In generale, quando si lanciano missioni spaziali per esplorare corpi del sistema Solare, come sistema di propulsione le sonde dispongono di un razzo (chimico oppure a ioni). In un razzo del gas viene lanciato fuori ad alta velocità da un ugello e la sonda riceve una spinta nella direzione opposta. Un razzo può accelerare la sonda alla velocità richiesta per raggiungere il target, ma la quantità di gas che può espellere e la sua velocità di espulsione è limitata. Se si vuole è un po’ la stessa situazione in cui si trova una nave spinta da motori diesel: bisogna arrivare a destinazione prima che termini il carburante nei serbatoi. Di questo problema non soffrono le navi a vela: possono variare la loro velocità sfruttando la pressione che il vento esercita sulle vele e così possono coprire lunghe distanze senza preoccuparsi di “fare il pieno”.
In effetti una cosa analoga vale anche per i voli spaziali: oltre al motore a razzo per le sonde si può utilizzare una vela solare. Come funziona? Si tratta di una vera e propria vela che però non viene “gonfiata” dal vento (nello spazio non c’è aria), ma dalla radiazione elettromagnetica emessa dal Sole. Un’onda elettromagnetica esercita una debolissima pressione tutte le volte che viene assorbita o riflessa da un corpo (meglio riflessa, perché così la pressione esercitata è maggiore). In genere non ci accorgiamo di questa pressione esercitata dalla luce perché non è sufficiente per spostare gli oggetti, ma nello spazio un’enorme vela fatta di materiale molto leggero può sfruttare questa pressione per generare una spinta in grado di trascinare una piccola sonda fino a farla arrivare al target.
Navigare sfruttando la pressione esercitata dalla luce è altamente efficiente, consente ai veicoli di essere spinti indefinitamente nello spazio per raggiungere e mantenere nuove orbite altrimenti inaccessibili e di condurre cambiamenti del piano orbitale in modo più efficiente rispetto ai veicoli spaziali che utilizzano la propulsione chimica convenzionale. Anche se le accelerazioni sono basse, il tempo a disposizione può essere notevole e così i veicoli con vele solari sono in grado di raggiungere velocità notevoli, consentendo una rapida esplorazione del Sistema solare esterno.
Questa è la filosofia che sta alla base della missione Near-Earth Asteroid Scout (o Nea Scout), della Nasa. La sonda sarà composta da due elementi: un cubesat e una vela solare da 86 metri quadri. I cubesat sono piccoli veicoli spaziali miniaturizzati, quello di Scout sarà equipaggiato con una telecamera monocromatica ad alta risoluzione da 14 megapixel, pannelli fotovoltaici, antenna per le comunicazioni e dei piccoli razzi per le manovre di orientamento. La vela invece sarà costituita da un sottile polimero plastico e alluminato, in modo tale da riflettere bene la radiazione solare. Tanto per dare un’idea, lo spessore della vela sarà inferiore a quello di un capello umano.
L’obiettivo della missione Scout sarà l’asteroide near-Earth 2020 GE, un piccolo corpo di circa 18 metri di diametro, grosso modo le dimensioni dell’asteroide che il 15 febbraio 2013 esplose a circa 30 km di quota sopra la città russa di Chelyabinsk.
Sarà una “prima” assoluta perché gli asteroidi più piccoli di 100 metri di diametro non sono mai stati esplorati direttamente. Il veicolo spaziale utilizzerà la sua telecamera per misurare le dimensioni, la forma, il periodo di rotazione, l’albedo e le caratteristiche spettrali dell’asteroide. Cercherà anche polvere e detriti che potrebbero circondare 2020 GE. Poiché la fotocamera ha una risoluzione inferiore ai 10 centimetri per pixel, il team scientifico della missione sarà in grado di determinare se la struttura di 2020 GE è monolitica, come un masso, oppure se è un agglomerato di polveri e rocce come l’asteroide Bennu ossia un rubble pile. La Nea Scout – insieme ad altre piccole sonde – sarà un carico secondario del lancio di prova senza equipaggio di Artemis I, in cui un razzo vettore Space Launch System metterà in orbita attorno alla Luna una capsula Orion Multi-Purpose Crew Vehicle. La data di lancio di Artemis I non è ancora stata fissata, si sa solo che non sarà prima del marzo 2022.
Dopo il dispiegamento nello spazio cislunare, Nea Scout dispiegherà i suoi pannelli fotovoltaici e l’antenna per le comunicazioni. Dopo un sorvolo lunare, la vela solare si dispiegherà e inizierà il controllo “a vela” della navicella. Nea Scout eseguirà quindi una serie di sorvoli lunari per ottenere una traiettoria di partenza ottimale prima di iniziare la sua crociera. L’8 settembre 2023 l’asteroide 2020 GE passerà a soli 5,7 milioni di km dalla Terra alla velocità relativa di appena 1,45 km/s e Nea Scout avrà abbastanza velocità per abbordarlo. Il centro di controllo della missione metterà a punto la traiettoria finale che seguirà Nea Scout prima che la navicella si avvicini entro un paio di km dall’asteroide: sarà un flyby lento perché la velocità relativa fra sonda e asteroide sarà di soli 30 m/s. In poche parole si sta aprendo una nuova era dell’esplorazione del Sistema solare: quella del volo a vela – e gli asteroidi near-Earth fanno da apripista.