Quali fattori determinano la velocità con cui un computer quantistico può eseguire i suoi calcoli? I fisici dell’Università di Bonn e del Technion – Israel Institute of Technology hanno ideato un elegante esperimento per rispondere a questa domanda. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances.
I computer quantistici sono macchine estremamente sofisticate che si basano sui principi della meccanica quantistica per elaborare le informazioni. Ciò dovrebbe consentire loro di gestire in futuro determinati problemi che sono irrisolvibili per i computer convenzionali. Ma anche per i computer quantistici si applicano limiti fondamentali alla quantità di dati che possono essere elaborati in un dato momento.
Le informazioni memorizzate nei computer convenzionali sono assimilabili a una lunga sequenza di zero e uno, i bit. Nella meccanica quantistica è diverso: le informazioni sono memorizzate in bit quantistici, i qubit, che assomigliano di più a un’onda piuttosto che a una serie di valori discreti. Quando i fisici vogliono rappresentare con precisione le informazioni contenute nei qubit, usano quindi le funzioni d’onda.
In un computer tradizionale, le informazioni sono collegate tra loro dalle cosiddette porte, o gate. La combinazione di più porte consente calcoli elementari, come la somma di due bit. Nei computer quantistici le informazioni vengono elaborate in modo molto simile, e le porte quantistiche trasformano la funzione d’onda secondo determinate regole.
Le porte quantistiche assomigliano alle loro parenti tradizionali per un altro aspetto: «Anche nel mondo quantistico, le porte non funzionano a velocità infinita», spiega Andrea Alberti dell’Istituto di fisica applicata dell’Università di Bonn. «Richiedono un tempo minimo per trasformare la funzione d’onda e le informazioni che questa contiene».
Più di 70 anni fa, i fisici sovietici Leonid Mandelstam e Igor Tamm dedussero teoricamente il tempo minimo per trasformare la funzione d’onda. I fisici dell’Università di Bonn e del Technion hanno ora valutato per la prima volta questo tempo minimo – chiamato limite di Mandelstam-Tamm – con un esperimento condotto su un sistema quantistico complesso. Per farlo hanno usato atomi di cesio in movimento in modo altamente controllato. «Nell’esperimento, lasciamo che i singoli atomi rotolino come biglie in una ciotola e osserviamo il loro movimento», spiega Alberti, che ha guidato lo studio sperimentale.
Gli atomi possono essere descritti dalla meccanica quantistica come onde di materia. Durante il viaggio verso il fondo della ciotola (analogia per la trappola ottica), le loro informazioni quantistiche cambiano. L’obiettivo dei ricercatori era capire quando avveniva questo cambiamento, come prova sperimentale del limite di Mandelstam-Tamm. Tuttavia, nel mondo quantistico, ogni misurazione della posizione dell’atomo cambia inevitabilmente l’onda di materia in modo imprevedibile. Quindi sembra sempre che la biglia sia diversa, indipendentemente dalla velocità con cui viene effettuata la misurazione. Per ovviare a questo problema, i ricercatori hanno ideato un metodo diverso per rilevare la deviazione dallo stato iniziale.
Come prima cosa, hanno generato un clone dell’onda di materia, in altre parole un gemello quasi perfetto. «Abbiamo usato impulsi di luce veloci per creare una cosiddetta sovrapposizione quantistica di due stati dell’atomo», spiega Gal Ness, studente di dottorato al Technion e primo autore dello studio. «In senso figurato, l’atomo si comporta come se avesse due colori diversi contemporaneamente». A seconda del colore, ogni gemello atomico assume una posizione diversa nella ciotola: uno è in alto sul bordo e rotola verso il basso, mentre l’altro è già sul fondo della ciotola e non si muove, quindi non cambia la sua funzione d’onda.
I fisici hanno confrontato i due cloni a intervalli regolari, utilizzando una tecnica chiamata interferenza quantistica, che consente di rilevare le differenze nelle onde in modo molto preciso. Ciò ha permesso loro di determinare il momento dopo il quale si è verificata per la prima volta una modifica significativa dell’onda di materia.
Variando l’altezza della “ciotola” all’inizio dell’esperimento, i fisici sono stati anche in grado di controllare l’energia media dell’atomo. Media perché, in linea di principio, non può essere determinata con esattezza. Quindi l’energia potenziale dell’atomo ha sempre un’incertezza associata. «Siamo stati in grado di dimostrare che il tempo minimo per il cambiamento dell’onda di materia dipende da questa incertezza energetica», afferma Yoav Sagi, che ha guidato il team del Technion: «Maggiore è l’incertezza, più breve è il tempo di Mandelstam-Tamm».
Questo è esattamente ciò che avevano predetto i due fisici sovietici, nel 1945. Ma c’è di più. Oltre mezzo secolo dopo, Norman Margolus e Lev Levitin dimostrarono, sempre a livello teorico, che in realtà la velocità di evoluzione non può superare l’energia media, un risultato noto come teorema di Margolus-Levitin.
Ed ecco allora che con questo esperimento è stato dimostrato anche questo secondo limite di velocità: se l’incertezza energetica aumenta sempre di più fino a superare l’energia media dell’atomo, allora il tempo minimo non diminuisce ulteriormente, contrariamente a quanto è suggerito dal limite di Mandelstam-Tamm e a conferma del teorema di Margolus-Levitin.
Il limite ultimo di velocità nel mondo quantistico è quindi determinato non solo dall’incertezza energetica, ma anche dall’energia media. «È la prima volta che entrambi i limiti della velocità quantistica possono essere misurati per un sistema quantistico complesso, e anche in un singolo esperimento», conclude Alberti.
I futuri computer quantistici saranno sì delle schegge, in grado di risolvere molto rapidamente i problemi, ma saranno vincolati da questi due limiti fondamentali.
Per saperne di più:
- Leggi su Science Advances l’articolo “Observing crossover between quantum speed limits” di Gal Ness, Manolo R. Lam, Wolfgang Alt, Dieter Meschede, Yoav Sagi, Andrea Alberti