Quanto ne sappiamo sull’evoluzione della nostra galassia? La questione sembra non essere del tutto risolta. Un team internazionale di astronomi, guidato da Chervin Laporte del Kavli Institute for the Physics and Mathematics of the Universe dell’Università di Tokyo, ha pubblicato una nuova mappa del disco esterno della Via Lattea che evidenzia alcune deboli code mareali: i “fossili” di interessanti interazioni avvenute nel suo lontano passato con alcune galassie satellite. I risultati sono presentati in un articolo uscito il 14 dicembre su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
«Questa regione della Via Lattea è rimasta poco esplorata a causa della polvere che assorbe la luce e oscura pesantemente la maggior parte del piano medio della galassia», spiega Laporte. «Ma mentre la luminosità di una stella risente della polvere, il suo movimento rimane inalterato. Di conseguenza, è possibile sfruttare il movimento delle stelle per eseguire la tomografia delle regioni più esterne della galassia».
La Via Lattea è circondata da circa cinquanta galassie satellite, ed è in corso l’interazione con la galassia nana del Sagittario. Nel suo passato più lontano potrebbe aver interagito con un’altra galassia nana di cui oggi rimangono alcuni detriti nell’alone stellare sul bordo esterno, la cosiddetta Salsiccia di Gaia. I ricercatori hanno ipotizzato che le sottili strutture ora individuate siano i resti di code mareali del disco della Via Lattea che hanno interagito in passato, in epoche diverse, con varie galassie satellite.
«In uno studio precedente, abbiamo mostrato che una delle strutture filiformi nel disco esterno, chiamata Anticenter Stream, era formata per la maggior parte da stelle più vecchie di 8 miliardi di anni, il che la rendeva troppo vecchia per essere stata causata solo dall’interazione con la galassia del Sagittario e più in linea con un’origine legata alla Salsiccia di Gaia», prosegue Laporte. «Un’altra possibilità è che non tutte queste strutture siano in realtà vere e proprie sottostrutture del disco, bensì che increspino il disco con onde di densità verticale visto in proiezione, dando l’illusione ottica che il disco sia altamente sottostrutturato».
Gli scienziati hanno identificato queste sottostrutture grazie ai dati del satellite Gaia dell’Esa, resi disponibili a dicembre 2020. La mappa ha fornito una visione globale più nitida delle strutture già note, e ha rivelato l’esistenza di molte strutture filamentose rotanti sconosciute sul bordo del disco della galassia. Le simulazioni numeriche sembrano confermare che tali strutture filamentose si siano formate a causa di interazioni galattiche passate, tuttavia non era previsto che fosse così sottostrutturata, e la ragione rimane un mistero. Per sciogliere questo nuovo enigma, sarà necessario continuare a studiare le somiglianze e le differenze rilevabili nelle popolazioni stellari di ciascuna sottostruttura.
Per saperne di più:
- Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “Kinematics beats dust: unveiling nested substructure in the perturbed outer disc of the Milky Way“, di