Come si osserva la fusione fra due buchi neri? Nella rappresentazione artistica che vedete qui sotto, pubblicata la scorsa settimana sul sito della Nasa, due buchi neri supermassicci squarciano le nuvole di gas cosmico con la loro oscurità. Attorno a quello di destra si trovano altri due buchi neri più piccoli, in orbita uno attorno all’altro ed entrambi verso un destino comune: la fusione, appunto.
Di fusione fra buchi neri ci è giunta notizia più e più volte negli ultimi anni, ma gli astronomi più che osservarla la “ascoltano”, o meglio, la percepiscono attraverso le deformazioni spazio-temporali che essa genera sotto forma di onde gravitazionali e che giungono fino a noi.
D’altra parte il nome lo dice da sé: se i buchi sono neri – e vi è una ragione fisica imprescindibile per cui la luce, da essi, proprio non può uscire – vederli come guardiamo tutto ciò che dalla luce, invece, può essere illuminato, è impossibile.
Alcuni scienziati che studiano la teoria delle fusioni fra buchi neri simulandole al computer, però, hanno ipotizzato che vi siano alcune condizioni per cui anche un evento del genere può produrre un segnale luminoso facendo irradiare il materiale vicino – il gas. Nel giugno del 2020, gli scienziati che utilizzano la Zwicky Transient Facility (Ztf) del Caltech situata presso l’Osservatorio di Palomar vicino a San Diego, in California, hanno pubblicato un articolo su Physical review letters in cui raccontano di aver osservato un simile scenario.
La fusione era stata identificata il 21 maggio 2019 da due rivelatori di onde gravitazionali – il Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory della National Science Foundation, o Ligo, e il rivelatore europeo Virgo – in un evento chiamato Gw 190521g. Questo rilevamento ha permesso agli scienziati della Ztf di cercare segnali luminosi dal luogo in cui il segnale dell’onda gravitazionale ha avuto origine. Secondo quanto raccontano gli autori è andata più o meno così: il nuovo buco nero generato dalla fusione dei due più piccoli è stato proiettato in una direzione casuale, sollevandosi rispetto al piano del disco. Il gas attraversato da questo proiettile in accelerazione è stato eccitato e di conseguenza ha prodotto luce. Il fenomeno non è immediato: si prevede che il bagliore cominci giorni o settimane dopo la fase in cui vengono generate le onde gravitazionali. Nel caso di questa prima (e unica, per ora) identificazione, gli scienziati hanno ritrovato l’evento guardando fra le immagini d’archivio del telescopio, individuando un segnale iniziato alcuni giorni dopo l’evento delle onde gravitazionali di maggio 2019.