La chiamano spazzatura spaziale, ma somiglia più che altro a una scarica di proiettili. 27mila detriti, grandi come palle da tennis che viaggiano fino a 28mila chilometri all’ora: tanti ce ne sarebbero sopra le nostre teste, secondo la Nasa. E questa (di)scarica rischia di causare seri danni a satelliti o veicoli spaziali ancora funzionanti.
Come sulla Terra, il problema della spazzatura diventa via via sempre più oneroso man mano che aumenta la popolazione (di oggetti orbitanti, nel caso dello spazio). Il problema, in questo caso, è capire come manipolarla adeguatamente ed – eventualmente – come recuperarla ove sia possibile riparare i danni. Uno studio uscito su Nature ha scoperto un nuovo metodo per deviare i detriti orbitanti senza toccarli mediante l’utilizzo di magneti rotanti.
Parola d’ordine: deviare ma non toccare. Il vantaggio della manipolazione magnetica è appunto la possibilità di eseguirla senza contatto, evitando collisioni pericolose e distruttive fra oggetto manipolatore e target. Il concetto è ben collaudato e raggiunge anche sei gradi di libertà di movimento nel caso di materiale ferromagnetico. Nel caso dei detriti spaziali, però, il metallo di cui sono composti è elettricamente conduttivo ma non contiene una quantità apprezzabile di materiale ferromagnetico.
Quando i detriti metallici sono sottoposti a un campo magnetico variabile nel tempo però, gli elettroni circolano all’interno in cicli circolari, generando correnti parassite che interagiscono con il campo magnetico stesso. Nel nuovo studio, gli scienziati hanno dimostrato che questa caratteristica fisica consente la manipolazione, con sei gradi di libertà, di oggetti conduttivi mediante magnetici rotanti: il processo trasforma il detrito in un vero e proprio elettromagnete, il cui moto può essere quindi controllato a distanza.
A dirla tutta, nemmeno l’idea di utilizzare le correnti magnetiche indotte per spostare gli oggetti nello spazio è nuova, ma finora si limitava a un solo grado di libertà, come ad esempio una spinta orizzontale. Utilizzando più fonti di campo magnetico in modo coordinato, invece, i ricercatori hanno capito come spostare oggetti in sei gradi di movimento, compresa la rotazione.
«Quello che volevamo fare era manipolare la cosa, non solo spingerla, proprio come si fa sulla Terra» dice Jake J. Abbott, professore di ingegneria meccanica dell’Università dello Utah e a capo del team che ha ideato questo nuovo metodo. «Questa forma di manipolazione abile non è mai stata fatta prima».
Con questa nuova tecnica, sarebbe possibile, ad esempio, fermare un satellite danneggiato in rotazione incontrollata per ripararlo, una manovra che – in condizioni normali – sarebbe altamente rischiosa. «Bisogna prendere questo oggetto pazzo che galleggia nello spazio, e portarlo in una posizione in cui può essere riparato da un braccio robotico», spiega Abbott. «Ma se sta girando fuori controllo, si potrebbe rompere il braccio del robot, creando ancora più detriti».
Questo metodo permette inoltre di manipolare oggetti particolarmente fragili. Mentre un braccio robotico potrebbe danneggiare un oggetto applicando una forza eccessiva, questi magneti applicherebbero una forza più dolce all’intero oggetto in modo che nessuna sezione risulti danneggiata.
Per testare la nuova tecnica, il team ha utilizzato una serie di magneti per spostare una sfera di rame su una zattera di plastica in un serbatoio d’acqua (il modo migliore per simulare oggetti lenti in microgravità). I magneti non solo hanno spostato la sfera facendole percorrere un quadrato, ma sono anche riusciti a ruotarla.
«La Nasa sta tracciando migliaia di detriti spaziali nello stesso modo in cui i controllori del traffico aereo tracciano gli aerei. Bisogna sapere con precisione dove si trovano per evitare di schiantarsi accidentalmente contro di essi», dice Abbott. «Il governo degli Stati Uniti e i governi del mondo sanno di questo problema perché c’è sempre più roba che si accumula ogni giorno che passa».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “Dexterous magnetic manipulation of conductive non-magnetic objects” di Lan N. Pham, Griffin F. Tabor, Ashkan Pourkand, Jacob L. B. Aman, Tucker Hermans & Jake J. Abbott
Guarda il video su YouTube dell’Università dello Utah: