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I buchi neri? Sono 40 miliardi di miliardi

Con un inedito approccio computazionale, un team guidato da ricercatori della Sissa è stato in grado di calcolare quanti buchi neri ci sono nell’universo osservabile. Secondo le loro stime, inoltre, nei buchi neri sarebbe racchiusa circa l’un per cento di tutta la materia ordinaria del cosmo

     19/01/2022

Immagine del buco nero al centro della galassia M87 in luce polarizzata. Crediti: Eht Collaboration

Quanti buchi neri ci sono nell’universo? È una delle più importanti e urgenti domande dell’astrofisica e della cosmologia. Una questione davvero intrigante che è stata recentemente affrontata dal PhD della Sissa Alex Sicilia, con la supervisione del professor Andrea Lapi e del ricercatore Lumen Boco, assieme ad altri collaboratori della Sissa e di altre istituzioni nazionali e internazionali. Nel primo articolo di una serie, pubblicato la settimana scorsa su The Astrophysical Journal, gli autori hanno studiato la demografia dei buchi neri stellari, le cui masse arrivano fino a quella di un centinaio di nostri soli, che si originano alla fine della vita delle stelle più luminose. Secondo la nuova ricerca, una considerevole quantità dell’intero contenuto di materia ordinaria (barionica) del cosmo, circa l’uno per cento, è racchiusa al loro interno. Nello stesso studio, grazie a un raffinato lavoro di data science, i ricercatori sono riusciti a stimare il numero di buchi neri nell’universo osservabile (una sfera del diametro di circa 90 miliardi di anni luce) al tempo presente: sarebbe di circa 40 trilioni, 40 miliardi di miliardi. Ossia 40 x 10 elevato alla 18: un 4 seguito da ben 19 zeri!

Un nuovo metodo per calcolare il numero di buchi neri

«Questo importante risultato», spiegano gli autori della ricerca, «è stato ottenuto grazie a un approccio originale che combina il codice Sevn sviluppato dal ricercatore della Sissa Mario Spera, che è in grado di riprodurre l’evoluzione delle stelle e dei sistemi binari, con descrizioni empiriche delle proprietà più rilevanti delle galassie, come il tasso di formazione delle stelle o la quantità di masse stellari presenti nell’universo e la quantità di metalli del mezzo interstellare (ingredienti importanti per determinare il numero e le masse dei buchi neri stellari)».

Con il loro innovativo metodo computazionale, i ricercatori hanno così ricavato il numero di buchi neri stellari e la distribuzione della loro massa attraverso l’intera storia dell’universo. «Il carattere innovativo di questo lavoro», commenta Sicilia, primo autore dello studio, «sta nell’accoppiare un dettagliato modello di evoluzione delle stelle e dei sistemi binari con nozioni avanzate di formazione ed evoluzione delle galassie. Questo lavoro costituisce uno dei primi calcoli da principi primi, e uno tra i più solidi, relativo alla demografia dei buchi neri stellari lungo la storia del cosmo».

Qual è l’origine dei più grandi buchi neri stellari?

Il numero stimato di buchi neri nell’universo osservabile non è l’unico tema affrontato dagli scienziati in questo studio. In collaborazione con Ugo Di Carlo e Michela Mapelli dell’Università di Padova, gli scienziati hanno anche esplorato i possibili canali di formazione dei buchi neri di differenti masse: da stelle isolate, da sistemi binari o dagli ammassi stellari. Ebbene, secondo il lavoro, i buchi neri stellari più massivi hanno origine principalmente da eventi dinamici negli ammassi stellari. Più precisamente, i ricercatori hanno dimostrato come questi eventi possano spiegare la funzione di massa del sottoinsieme di buchi neri che riescono a fondersi in un buco nero più grande, come stimata dall’osservazione delle onde gravitazionali dalla collaborazione Ligo/Virgo.

«Il nostro lavoro», spiega Boco, «fornisce anche una solida teoria per l’origine di buchi neri leggeri nell’universo primordiale, che a loro volta possono fungere da “semi” per la crescita di buchi neri più pesanti e persino (super)massivi; affronteremo presto questi argomenti nel dettaglio in un nuovo paper».

«Questa ricerca è davvero multidisciplinare», aggiunge Lapi, supervisore del primo autore della ricerca e coordinatore del PhD in astrofisica e cosmologia alla Sissa, «perché comprende aspetti e competenze in ambiti quali l’astrofisica stellare, la formazione delle galassie e la loro evoluzione, le onde gravitazionali e l’astrofisica multi-messaggera. Come tale ha richiesto lo sforzo collaborativo di diversi membri del Gruppo di astrofisica e cosmologia della Sissa, e un forte networking con collaboratori esterni».

Per saperne di più:

Guarda il video di Lumen Boco sul canale YouTube della Sissa:

 

Il lavoro di Alex Sicilia si svolge nell’ambito dell’Innovative Training Network Project “BiD4BESt – Big Data Application for Black Hole Evolution Studies” codiretto dal Prof. Andrea Lapi della Sissa e finanziato dall’Unione Europea con 3.5 milioni di euro complessivi. Il progetto coinvolge diversi partner accademici e industriali ed ha lo scopo di fornire un percorso di training a 13 giovani ricercatori e ricercatrici nell’area della formazione dei buchi neri e della loro evoluzione, sfruttando avanzate tecniche di data science.