Come si sono formati i buchi neri supermassicci? Che cos’è la materia oscura? E se vi dicessimo che con una sola risposta saremmo in grado di spiegare entrambi questi misteri cosmici, senza scomodare una nuova fisica o nuove particelle? Non sarebbe male, anche tenuto conto del fatto che è venerdì 17. Dovete sapere che proprio oggi è stato accettato per la pubblicazione su The Astrophysical Journal un nuovo studio che presenta un modello alternativo che tenta di spiegare la nascita dell’universo, in base al quale la risposta a queste due domande fondamentali sta nei cosiddetti buchi neri primordiali.
Gli autori (e che autori) sono tre – Nico Cappelluti (dell’Università di Miami, associato Inaf), Günther Hasinger (direttore scientifico dell’Agenzia spaziale europea) e Priyamvada Natarajan (Università di Yale) – e suggeriscono che i buchi neri siano esistiti dall’inizio dell’universo e che siano proprio loro l’inafferrabile e inspiegabile materia oscura.
«I buchi neri di diverse dimensioni sono ancora un mistero. Non capiamo come abbiano fatto i buchi neri supermassicci a diventare così enormi nel tempo relativamente breve trascorso dalla nascita dell’universo», spiega Hasinger. All’altra estremità della scala, potrebbero esserci buchi neri molto piccoli, come suggerito per esempio dalle osservazioni del satellite Gaia dell’Esa. Certo, se esistessero, sarebbero troppo piccoli per essersi formati da stelle morenti.
«Il nostro studio mostra che, senza introdurre nuove particelle o una nuova fisica, possiamo risolvere i misteri della moderna cosmologia, dalla natura della materia oscura stessa all’origine dei buchi neri supermassicci», afferma Cappelluti.
Se la maggior parte dei buchi neri si fosse formata immediatamente dopo il Big Bang, avrebbero potuto iniziare a fondersi nell’universo primordiale, formando nel tempo buchi neri sempre più massicci. Se esistessero buchi neri primordiali, Lisa – il futuro osservatorio spaziale di onde gravitazionali dell’Esa – potrebbe raccogliere i segnali generati in quelle fusioni. Questi piccoli buchi neri potrebbero essere semplicemente buchi neri primordiali che non si sono ancora fusi in quelli più grandi.
Secondo questo modello, l’universo sarebbe pieno di buchi neri. Ce ne potrebbero essere ovunque. Le stelle inizierebbero a formarsi attorno a questi grumi di “materia oscura”, creando per miliardi di anni sistemi solari e galassie. Se le prime stelle si fossero effettivamente formate attorno ai buchi neri primordiali, esisterebbero nell’universo prima di quanto previsto dal modello standard. «I buchi neri primordiali, se esistono, potrebbero essere i semi da cui si formano tutti i buchi neri, compreso quello al centro della Via Lattea», sottolinea Natarajan.
La missione Euclid dell’Esa, che studierà l’universo oscuro in modo più dettagliato che mai, potrebbe riuscire a identificare i buchi neri primordiali candidati alla materia oscura. E anche l’imminente James Webb Space Telescope di Esa/Nasa/Csa permetterà di indagare questa ipotesi. «Se le prime stelle e galassie si fossero già formate nei cosiddetti secoli bui, Webb dovrebbe essere in grado di vederne le prove», conclude Günther.
Insomma, forse l’universo non è così oscuro come sembra. Forse è così scuro solo perché la luce non riesce a fuggire… e sappiamo benissimo il perché.
Per saperne di più:
- Leggi su arXiv il pre-print dell’articolo “Exploring the high-redshift PBH-ΛCDM Universe: early black hole seeding, the first stars and cosmic radiation backgrounds“, di Nico Cappelluti, Günther Hasinger e Priyamvada Natarajan