Spazio e tempo sono intimamente interconnessi. Al punto che se spostiamo un orologio verso l’alto quello prende a correre un po’ più in fretta. Il motivo è la cosiddetta dilatazione gravitazionale del tempo: un fenomeno previsto oltre cento anni fa dalla relatività generale di Einstein e ben noto, per esempio, ai progettisti di sistemi Gps, che per calcolare correttamente la posizione in cui ci troviamo devono apportare correzioni relativistiche, visto che gli orologi dei satelliti si trovano molto più in alto dei nostri – e dunque soggetti a una minore gravità.
Volendo sfruttare il fenomeno al contrario, se invece di correggere lo scarto misurassimo quanto è grande, potremmo calcolare a ritroso l’altitudine di quei satelliti: tralasciando qui per semplicità un altro effetto relativistico (previsto dalla relatività ristretta, e dipendente non dalla gravità ma dalla velocità), guardando quanto gli orologi a bordo dei satelliti vanno più veloci dei nostri saremmo in grado di dire a che altezza orbitano. Com’è stato fatto con successo già fin dal 1976 con l’esperimento su razzo Gravity Probe A, per esempio.
Ma a che precisione possiamo arrivare? Dipende essenzialmente dagli orologi che usiamo, e negli ultimi tempi i progressi sono stati impressionanti. Già da qualche anno disponiamo di orologi atomici tali da rilevare la diversa pendenza della curvatura dello spaziotempo – perché in fin dei conti di questo si tratta – per distanze verticali di pochi centimetri.
Due articoli pubblicati oggi su Nature annunciano ora un ulteriore passo avanti: dai centimetri le distanze si sono ridotte al millimetro. Guidati uno dagli scienziati del Jila e l’altro da quelli della University of Wisconsin-Madison, entrambe istituzioni statunitensi, sfruttano tutt’e due apparati sperimentali a base di atomi di stronzio, portati a temperature ultrafredde e controllati con fasci di luce laser. Noti come orologi atomici a reticolo ottico, sono dispositivi in grado di misurare le differenze di tempo con una precisione equivalente a perdere un solo secondo ogni 300 miliardi di anni.
Usando uno di questi reticoli ottici, nei laboratori del Jila gli scienziati sono addirittura riusciti a rilevare il diverso redshift gravitazionale ai due estremi di un’unica nube di centomila atomi di stronzio. Lo spostamento verso il rosso era minuscolo, attorno a 10-20, come previsto dalla relatività generale. Dopo 90 ore di acquisizione dati, la precisione raggiunta era 50 volte migliore rispetto a quella di qualsiasi altra misura con orologi atomici ottenuta in precedenza.
«Stiamo passando a un mondo completamente nuovo, un regime in cui è possibile esplorare la meccanica quantistica nello spazio-tempo curvo», dice uno degli autori dello studio, Jun Ye del Jila. «Se riusciremo a misurare il redshift con una precisione dieci volte superiore a questa, saremo in grado di vedere le onde di materia degli atomi attraverso la curvatura dello spazio-tempo. Misurare la differenza di tempo su una scala così piccola potrebbe permetterci di scoprire, ad esempio, che la gravità interrompe la coerenza quantistica, il che potrebbe spiegare perché il nostro mondo a scala macroscopica è classico».
Indagini all’intersezione fra relatività generale e meccanica quantistica a parte, questi progressi nel campo degli orologi atomici – grazie alla loro sensibilità ai campi gravitazionali – potranno avere un ruolo importante per la geodesia e persino negli studi sulla materia oscura, il cui effetto sulla curvatura dello spazio-tempo potrebbe risultare misurabile su piccola scala.
«Immaginate una nube di materia oscura che transita attraverso una rete di orologi: è possibile che, confrontandoli, si riesca a vedere questa materia oscura?», si chiede Shimon Kolkowitz, della University of Wisconsin-Madison, anch’egli autore di uno dei due studi. «È un esperimento al di là della portata di qualunque apparato sperimentale prima disponibile, ma da oggi è possibile farlo».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “Resolving the gravitational redshift across a millimetre-scale atomic sample”, di Tobias Bothwell, Colin J. Kennedy, Alexander Aeppli, Dhruv Kedar, John M. Robinson, Eric Oelker, Alexander Staron e Jun Ye
- Leggi su Nature l’articolo “Differential clock comparisons with a multiplexed optical lattice clock”, di Xin Zheng, Jonathan Dolde, Varun Lochab, Brett N. Merriman, Haoran Li e Shimon Kolkowitz
Sul fenomeno della dilatazione del tempo, suggeriamo il video di Gabriele Ghisellini: