Prevedere le tempeste solari è difficile. Si ritiene che siano più probabili durante una fase attiva del Sole (o massimo solare), ovvero durante il ciclo delle macchie solari. Tuttavia, un nuovo studio pubblicato lo scorso gennaio su Nature Communications dimostra che questa regola potrebbe venir meno per le tempeste molto grandi.
«Questo progetto è iniziato quando abbiamo notato un picco, circa 9200 anni fa, in alcuni record di berillio delle carote di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide, che erano stati misurati molti anni fa a bassa risoluzione», racconta a Media Inaf Chiara Paleari, dottoranda all’università di Lund e prima autrice dello studio. In quel periodo, per l’appunto, il Sole si trovava in una fase passiva. «Essendo questi, poi, confermati da picchi nel carbonio-14, abbiamo deciso di campionare il ghiaccio di altre due carote della Groenlandia per ottenere campioni con risoluzione di circa un anno in cui misurare berillio e cloro».
Berillio, cloro e carbonio-14: cos’ha a che fare la presenza di questi elementi nel ghiaccio con il verificarsi di una tempesta solare? «Quando le particelle accelerate dalle tempeste solari raggiungono la nostra atmosfera», spiega Paleari, «reagiscono con i suoi componenti (come ossigeno, azoto e argon, per esempio), e da queste reazioni vengono prodotti i radionuclidi cosmogenici, tra cui il berillio-10, il cloro-36 e il carbonio-14. Questi vengono poi trasportati nell’atmosfera e il berillio e il cloro si vanno a depositare nelle carote di ghiaccio. Quando misuriamo i radionuclidi nelle carote di ghiaccio, se troviamo picchi in berillio e cloro, allora possiamo dire che siamo di fronte a una tempesta solare. Ci devono essere entrambi, non si può avere la certezza avendo trovato solo picchi in berillio poiché questi possono essere causati anche da altri fenomeni, come le eruzioni vulcaniche».
E mentre berillio e cloro sono testimoni necessari e sufficienti di una tempesta solare, la certezza si può avere, ad esempio, andando a cercare prove incrociate: guardare direttamente l’attività del Sole, ad esempio, oppure cercare di rilevare tracce di altri elementi, come il carbonio-14.
«In linea teorica», continua la ricercatrice, «una verifica potrebbe provenire dal monitoraggio diretto dell’attività solare. Per ricostruire l’attività solare di migliaia di anni fa, tuttavia, bisogna utilizzare dei proxy, non esistono misure dirette. Per verificare le nostre osservazioni, invece, si può per esempio controllare se esiste un picco anche nel carbonio-14, che in questo caso è stato trovato».
Nessun dubbio quindi: circa 9200 anni fa c’è stata una tempesta solare, una delle più intense mai avvenute. Fra quelle finora scoperte e ricostruite, questa si contende il primato con un’altra altrettanto intensa avvenuta nel 774/5 d.C. L’analisi del carbonio-14 condotta in questo studio, inoltre, ha anche rivelato un altro evento significativo risalente a circa 7200 anni fa.
Ma cosa accadrebbe se una tempesta del genere avesse luogo oggi? «Tra gli eventi della storia recente simili a quello che abbiamo trovato nelle carote di ghiaccio, il più intenso è quello del 1956. Negli ultimi cento anni, tuttavia, ci sono state molte tempeste solari che hanno avuto effetti sulle nostre tecnologie, come nel caso del blackout del Québec nel 1989 e della Svezia nel 2003. Pare perfino che delle mine siano esplose a causa di una tempesta solare durante la guerra del Vietnam,» ricorda Paleari. «Gli eventi di cui parliamo nel nostro studio sono però più intensi. Io mi occupo di carote di ghiaccio, non so dire con precisione quali conseguenze un evento del genere potrebbe avere sulla nostra società. Probabilmente potrebbe danneggiare i satelliti, e ovviamente sarebbe un pericolo per gli astronauti nello spazio. Se l’evento fosse poi seguito da una tempesta geomagnetica, potrebbe danneggiare le reti elettriche».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Communications l’articolo “Cosmogenic radionuclides reveal an extreme solar particle storm near a solar minimum 9125 years BP”, di Chiara I. Paleari, Florian Mekhaldi, Florian Adolphi, Marcus Christl, Christof Vockenhuber, Philip Gautschi, Jürg Beer, Nicolas Brehm, Tobias Erhardt, Hans-Arno Synal, Lukas Wacker, Frank Wilhelms e Raimund Muscheler
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