Il James Webb Space Telescope (Jwst) sta decisamente tirando la corda. Dopo anni di ritardo, costosi incidenti e numerosi rinvii, quando tutto sembrava ormai pronto, succede di nuovo. Lo annunciano quattro righe striminzite sul sito della Nasa: il problema, questa volta, sarebbe il sistema di comunicazione fra il telescopio e il veicolo di lancio. Dal 22 dicembre si slitta ad almeno il 24, ma la conferma ufficiale arriverà fra due giorni, venerdì 17.
È questo forse il telescopio più atteso del momento, nonché il più capriccioso della storia. Tanto che la preoccupazione che è stato in grado di suscitare nella comunità astronomica ha meritato un articolo del New York Times: un’intervista ad alcuni astronomi per capire come mai, in tutto il mondo, essi siano molto, molto in ansia in questo periodo. L’attacco di Dennis Overbye è emblematico: “cosa mangeranno a colazione gli astronomi di tutto il mondo la mattina del lancio? Le loro unghie”. Lo stato d’animo, bisogna dirlo, non è eccessivo: che succederebbe se qualcosa andasse storto?
Il problema, nel caso di Jwst, non è solo il gran numero di “problemucci” che da sempre accompagnano questo telescopio e, insieme a questi, l’enorme sforzo economico – il telescopio è costato circa 10 miliardi di dollari – e di tempo richiesto. Il problema, dicevamo, sono anche le grandi aspettative che la comunità scientifica ripone in questo osservatorio dallo specchio dorato: quello che gli astronomi potranno vedere attraverso gli occhi infrarossi di Jwst, infatti, promette di essere senza precedenti.
Il telescopio era stato caricato sul razzo Ariane V che lo lancerà dallo spazioporto europeo della Guyana Francese lo scorso sabato 11 dicembre. Osserverà il cielo a lunghezza d’onda infrarossa e – siccome gli oggetti celesti non sono gli unici a emettere a queste lunghezze d’onda, ma gli esseri viventi e la maggior parte della strumentazione fa lo stesso – è necessario ridurre al minimo il rumore prodotto da questi. Per farlo, la temperatura degli strumenti a bordo di Jwst deve essere bassissima. Una volta giunto a 1.5 milioni di chilometri dalla Terra, nel punto di equilibrio lagrangiano L2, Jwst aprirà uno schermo solare grande quanto un campo da tennis che impedirà alla luce del Sole di raggiungere e scaldare i suoi strumenti, che si raffredderanno passivamente e progressivamente. La temperatura che dovranno raggiungere i detector posti nella fotocamera infrarossa del James Webb sarà, dopo circa 19 giorni, intorno ai 7 kelvin (o -266 gradi centigradi, poco sopra lo zero termico): si tratta della fotocamera più fredda di sempre.
Con le interferenze ridotte al minimo, il telescopio dovrebbe essere in grado di vedere davvero lontano nel tempo e nello spazio, proprio quando si sono formate le prime stelle e le prime strutture complesse dell’universo, e di ingrandire regioni a noi vicine con un dettaglio mai raggiunto prima.
A venerdì 17, dunque, per ulteriori aggiornamenti. Nel frattempo, ci uniamo alla speranza degli astronomi che Jwst esaurisca tutte le sue richieste finché è ancora qui sulla Terra, a portata di mano, perché una volta giunto là fuori dovrà cavarsela da solo.
UPDATE: @NASAWebb is now targeted to launch no earlier than Dec. 24 to allow teams to work a communications issue between the observatory and its launch vehicle system: https://t.co/ZdpvYvdXxO pic.twitter.com/wN1wb7nuGn
— NASA (@NASA) December 14, 2021