrazione gravitazionale del pianeta durante il sorvolo e la risposta al gradiente termico durante l’ingresso e l’uscita dall’ombra del pianeta. Ed è sempre Isa ad aver rilevato il movimento dello spettrometro ultravioletto Phebus mentre tornava in posizione di “parcheggio” al termine delle operazioni. Nel frattempo, qui sulla Terra, gli scienziati stavano con gli occhi incollati agli schermi per sincerarsi che tutto andasse bene. Fra loro l’astrofisico Carmelo Magnafico dell’Inaf Iaps di Roma, membro del team scientifico di Isa.
«La notte del flyby è stata abbastanza lunga. La caratteristica della traiettoria, così bassa sulla superficie, e il fatto di attraversare 13 minuti di ombra, rappresentava una occasione importante per testare il nostro accelerometro, oltre a essere la prima volta che ci trovavamo ad operare così vicino a Mercurio», spiega Magnafico a Media Inaf. «Tuttavia, i giorni prima ci eravamo accorti, che le temperature a bordo continuavano a crescere, perché l’influenza di Mercurio attirava già la sonda ad avvicinarsi più velocemente al Sole e perché le attività di bordo aumentavano, dissipando calore. Dalle nostre stime sapevamo di avere pochi gradi prima di perdere la termalizzazione dell’unità e compromettere una misura su cui avevamo grandi aspettative, quindi abbiamo guardato i dati di telemetria fino a notte fonda per essere sicuri che tutto fosse sotto controllo, per poi attendere qualche altra ora che i dati scientifici venissero scaricati a terra e resi disponibili».
«Quando, ormai mattina, abbiamo ricostruito la sequenza accelerometrica osservando che i dati ricevuti erano perfettamente in linea con le simulazioni fatte nei mesi precedenti, l’emozione è stata fortissima», ricorda lo scienziato. «Sui nostri schermi era chiara la segnatura dell’effetto di marea che Mercurio ha indotto sulle strutture di BepiColombo e la discontinuità dovuta alla mancanza di pressione di radiazione solare nella zona della traiettoria all’interno del cono d’ombra di Mercurio. La comparazione tra segnale atteso e segnale misurato sarà fondamentale per la calibrazione fine del nostro accelerometro, mentre la vera scienza risiede proprio nella differenza tra questi segnali, negli effetti accelerometrici non attesi, che Isa si prepara a misurare sempre meglio».
Grande trepidazione si è registrata anche fra i membri del team di un altro strumento realizzato con un forte contributo italiano, Serena, una suite di quattro rivelatori di particelle. «Siamo molto emozionati, perché finalmente abbiamo cominciato a osservare il pianeta per cui la missione – e la nostra suite di strumenti Serena – è stata ideata e costruita», dice Valeria Mangano dell’Inaf Iaps di Roma. «In questo primo flyby ci siamo avvicinati fino a 200 km di distanza dalla superficie del pianeta e abbiamo attraversato zone della magnetosfera di Mercurio che neanche Messenger ha mai potuto analizzare durante tutta la sua missione. Mipa e Picam, i due sensori di ioni di Serena, hanno operato per tutto il flyby, entrando dalla coda magnetica nella zona dusk – equatoriale sud – per poi uscire dalla magnetosfera verso il Sole. Durante le 24 ore di operazioni abbiamo osservato cose molto diverse e interessanti. Alcune erano già attese e conosciute, altre invece no. Ora siamo al lavoro per comprendere bene cosa abbiamo visto e i fenomeni che stanno alla base di ciò. Il confronto con altri strumenti a bordo, primo fra tutti il magnetometro, sarà fondamentale per aiutarci a dare una giusta interpretazione dei dati».
La manovra di fionda gravitazionale compiuta questo ottobre è stata la prima attorno a Mercurio e la quarta di nove passaggi ravvicinati complessivi. Durante la sua crociera di sette anni verso il pianeta più piccolo e più interno del Sistema solare, BepiColombo effettua un sorvolo sulla Terra, due su Venere e sei su Mercurio – tutti attentamente calibrati.
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