Un gruppo di ricerca internazionale che coinvolge studiosi dell’Università di Bologna e dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) ha osservato per la prima volta con incredibile dettaglio e su scale temporali di centinaia di milioni di anni l’evoluzione di bolle di gas caldo create dai getti di un buco nero attivo: una serie di strutture che ricordano i getti di fumo prodotti da un’eruzione vulcanica.
Pubblicato su Nature Astronomy, lo studio si è concentrato sul sistema Nest200047: un gruppo di una ventina di galassie distante circa 200 milioni di anni luce. La galassia centrale del sistema ospita al suo interno un buco nero attivo attorno a cui sono state osservate contemporaneamente varie coppie di bolle di gas di diverse età e misteriosi filamenti di campi magnetici e particelle relativistiche con dimensioni fino a centinaia di migliaia di anni luce.
La scoperta è stata possibile grazie ad osservazioni realizzate con LoFar (Low Frequency Array), il radiotelescopio a bassa frequenza più esteso al mondo, che è capace di catturare la radiazione prodotta dagli elettroni più antichi che posiamo captare. Questo potente strumento di ultima generazione – frutto di una grande collaborazione tra nove paesi europei – ha permesso agli studiosi di “andare indietro nel tempo” fino a più di 100 milioni di anni fa e ricostruire l’attività del buco nero al centro di Nest200047.
«Le nostre osservazioni mostrano come queste bolle di gas accelerate dal buco nero si espandono e si trasformano nel tempo, creando spettacolari strutture a forma di fungo, anelli e filamenti, simili a quelle create da una potente eruzione vulcanica sulla terra», dice Marisa Brienza, ricercatrice del Dipartimento di fisica e astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna e associata Inaf, prima autrice dello studio.
Bolle di particelle
Al centro di tutte le galassie dell’universo c’è un buco nero supermassivo (con una massa pari a diversi milioni di masse solari), la cui attività ha un impatto fondamentale sull’evoluzione della galassia che lo ospita e l’ambiente intergalattico in cui essa si trova. Da diversi anni gli studiosi cercano di capire in che modo e con quali tempistiche l’azione di questi buchi neri faccia sentire i suoi effetti.
Durante le fasi di attività, il buco nero divora il materiale circostante e in questo processo rilascia una grande quantità di energia, a volte anche in forma di getti di particelle che si muovono alla velocità della luce ed emettono onde radio. Questi getti generano delle bolle di particelle e campi magnetici che espandendosi sono in grado di riscaldare e spostare il mezzo intergalattico che li circonda, influenzando enormemente la sua evoluzione e quindi il ritmo con cui si formano le stelle.
I risultati ottenuti da questo nuovo studio mostrano ora che l’attività del buco nero ha un forte impatto anche su scale cento volte più grandi della galassia ospite e che può durare fino a centinaia di milioni di anni.
«Grazie alle osservazioni effettuate con LoFar, siamo riusciti ad ottenere uno sguardo unico sull’attività dei buchi neri e sull’effetto che hanno nell’ambiente circostante», spiega Annalisa Bonafede, professoressa dell’Università di Bologna e associata Inaf, tra gli autori dello studio. «Il caso del sistema Nest200047 mostra come il ruolo dei campi magnetici e delle particelle accelerate dal buco nero e poi invecchiate sia centrale nel trasferire energia fino alle regioni più esterne dei gruppi di galassie».
Per questo studio, i ricercatori hanno anche sfruttato osservazioni in banda X ottenute utilizzando il nuovo telescopio eRosita a bordo dell’osservatorio spaziale Srg. I dati in banda X hanno permesso ai ricercatori di studiare le caratteristiche del mezzo intergalattico che circonda le bolle di gas.
Filamenti di gas
Un’ulteriore sorpresa emersa da queste osservazioni è stata la scoperta di sottili filamenti di gas che si muove a velocità prossime a quella della luce e campi magnetici che si estendono fino ad un milione di anni luce.
I ricercatori ritengono che questi filamenti siano ciò che rimane delle prime bolle prodotte centinaia di milioni di anni fa dal buco nero al centro di Nest200047 e che si stanno ora frantumando mescolandosi al mezzo intergalattico. Lo studio di queste strutture in futuro svelerà nuovi importanti dettagli sulle proprietà fisiche della materia intergalattica e sul meccanismo fisico che regola il trasferimento di energia dalle bolle all’ambiente esterno.
«In futuro sarà possibile andare a studiare gli effetti dei buchi neri nelle galassie e nel mezzo intergalattico con ancora maggior dettaglio, svelando la natura dei filamenti che abbiamo scoperto, grazie alla risoluzione angolare raggiungibile da LoFar combinando i dati delle antenne LoFar internazionali», aggiunge Gianfranco Brunetti, astrofisico dell’Inaf di Bologna, coordinatore italiano della collaborazione LoFar e coautore dello studio.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “A snapshot of the oldest active galactic nuclei feedback phases”, di M. Brienza , T. W. Shimwell , F. de Gasperin, I. Bikmaev, A. Bonafede , A. Botteon , M. Brüggen, G. Brunetti, R. Burenin, A. Capetti , E. Churazov , M. J. Hardcastle , I. Khabibullin, N. Lyskova , H. J. A. Röttgering , R. Sunyaev, R. J. van Weeren , F. Gastaldello , S. Mandal, S. J. D. Purser, A. Simionescu e C. Tasse
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