La sonda Parker Solar Probe ha catturato le sue prime, spettacolari, immagini in luce visibile della superficie del pianeta gemello del nostro: Venere.
Parker Solar Probe ha iniziato il suo viaggio verso la nostra stella il 12 agosto 2018. L’obiettivo della missione scientifica targata Nasa è quello di svelare i misteri della corona solare e del vento solare. Per fare ciò, la sonda dovrà utilizzare la gravità di Venere per avvicinarsi gradualmente al Sole. Sette passaggi ravvicinati, in quasi sette anni di missione, le permetteranno entro il 2025 di “toccare il Sole”, avvicinandoci come nessun altro veicolo spaziale ha mai fatto prima, arrivando a “soli” 6,2 milioni di chilometri di distanza dalla sua fotosfera – sette volte più vicino dell’attuale detentore del record, la navicella spaziale Helios 2.
Attualmente a circa 213 milioni di km dalla Terra, a luglio 2020 e a febbraio 2021 la sonda ha eseguito, rispettivamente, il terzo e quarto sorvolo di Venere. Un’occasione ghiotta per vestire i panni da “fotoreporter d’assalto” e immortalare con la fotocamera grandangolare Wispr – progettata per acquisire immagini della corona solare, dell’eliosfera e del vento solare – tutta la bellezza di Venere di notte alle lunghezze d’onda della luce visibile. Immagini che sono valse una pubblicazione sulla rivista Geophysical Research Letter e che possono aiutare gli scienziati a conoscere meglio la geologia, la mineralogia e l’evoluzione del pianeta. Non solo, date alcune somiglianze di Venere con la Terra – è considerato il suo “gemello diverso” – queste informazioni possono aiutare gli scienziati a capire perché il pianeta non sia divenuto come il nostro: un’oasi ospitale; anche se spesso ce ne dimentichiamo.
«Venere è il terzo corpo celeste più luminoso del cielo, ma fino ad ora non abbiamo avuto molte informazioni sull’aspetto della sua superficie, perché la nostra visione è bloccata dalla sua densa atmosfera», spiega Brian Wood, fisico presso il Naval Research Laboratory di Washington D.C. e primo autore del nuovo studio. «Ora, finalmente, possiamo vederne la superficie alle lunghezze d’onda del visibile per la prima volta dallo spazio».
Le prime immagini di Venere sono state ottenute l’11 luglio 2020 da una distanza di circa 800 km dalla sua superficie, quando la sonda si trovava indaffarata a compiere il terzo dei sorvoli necessari per portarla sempre più vicino al Sole. Un momento buono, hanno pensato i membri del team che gestisce lo strumento, per buttare un occhio alla densa coltre di nubi di acido solforico del lato notturno del pianeta. Anche perché, dicono i ricercatori, l’orbita del veicolo spaziale era perfettamente allineata affinché lo strumento Wispr potesse osservare il lato notturno di Venere nella sua interezza.
«L’obiettivo del sorvolo era misurare la velocità delle nuvole», sottolinea il project scientist dello strumento Wispr, Angelos Vourlidas, ricercatore presso il Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory e coautore dell’articolo. Ma invece di vedere le sole nubi che velano il cielo di Venere, Wispr ha immortalato anche la superficie del pianeta. Le immagini sono state così sorprendenti che gli scienziati hanno deciso di riaccendere le telecamere anche durante il quarto passaggio ravvicinato, avvenuto il 20 febbraio 2021.
Su Venere le nuvole bloccano la maggior parte della luce visibile proveniente dalla superficie, ma le lunghezze d’onda più lunghe, quelle che confinano con il vicino infrarosso, riescono a passare, spiegano i ricercatori. Di giorno, questa luce rossa si perde in mezzo a quella del Sole riflessa dalle stesse nubi, ma nell’oscurità della notte le telecamere Wispr sono state in grado di captare questo debole bagliore causato dall’incredibile calore emanato dalla superficie.
«La superficie di Venere è di circa 470 gradi Celsius anche sul lato notturno», aggiunge Wood. «Calda al punto da essere visibilmente luminosa, come lo è un blocco di ferro estratto da una fornace».
Wispr ha registrato segnali a una gamma di lunghezze d’onda che vanno da 470 nanometri a 800 nanometri. Parte di quella luce è nel vicino infrarosso – lunghezze d’onda che non possiamo vedere, dunque, ma percepiamo come calore –, parte è invece nella banda della luce visibile, tra 380 nanometri e circa 750 nanometri.
Nelle immagini è possibile osservare molte caratteristiche della superficie venusiana: la vasta regione Aphrodite Terra, l’altopiano di Tellus Regio e le distese di Aino Planitia, che si presentano come macchie scure poiché, trovandosi a un’altitudine più elevata, sono circa 30 gradi più fredde dei bassopiani. Le immagini, inoltre, mostrano un anello luminoso attorno al bordo del pianeta causato dagli atomi di ossigeno che emettono luce nell’atmosfera. Questo effetto, chiamato airglow, si verifica anche nell’atmosfera terrestre, dove è visibile dallo spazio e talvolta di notte anche dalla Terra.
Oltre a fornire una panoramica delle caratteristiche superficiali del lato notturno di Venere, le nuove immagini della sonda Parker Solar Probe aiuteranno gli scienziati a comprendere meglio la sua geologia e la composizione mineralogica delle rocce. Combinando infatti le nuove immagini con quelle ottenute precedentemente, gli scienziati hanno ora una gamma più ampia di lunghezze d’onda da studiare, che possono aiutare a identificare quali minerali si trovino sulla superficie del pianeta.
Non solo. Queste informazioni sono fondamentali anche per comprendere l’evoluzione del pianeta. Venere, Terra e Marte si sono formati tutti nello stesso periodo. Oggi tuttavia sono mondi molto diversi: l’atmosfera su Marte è una frazione di quella terrestre, mentre Venere ha un’atmosfera molto più densa. Gli scienziati sospettano che un ruolo importante nella creazione di questa densa atmosfera venusiana l’abbia giocato il suo vulcanesimo, ma sono necessari più dati per sapere come. Le nuove immagini Wispr potrebbero fornire indizi su come questi vulcani possano aver influenzato l’atmosfera del pianeta.
Sebbene l’obiettivo principale di Parker Solar Probe sia la scienza solare, i sorvoli di Venere stanno fornendo interessanti opportunità anche per dati “bonus” che non erano previsti dalla missione.
Dall’anello di polvere orbitale (particelle di polvere microscopica che circolano attorno al Sole lungo l’orbita di Venere), ripreso sempre da Wispr, alle misurazioni dirette delle onde radio nell’atmosfera venusiana fatte dallo strumento Fields. Dai risultati sulla coda di plasma – chiamata tail ray, simile a una cometa che fuoriesce dall’atmosfera di Venere – fino a queste recenti immagini, Parker Solar Probe sta facendo scienza “extra” che sta aiutando gli scienziati a capire come l’atmosfera superiore cambia durante il ciclo undecennale del Sole e il modo in cui l’acqua sia scomparsa dal pianeta, contribuendo al suo attuale ambiente secco e inospitale.
Sebbene la geometria dei prossimi due passaggi ravvicinati probabilmente non consentirà alla sonda di immortalare ancora una volta il lato notturno, fa sapere il team della missione, si continueranno a utilizzare gli altri strumenti a bordo per studiare Venere. L’ultima data utile per osservarlo è novembre 2024, durante il suo settimo e ultimo sorvolo.
Per saperne di più:
- Leggi su Geophysical Research Letter l’articolo “Parker Solar Probe Imaging of the Night Side of Venus” di Brian E. Wood, Phillip Hess, Jacob Lustig-Yaeger, Brendan Gallagher, Daniel Korwan, Nathan Rich, Guillermo Stenborg, Arnaud Thernisien, Syed N. Qadri, Freddie Santiago, Javier Peralta, Giada N. Arney, Noam R. Izenberg, Angelos Vourlidas, Mark G. Linton, Russell A. Howard e Nour E. Raouafi
Guarda il video sul canale YouTube del NASA’s Goddard Space Flight Center: