È il momento di sgranchire gli specchi, per il telescopio spaziale James Webb. Il lancio, lo ricordiamo, era avvenuto il giorno di Natale 2021, a bordo di un Ariane 5 che ha eseguito ogni operazione nel miglior modo possibile, facendo risparmiare tempo e soprattutto carburante all’osservatorio spaziale e, di fatto, allungandone la vita. Un mese dopo, il 25 gennaio, Webb è giunto a destinazione, nel punto lagrangiano secondo (L2) a circa 1.5 milioni di chilometri dalla Terra, e ha dato il via alla fase di test e calibrazione degli strumenti.
Primo fra tutti, l’allineamento dello specchio primario, composto da 18 specchi esagonali in berillio. Lo strumento incaricato di farlo è la Near Infrared Camera (NirCam), l’imager principale e strumento di prima luce del telescopio spaziale. La candidata scelta è una stella brillante, facilmente riconoscibile e relativamente isolata nella costellazione dell’Orsa Maggiore (Hd 84406) che è stata ripetutamente osservata con ogni segmento dello specchio. Il risultato finale è un mosaico di 18 punti (ciascuno una stella) disposti in modo casuale. Questa è la base per allineare e mettere a fuoco il telescopio. Nel giro di circa un mese, infatti, scienziati e ingegneri della missione regoleranno gradualmente i segmenti dello specchio fino a quando le 18 immagini diventeranno una singola stella.
L’importanza di questa prima prova, comunque, non è solo quella di dare il via alle manovre di allineamento. È, innanzitutto, una prima verifica – andata a buon fine – della funzionalità di NirCam. Oltre agli scopi scientifici, questo strumento dispone di un sensore di fronte d’onda pensato proprio per controllare l’allineamento degli specchi di Webb in questa prima fase, e durante tutta la sua vita. NirCam ha un ampio campo di vista e la capacità unica di operare in sicurezza a temperature più elevate rispetto agli altri strumenti. In questo momento, infatti, mentre cattura queste prime immagini lo strumento sta operando molto al di sopra della sua temperatura ideale, cosa che può produrre alcuni artefatti visivi. L’impatto di questi artefatti diminuirà significativamente quando Webb si avvicinerà alle sue temperature operative criogeniche ideali.
La raccolta delle immagini che potete osservare in alto a destra è cominciata il 2 febbraio, quando il telescopio è stato puntato su 156 posizioni diverse intorno alle coordinate della stella, generando 1560 immagini e un totale di 54 gigabyte di dati grezzi. L’intero processo è durato quasi 25 ore, ma il telescopio è stato in grado di localizzare la stella bersaglio in ciascuno dei suoi segmenti di specchio entro le prime sei ore e 16 esposizioni. Queste immagini sono state poi unite per produrre un singolo, grande mosaico che cattura la firma di ogni segmento dello specchio primario in un unico fotogramma. L’immagine mostrata qui, comunque, è solo la porzione centrale di un mosaico più grande: un’immagine enorme con oltre 2 miliardi di pixel.
«Questa ricerca iniziale ha coperto un’area delle dimensioni della Luna piena, perché le immagini di ciascun segmento avrebbero potuto essere distanziate così tanto nel cielo», dice Marshall Perrin, deputy telescope scientist di Webb e astronomo dello Space Telescope Science Institute. «Prendere così tanti dati proprio il primo giorno ha richiesto che tutte le operazioni scientifiche di Webb e i sistemi di elaborazione dati qui sulla Terra lavorassero senza problemi fin dall’inizio. E il risultato è che abbiamo visto la luce della stella in tutti i 18 segmenti molto vicino al centro. Questo è un ottimo punto di partenza per l’allineamento dello specchio».
Non ha regalato solo immagini celesti, NirCam. In linea con i tempi, non poteva certo mancare un selfie del telescopio, o meglio del suo specchio primario, prima di cominciare le operazioni. All’interno dello strumento, infatti, una lente specializzata consente di scattare immagini del primario per controllare la posizione degli specchi e il loro allineamento. Una funzionalità che non verrà impiegata durante le operazioni scientifiche, ma solo in questa fase.
Prima luce fatta, dunque, e da qui si può solo migliorare: gli scienziati si aspettano che d’ora in avanti le immagini di Webb diventeranno più chiare, più ricche di dettagli e più intricate man mano che tutti gli strumenti raggiungeranno le loro temperature operative e inizieranno a raccogliere dati. Le prime immagini scientifiche dovrebbero essere diffuse, alla comunità scientifica e al pubblico, in estate.
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