56 ARTICOLI PUBBLICATI IN UN NUMERO SPECIALE DI ASTRONOMY & ASTROPHYSICS

Solar Orbiter s’allena per l’incontro con il Sole

Nel pieno del suo lungo viaggio verso il Sole, la sonda Solar Orbiter ha ben impiegato il tempo attivando i suoi strumenti, verificando il loro corretto funzionamento e raccogliendo le prime misure sia dell’ambiente interplanetario che del Sole e della sua turbolenta atmosfera. I dati raccolti dai dieci strumenti a bordo della sonda sono già così accurati e interessanti da permettere agli scienziati di ottenere risultati di prim’ordine

     14/12/2021

In alto a sinistra: posizione delle varie sonde e nel sistema solare al momento dell’eruzione di massa coronale (Cme) osservata nel gennaio 2021. La freccia indica la direzione di propagazione della Cme. In alto a destra: immagine del disco solare visto dalla sonda Stereo-A con lo strumento Secchi-Euvi, e con l’indicazione della regione di origine della Cme e dei lembi del disco solare visto dalle altre sonde (Solar Orbiter e Soho). I restanti quattro pannelli mostrano la Cme vista da Soho/Lasco-C2, Stereo-A/Secchi-Cor2, e da Solar Obiter/Metis, con i sue due canali in luce visibile (“pB”) e ultravioletta (“Uv Lyman-α”). In verde è mostrato un modello teorico tridimensionale della struttura della Cme. Crediti: Andretta et al., A&A 2021

Nel pieno del suo lungo e complesso viaggio che la sta portando sempre più vicino al Sole, la sonda europea Solar Orbiter ha ben impiegato il tempo attivando i suoi strumenti, verificando il loro corretto funzionamento e raccogliendo le prime misure sia dell’ambiente interplanetario che del Sole e della sua turbolenta atmosfera. I dati raccolti tra il 15 giugno 2020 e il 27 novembre 2021 dai dieci differenti strumenti a bordo della sonda sono già così accurati e interessanti da permettere agli scienziati di ottenere risultati di prim’ordine, documentati in ben 56 articoli raccolti in un numero speciale sul sito web della rivista Astronomy & Astrophysics. Molti degli articoli vedono la firma di ricercatrici e ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica, dell’Agenzia spaziale italiana, del Cnr, e di varie università italiane.

La forte partecipazione italiana a questi articoli è frutto dell’importante contributo scientifico e tecnologico del nostro Paese alla missione. Fanno parte dei dieci strumenti a bordo di Solar Orbiter il coronografo Metis realizzato dall’Agenzia spaziale italiana (Asi) in collaborazione con l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e con il Cnr, diverse università italiane e istituti di ricerca sparsi in tutto il mondo, la Dpu (Data Processing Unit) dello strumento Swa (Solar Wind Analyser) e il software del telescopio per raggi X Stix (Spectrometer/Telescope for Imaging X-rays).

«Con Metis, si è aperto un nuovo canale per esplorare la fisica della corona solare, sfruttando immagini nell’ultravioletto, campo in cui lo strumento italiano Uvcs a bordo di Soho ha fatto da battistrada negli anni ’90 e 2000», dice Vincenzo Andretta, ricercatore Inaf responsabile delle operazioni scientifiche di Metis e coinvolto negli articoli dello speciale di Astronomy & Astrophysics. «È impressionante il numero di nuovi risultati ottenuti dagli strumenti di Solar Orbiter ancora prima dell’inizio ufficiale della missione nominale, cominciata con il fly-by con la Terra lo scorso 27 novembre. Nei prossimi mesi Solar Orbiter si avvicinerà ancora di più al Sole: il prossimo perielio, a marzo 2022, sarà a poco meno di un terzo della distanza Sole-Terra. Se già in fase di ‘rodaggio’ i risultati sono arrivati così numerosi e significativi, c’è da attendersi risultati ancora più spettacolari quando tutti gli strumenti di Solar Orbiter lavoreranno a pieno regime e in maniera coordinata».

