Il primo classificato è Ettore Majorana. No, non quell’Ettore Majorana, anche se pure il protagonista di oggi è un fisico: nato a Catania, dopo anni d’attività di ricerca all’Infn oggi è professore ordinario alla Sapienza. E si è appena aggiudicato, dicevamo, l’ambito primo posto – nonché un ancor più ambito finanziamento di 724.833 euro – nel settore “PE9” (le scienze dell’universo) dei cosiddetti “Prin”, i progetti scientifici di rilevante interesse nazionale selezionati ogni anno dal Ministero dell’università e della ricerca.
Per l’intero settore PE9 quest’anno erano in palio 3.670.456 euro. Delle 63 proposte presentate da ricercatrici e ricercatori di tutt’Italia, solo sei si sono collocate in posizione utile per ottenere un finanziamento. E fra queste la prima, appunto, con uno stratosferico punteggio di 98.7/100, è quella presentata da Majorana: “Low-frequency Versus Cryogenics for ET”, dove le lettere ‘ET’ stanno per Einstein Telescope.
«La chiave del successo della nostra proposta? Il rischio», dice lo scienziato a Media Inaf. «Effettivamente un po’ mi ha stupito che sia arrivata prima: l’abbiamo scritta senza andare sul sicuro, con un atteggiamento di sfida. La tecnologia della criogenia a bassa frequenza che vogliamo sviluppare è del tutto nuova, non esiste. Forse è stato premiato proprio il coraggio».
Il coraggio di fare che cosa? Trovare una soluzione a un problema che riguarda le masse di test – vale a dire, gli specchi sospesi – dell’Einstein Telescope, il futuro grande interferometro per onde gravitazionali, per il quale è in gara – come sito candidato a ospitarlo – anche la Sardegna. Se la soluzione è quanto mai complessa, il problema è abbastanza semplice da illustrare: come riuscire a soddisfare contemporaneamente l’esigenza di isolare gli specchi dall’ambiente circostante, così da garantirne l’isolamento sismico, e quella di raffreddarli a temperature bassissime, al di sotto dei 20 kelvin.
«Essendo un rivelatore terrestre – a differenza di quanto avviene nello spazio, dove il sistema è in uno stato inerziale – è inevitabile che gli specchi siano appesi a qualcosa: sono attaccati a un sistema di isolamento sismico», spiega Majorana. «È un sistema molto complesso: una catena di filtri meccanici che lo rende quasi isolato. Quasi nel senso che a bassissime frequenze non è isolato, ma per vibrazioni da qualche hertz in su lo è. Se però dobbiamo anche raffreddarli, questi specchi, dunque estrarre calore, il tutto va connesso a un sistema di raffreddamento. E questo entra in conflitto con il sistema di sospensione antisismica di cui parlavamo prima: rischia d’inficiarne le potenzialità».
Dunque occorre arrivare ad avere un sistema che permetta di raggiungere entrambi gli obiettivi senza superare le soglie di frequenza e di temperatura richieste. «Il prototipo che vogliamo realizzare va esattamente in questa direzione. E il finanziamento del Prin ci consentirà di indagare tutti gli aspetti critici di tutta la filiera».
Se poi l’Europa decidesse di costruire l’Einstein Telescope proprio in Sardegna sarebbe una doppia soddisfazione. «Naturalmente pensiamo alla Sardegna, questo è ovvio. Ma il nostro progetto», sottolinea Majorana, «va anzitutto nella direzione di costruire un framework in cui l’Italia possa giocare un ruolo non solo come sito ma anche come tecnologia avanzata».