Su Marte, Perseverance non ci è di certo arrivato in punta dei piedi. Il 18 febbraio scorso, il rover della Nasa è entrato nell’atmosfera marziana a velocità enormi – circa 15 mila km/h – accompagnato da un boom sonico causato dalla rapida decelerazione. Il suo scudo termico si è scaldato a più di 1.300 gradi centigradi durante la discesa. Per regolare il rapporto tra portanza e resistenza del veicolo spaziale durante la fase di ingresso, discesa e atterraggio (in inglese Entry, descent and landing, Edl) Perseverance ha scagliato via da sé due grandi blocchi di tungsteno dal peso di 77.5 chili ciascuno (le cruise balance mass devices o masse di equilibrio), anch’essi precipitati sul suolo marziano a velocità ipersonica, arrivando al suolo a circa 14400 km/h.
Questo gran trambusto, comunque, per gli scienziati è stata un’opportunità. Non solo perché l’atterraggio del rover è stato un successo, ma perché la caduta delle due masse d’equilibrio costituiva un’occasione senza precedenti di “ascoltare” l’impatto utilizzando i sensori sismici della navicella Interior Exploration using Seismic Investigations, Geodesy and Heat Transport (InSight), che bazzica su Marte già dal 2018 per misurare l’attività sismica e l’impatto dei meteoriti. In quel momento, InSight si trovava circa 3450 km più a Est. È stata la prima volta che un veicolo spaziale sulla superficie di un altro pianeta ha tentato di rilevare l’arrivo di un suo simile. Purtroppo, però, si legge nell’articolo di Nature Astronomy che descrive l’esperimento, non si è sentito nulla.
L’attività sismica indagata da InSight – i cosiddetti marshakes, in inglese, martemoti in italiano – è fondamentale per comprendere meglio la struttura interna di Marte. Anche se di martemoti ne sono stati rilevati a centinaia dall’inizio delle sue attività scientifiche, nessuno di questi ha riguardato un impatto come quello generato da un meteorite che colpisce la superficie. Questo tipo di eventi è di particolare interesse perché può essere utilizzato per “calibrare” le misure sismiche, dato che il momento dell’impatto e la posizione dello stesso possono essere calcolati con precisione dalle immagini scattate dai satelliti orbitanti.
Nel caso di Perseverance, mentre il segnale dell’atterraggio da parte delle masse d’equilibrio non è stato rilevato – anzi, proprio perché non è stato rilevato – gli scienziati hanno potuto porre i primi vincoli su una proprietà geologica chiave di Marte conosciuta come “efficienza sismica”. Si tratta della quantità di energia prodotta dagli impatti al suolo e convertita in onde sismiche. Le due variabili che determinano se questo segnale è identificabile o meno nei dati InSight sono il rumore sismico durante la finestra di arrivo (vincolato dopo l’atterraggio dalle registrazioni del sismometro), e l’ampiezza dell’onda P indotta dall’impatto. Il primo era particolarmente basso durante nel momento dell’ammartaggio, poiché avvenuto durante le ore del giorno nel luogo in cui si trovava InSight, quando il rumore atmosferico è più basso. Il secondo è stato previsto utilizzando le curve di scala distanza-ampiezza, che però portano con sé diverse incertezze poiché calibrate su dati provenienti dalla Terra e dalla Luna. Le misurazioni effettuate durante la finestra di atterraggio, dunque, hanno rivelato un’efficienza sismica inferiore al 3 per cento, un valore significativo per comprendere le dinamiche dei processi di impatto sia sulla Terra che su Marte, nonché la struttura geologica del Pianeta rosso.
«Questo esperimento ha segnato la prima volta che qualcosa di simile è stato provato su Marte: essere in grado di accertare un limite superiore di efficienza sismica del 3 per cento ci dà preziose informazioni aggiuntive sulla fisica degli impatti di meteoriti e asteroidi», dice Benjamin Fernando, studente del dipartimento di Scienze della Terra dell’università di Oxford e primo autore dell’articolo. «Il flusso di lavoro che abbiamo creato ci aiuterà a condurre studi simili in futuro, sia su Marte che sugli altri mondi ghiacciati e rocciosi del nostro Sistema solare».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Seismic constraints from a Mars impact experiment using InSight and Perseverance”, di Benjamin Fernando, Natalia Wójcicka, Ross Maguire, Simon C. Stähler, Alexander E. Stott, Savas Ceylan, Constantinos Charalambous, John Clinton, Gareth S. Collins, Nikolaj Dahmen, Marouchka Froment, Matthew Golombek, Anna Horleston, Ozgur Karatekin, Taichi Kawamura, Carene Larmat, Tarje Nissen-Meyer, Manish R. Patel, Matthieu Plasman, Lilya Posiolova, Lucie Rolland, Aymeric Spiga, Nicholas A. Teanby, Géraldine Zenhäusern, Domenico Giardini, Philippe Lognonné, Bruce Banerdt e Ingrid J. Daubar