Un team internazionale di ricercatori – di cui fa parte anche Gabriele Ponti dell’Inaf di Brera – guidato da Alexis Andrés dell’Istituto di Astronomia della National Autonomous University del Mexico, ha scoperto che la controparte radiativa del buco nero al centro della nostra galassia, Sagittarius A*, non solo emette giornalmente radiazione in modo irregolare, ma che tale irregolarità interessa anche scale temporale molto più lunghe. Per arrivare a questa conclusione, il team ha analizzato 15 anni di dati. La ricerca è stata avviata da Andres nel 2019 quando ancora era uno studente all’Università di Amsterdam, è proseguita negli anni seguenti e ha portato ora alla pubblicazione dei risultati su Monthly Notice of the Royal Astronomical Society.
Sagittarius A* è una forte sorgente di onde radio, raggi X e raggi gamma (la luce visibile è bloccata dal gas e dalla polvere). Da decenni gli astronomi sono a conoscenza del fatto che Sagittarius A* “lampeggia” su base giornaliera, emettendo esplosioni di radiazione – in inglese, flare – da dieci a cento volte più luminose dei normali segnali osservati dal buco nero.
Per saperne di più su questi misteriosi bagliori, il team di astronomi ha cercato dei pattern (degli schemi ricorrenti nell’emissione) nei 15 anni di dati messi a disposizione dal Neil Gehrels Swift Observatory della Nasa, un satellite in orbita attorno alla Terra dedicato al rilevamento dei lampi di raggi gamma. Swift osserva i raggi gamma dal buco nero dal 2006. L’analisi dei dati ha mostrato alti livelli di attività dal 2006 al 2008, e un forte calo dell’attività nei successivi quattro anni. Dopo il 2012, la frequenza dei flare è aumentata di nuovo. Tuttavia, i ricercatori non sono riusciti a distinguere alcun pattern specifico, ossia nessuna periodicità nel segnale emesso.
Nei prossimi anni, il team di astronomi prevede di raccogliere dati sufficienti per poter capire se le variazioni dei flare di Sagittarius A* siano dovute al passaggio di nubi o stelle, oppure se esiste qualcos’altro in grado di spiegare l’attività irregolare osservata dal buco nero supermassiccio.
«Il modo in cui si verificano i flare rimane poco chiaro. In passato, si pensava che i brillamenti fossero successivi al passaggio di nubi gassose o stelle davanti al buco nero, ma non sono ancora state trovate le prove che questo sia quello che realmente accade e non possiamo quindi confermare l’ipotesi che le proprietà magnetiche del gas circostante abbiano un ruolo», conclude Jakob van den Eijnden dell’Università di Oxford, co-autore dello studio.
Per saperne di più:
- Leggi su Monthly Notice of the Royal Astronomical Society l’articolo “A Swift study of long-term changes in the X-ray flaring properties of Sagittarius A” di A. Andrés, J. van den Eijnden, N. Degenaar, P. A. Evans, K. Chatterjee, M. Reynolds, J. M. Miller, J. Kennea, R. Wijnands, S. Markoff, D. Altamirano, C. O. Heinke, A. Bahramian, G. Ponti e D. Haggard