Dalla sua scoperta, avvenuta nel 1930, al suo declassamento a pianeta nano – che ancora oggi alimenta il dibattito circa la sua “riabilitazione” – Plutone non ha mai smesso di affascinare gli scienziati. È bastato un fly-by per la sua esplorazione – l’unico fino a oggi, eseguito nel 2015 dalla sonda spaziale New Horizons – per mettere definitivamente in discussione la comprensione che si aveva fino ad allora di questo mondo remoto. Nano e dal cuore ghiacciato, Plutone ospita sulla sua superficie lo Sputnik Planitia: un bacino vasto mille km pieno di azoto con caratteristiche poligonali notevoli sulla superficie di ghiaccio. Come si formassero è stato per molto tempo un mistero. Ora è lecito sapere.
«Sappiamo che la superficie del ghiaccio mostra caratteristiche poligonali notevoli – formate dalla convezione termica nell’azoto ghiacciato – che modellano e rinnovano costantemente la superficie del ghiaccio», dice Adrien Morison dell’università di Exeter, nel Regno Unito. «Tuttavia, non era del tutto chiaro come questo processo potesse verificarsi».
Inizialmente, si pensava che queste forme poligonali fossero il risultato della convezione allo stato solido con un flusso di calore imposto o una differenza di temperatura all’interno dello strato di ghiaccio, spesso 10 km. Ma nessuna delle due spiegazioni sembrava soddisfacente. Ora un nuovo studio, condotto da un team di ricercatori guidato da Morison e pubblicato ieri su Nature ha dimostrato che queste forme di ghiaccio dall’aspetto poligonale si generano per via della sublimazione, un fenomeno in cui il ghiaccio è in grado di trasformarsi in gas senza passare attraverso lo stato liquido. Lo studio mostra che questa sublimazione del ghiaccio di azoto alimenta la convezione nello strato di ghiaccio di Sputnik Planitia raffreddandone la superficie.
La sublimazione del ghiaccio è un processo geomorfico comune sulla superficie dei pianeti solidi. Quella del ghiaccio secco, ad esempio, disegna una varietà di spettacolari depressioni sulla calotta polare meridionale di Marte. Sulla Terra, i penitenti – formazioni di ghiaccio uniche che si creano in territori estremi – osservati nei deserti d’alta quota sono attribuiti alla sublimazione della neve. Nel Sistema solare esterno, il caso di Plutone rappresenta una delle più emblematiche morfologie create dalla sublimazione.
New Horizons se ne era già accorta nel 2015 quando, sorvolando il pianeta nano, aveva individuato in Tombaugh Regio – situata leggermente a nord dell’equatore di Plutone – la zona che ne è più ricca , e di cui fa parte, guarda caso, lo Sputnik Planitia. Nonostante la lontananza dal Sole e le limitate fonti di energia interne, geologicamente Plutone risulta quindi ancora attivo, così come il suo cratere, dove le condizioni della superficie consentono all’azoto gassoso nella sua atmosfera di coesistere con l’azoto solido.
Questo nuovo studio mostra, grazie a una serie di simulazioni numeriche, la predominanza del raffreddamento superficiale da sublimazione sul flusso di calore al fondo dello strato, nonché la sua capacità di alimentare la convezione coerentemente con numerosi dati forniti da New Horizons, tra cui la dimensione dei poligoni, l’ampiezza della topografia e la velocità superficiale. È coerente anche con la scala temporale in cui i modelli climatici prevedono la sublimazione di Sputnik Planitia, a partire da circa 1-2 milioni di anni fa.
Considerata qui come il motore finora enigmatico che alimenta la convezione in Sputnik Planitia, si ritiene che tale dinamica possa verificarsi anche sulla superficie di altri corpi planetari, come Tritone – una delle lune di Nettuno – o Eris e Makemake, dalla fascia di Kuiper.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo: “Sublimation-driven convection in Sputnik Planitia on Pluto” di Adrien Morison, Stéphane Labrosse e Gaël Choblet