Le nuove scoperte della missione Juno della Nasa forniscono una visione più accurata dell’atmosfera di Giove, il pianeta più grande e massiccio del Sistema solare. È ora più chiaro il funzionamento interno non solo delle bande che avvolgono il pianeta – che prendono il nome di cinture e zone – ma anche dei cicloni polari e della Grande Macchia Rossa che caratterizzano il pianeta. Diversi articoli su queste scoperte sono stati pubblicati oggi sulla rivista Science, il Journal of Geophysical Research: Planets, insieme a due recenti pubblicazioni sulla rivista Geophysical Research Letters. Lanciato nel 2011, Juno è entrato nell’orbita di Giove nel 2016. Durante ogni passaggio scientifico del pianeta (37 fino ad oggi), una serie di strumenti a bordo della sonda scruta sotto il turbolento strato di nuvole del pianeta più grande del Sistema solare.
«Finora, Juno ci ha sorpreso nel mostrarci che i fenomeni nell’atmosfera di Giove si sviluppano a profondità ben maggiori di quanto pensassimo», commenta Scott Bolton, del Southwest Research Institute negli Stati Uniti, principal investigator di Juno e autore di uno degli articoli. «Ora, stiamo iniziando a mettere insieme tutti questi singoli pezzi e ottenere la nostra prima vera comprensione di come funziona l’affascinante e violenta atmosfera di Giove, in 3D».
Juno, grazie allo strumento italiano Jovian Infrared Auroral Mapper (Jiram), realizzato in Italia dalla Leonardo sotto la guida dell’Agenzia spaziale italiana e la responsabilità scientifica dell’Istituto nazionale di astrofisica, aveva già scoperto disposizioni poligonali di gigantesche tempeste cicloniche su entrambi i poli di Giove: una struttura di otto cicloni a nord e una di cinque a sud. Ora, cinque anni dopo, grazie alle nuove osservazioni di Jiram, gli scienziati della missione hanno scoperto che questi cicloni atmosferici sono estremamente persistenti, anche nella loro capacità di mantenere la loro peculiare forma poligonale.
«Come gli uragani sulla Terra, questi cicloni vogliono spostarsi verso il polo ma vengono respinti dal ciclone situato al centro del polo. Questo equilibrio vale sia per il polo nord che per il polo sud di Giove e fornisce una spiegazione di dove risiedono i cicloni e del diverso numero in corrispondenza di ciascun polo», dice Alessandro Mura dell’Istituto nazionale di astrofisica a Roma, co-investigator di Juno. «Le osservazioni di Juno/Jiram mostrano che i cicloni di Giove si perturbano a vicenda, proprio come se ci fossero forze elastiche in mezzo. Di conseguenza, oscillano lentamente intorno a una posizione di equilibrio, una proprietà che ci fa ritenere che questi cicloni si sviluppino molto più in profondità di quanto osserviamo».
Il radiometro a microonde di Juno (Micro Wave Radiometer, Mwr) sta permettendo per la prima volta agli scienziati della missione di scrutare sotto le cime delle nuvole e di sondare la struttura dei suoi numerosi vortici. Il più famoso di questi è l’iconico anticiclone che prende il nome di Grande Macchia Rossa. Più esteso delle dimensioni dell’intera Terra, questo vortice dal color rosso acceso ha incuriosito gli scienziati fin dalla sua scoperta, quasi due secoli fa.
I nuovi risultati di Juno mostrano che i cicloni sono più caldi e con una densità atmosferica più bassa negli strati superiori e sono più freddi, con una densità più alta negli strati inferiori. I risultati indicano anche che l’estensione verticale di queste tempeste è molto più grande del previsto, alcune si estendono per 100 chilometri sotto le cime delle nuvole e altre, compresa la Grande Macchia Rossa, si estendono per oltre 350 chilometri. Questa inattesa scoperta dimostra che i vortici si estendono oltre la regione dove l’acqua si condensa e le nuvole si formano, sotto lo strato limite fin dove la luce del sole riesce a penetrare, riscaldando l’atmosfera.
L’altezza e la dimensione della Grande Macchia Rossa indica che la sua massa potrebbe, in linea di principio, essere rilevabile nel campo gravitazionale di Giove. Due flyby ravvicinati di Juno sopra la macchia più famosa di Giove hanno fornito l’opportunità di cercare la firma gravitazionale della tempesta e di corroborare i risultati dello strumento Mwr.
«La precisione richiesta per studiare la Grande Macchia Rossa durante il flyby di luglio 2019 è sbalorditiva», dice Marzia Parisi, del team scientifico di Juno presso il Jet Propulsion Laboratory della Nasa. «Con Juno che viaggiava a bassa quota sopra le nuvole di Giove a circa 209mila chilometri all’ora, siamo stati in grado di misurare variazioni di velocità di soli 0,01 millimetri al secondo, utilizzando un’antenna di tracciamento del Deep Space Network di Goldstone, California, da una distanza di oltre 650 milioni di chilometri. Questo ci ha permesso di capire che la profondità della Grande Macchia Rossa è almeno 500 chilometri sotto le propaggini più alte delle nuvole».
Le scoperte di Juno sui cicloni polari, la circolazione atmosferica e l’iconica Grande Macchia Rossa stanno influenzando la nostra comprensione dei pianeti giganti in tutto il Sistema solare e oltre. «Questi risultati sono cruciali per la nostra comprensione dei pianeti giganti come Giove», conclude Mura. «Queste recenti scoperte dimostrano ancora una volta l’altissima qualità scientifica dei dati ottenuti dalla sonda Juno», ribadisce Giuseppe Sindoni, responsabile del progetto Jiram per l’Agenzia spaziale italiana. «Per la prima volta nella storia stiamo scrutando gli strati più profondi dell’atmosfera di Giove. L’analisi dei nuovi dati acquisiti durante l’estensione della missione ci aiuterà a svelare i ‘profondi’ segreti di questi misteriosi cicloni».
Per saperne di più:
- Leggi su Media Inaf l’intervista a Marzia Parisi “Com’è profonda la Grande Macchia Rossa”
- Sul sito dell’Asi le informazioni sul contributo italiano a Juno