È successo il 15 aprile 2020, quando qui sulla Terra eravamo in pieno lockdown. Alle 08:48:05 tempo universale e 560 millisecondi – e in questa storia i millisecondi contano – una serie di rivelatori astrofisici per le alte energie viene inondata da un segnale talmente intenso da mandarli tutti in saturazione – ovvero ne rimangono per un istante come accecati. Tutti tranne uno: uno scatolone rettangolare da 122 x 134 x 99 cm e 314 kg di massa che dal 2018 se ne sta appeso fuori dalla Stazione spaziale internazionale. Si chiama Asim, acronimo per Atmosphere-Space Interactions Monitor, e al suo interno ospita un particolare rivelatore – Mxgs, ovvero il Modular X and Gamma Ray Instrument – in grado di registrare emissioni con energie che vanno dai 50 keV ai 40 MeV. E ciò che riesce a registrare quel giorno, a quell’ora, in quei precisi millisecondi, è qualcosa di mai visto prima: il dettaglio della fase iniziale di una potentissima esplosione – un flare, è il termine che usano gli scienziati – avvenuta a oltre 10 milioni di anni luce da noi, nella galassia Ngc 253. A produrla è stata una stella di neutroni estremamente magnetizzata: una magnetar.
«È assai raro poter osservare un flare gigante prodotto da una magnetar», dice Alberto J. Castro-Tirado dell’Istituto di astrofisica dell’Andalusia (Csic, Spagna), primo autore dello studio pubblicato ieri su Nature che riporta la scoperta. «L’esplosione del 15 aprile è stata la prima rilevazione certa del flare gigante di una magnetar dal 2004. In appena un sesto di secondo, l’esplosione ha rilasciato un’energia paragonabile a quella che il Sole irradia in 100mila anni».
Ma quel che rende unica la rilevazione compiuta con Asim è il livello di dettaglio con il quale è stato possibile ricostruire, millisecondo per millisecondo, l’andamento iniziale della “scossa”. Lo vedete nei due grafici qui a fianco (cliccare sull’immagine per ingrandirla), e quel che mostra è di enorme interesse per gli astrofisici.
«Durante il picco iniziale si osservano due importanti oscillazioni quasi-periodiche (Qpo) ad alta frequenza», spiega uno dei coautori dello studio, Ersin Göğüş (Sabancı University, Turchia). «E questo segnerà probabilmente un punto di svolta nella nostra comprensione dei bagliori giganti magnetar», aggiunge Castro-Tirado.
L’interesse per la presenza di oscillazioni quasi-periodiche nell’emissione ad alta energia è dovuto anzitutto al fatto che rappresentano la firma di oscillazioni – sia nel campo magnetico che circonda la stella di neutroni, sia nella materia della stella stessa – prodotte probabilmente a seguito di un evento catastrofico sulla stella chiamato starquake: un “terremoto” stellare, una sorta di scossa d’assestamento per certi versi analoga a quelle che danno origine a un’onda sismica qui sulla Terra, avvenuta però nella crosta d’una stella di neutroni. «Comprendere queste oscillazioni può aiutarci a far luce sulla struttura di questi oggetti misteriosi», sottolinea un altro coautore dello studio, Michael Gabler (Università di Valencia, Spagna).
Sebbene i suoi rivelatori siano stati quelli che meglio sono riusciti a tracciare le Qpo prodotte nei primissimi istanti del flare, non è lo studio dei fenomeni più remoti dell’universo la missione principale di Asim. «Asim è il primo strumento spaziale specificamente progettato per osservare i lampi gamma terrestri», spiega infatti a Media Inaf un altro dei coautori dello studio, il fisico Martino Marisaldi, professore al Birkeland Centre for Space Science dell’Università di Bergen, in Norvegia, e associato Inaf. «Per più di vent’anni la scienza di questi eventi terrestri è stata fatta con strumenti progettati per l’astrofisica delle alte energie. Ora è fantastico vedere come Asim possa rendere il favore e dare anche un contributo significativo all’astrofisica».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “Very-high-frequency oscillations in the main peak of a magnetar giant flare”, di A. J. Castro-Tirado, N. Østgaard, E. Göǧüş, C. Sánchez-Gil, J. Pascual-Granado, V. Reglero, A. Mezentsev, M. Gabler, M. Marisaldi, T. Neubert, C. Budtz-Jørgensen, A. Lindanger, D. Sarria, I. Kuvvetli, P. Cerdá-Durán, J. Navarro-González, J. A. Font, B.-B. Zhang, N. Lund, C. A. Oxborrow, S. Brandt, M. D. Caballero-García, I. M. Carrasco-García, A. Castellón, M. A. Castro Tirado, F. Christiansen, C. J. Eyles, E. Fernández-García, G. Genov, S. Guziy, Y.-D. Hu, A. Nicuesa Guelbenzu, S. B. Pandey, Z.-K. Peng, C. Pérez del Pulgar, A. J. Reina Terol, E. Rodríguez, R. Sánchez-Ramírez, T. Sun, K. Ullaland e S. Yang