Tra gli articoli dello speciale, tre vedono protagonisti i risultati ottenuti dal coronografo Metis. Due di questi lavori sfruttano le capacità di questo strumento di osservare nell’ultravioletto, una novità rispetto alle misure standard dei coronografi esistenti. Metis, infatti, è in grado di selezionare la radiazione emessa da quegli atomi di idrogeno ancora presenti nella corona – la parte più esterna dell’atmosfera del Sole – che, nonostante le altissime temperature, dell’ordine dei milioni di gradi, producono una intensa radiazione a quelle lunghezze d’onda.

Prima mappa della velocità del vento solare ottenuta dalle brevi immagini di “prima luce” di Metis. La mappa mostra la prima derivazione della velocità di espansione dell’idrogeno in regioni equatoriali molto distanti dal Sole sovrapposta ad una estrapolazione dell’aspetto della corona solare e del suo campo magnetico nel giorno dell’osservazione. Crediti: Romoli et al., A&A 2021

L’articolo sulla “prima luce” dello strumento, ovvero sulle sue primissime immagini, «fornisce un primo assaggio di quello che le nuove osservazioni proposte da Metis saranno in grado di ottenere», sottolinea Marco Romoli, dell’Università di Firenze, principal investigator di Metis. «Infatti, misurando contemporaneamente la luce prodotta dagli elettroni e dall’idrogeno, le due principali componenti della corona solare, si può stimare direttamente la velocità di espansione del vento solare nelle regioni in cui esso viene accelerato».

Un altro articolo descrive la prima espulsione di massa coronale osservata da Metis (Coronal Mass Ejection, o Cme, nel gergo dei fisici solari), mostrandone per la prima volta la mappa bidimensionale dell’idrogeno neutro e la sua evoluzione col tempo.  Questa mappa nella radiazione ultravioletta è stata ottenuta in contemporanea con le più classiche mappe in luce visibile prodotta dagli elettroni liberi presenti nella corona solare. Confrontando poi le osservazioni di Metis con dati ottenuti da angolazioni diverse con altri strumenti sia nei pressi della Terra – come l’osservatorio solare Soho – sia che, letteralmente, dall’altra parte del Sole con la sonda Stereo-A, è stato possibile determinare anche la zona sulla superficie solare da dove è partito l’evento. Mai prima come adesso ci sono stati così tanti osservatori solari in orbita intorno al Sole che, effettuando misure da punti di vista diversi, possono lavorare in perfetta sinergia.

Evoluzione della CME osservata nel gennaio 2021 da METIS, nel canale visibile (prima riga) e ultravioletto (seconda riga). Il rapporto tra le due immagini è mostrato nella terza riga, mentre la quarta riga mostra come la velocità di evoluzione della CME vista nell’ultravioletto. Crediti: Andretta et al., A&A 2021

Infine, mentre Metis come telescopio ha dimostrato di poter aprire una nuova finestra nello studio della corona e del vento solare, inaspettatamente si è rivelato anche essere un efficace rivelatore di particelle energetiche. In un altro articolo del numero speciale di Astronomy & Astrophysics i ricercatori hanno dimostrato come l’analisi delle tracce dei raggi cosmici nelle immagini dello strumento possono essere usate per monitorare nel tempo l’andamento di questo flusso di particelle che ha importanti implicazioni, per esempio, sulla magnetosfera della Terra nell’ambito della meteorologia dello spazio, anche nota come Space Weather.

Gli importanti risultati già ottenuti da Metis e dagli altri strumenti a bordo di Solar Orbiter dimostrano le grandi potenzialità della missione e rappresentano il frutto di anni di lavoro del team scientifico e industriale» commenta Marco Stangalini, Asi project scientist per Metis. «Durante la fase nominale Solar Orbiter acquisirà immagini dell’atmosfera solare da una distanza mai raggiunta prima e, inclinando progressivamente la sua orbita, sarà in grado infine di acquisire per la prima volta immagini dei poli della nostra stella».

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