Un gruppo internazionale di astronomi guidati da un ricercatore dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) ha “fotografato” la più estesa onda d’urto cosmica visibile dalla Terra, ampia diversi milioni di anni luce. Nello specifico, queste gigantesche onde d’urto sono molto più grandi di una galassia come la nostra Via Lattea, e si formano in seguito allo scontro tra ammassi di galassie, gli eventi più energetici dopo il Big Bang. Le osservazioni sono state realizzate con le antenne del radiotelescopio MeerKat, situato in Sudafrica e gestito dal South African Radio Astronomy Observatory (Sarao). Si tratta dello studio più dettagliato di onde d’urto cosmiche prodotte durante la collisione di due enormi ammassi di galassie più di un miliardo di anni fa. I risultati delle osservazioni verranno pubblicati sulla rivista Astronomy & Astrophysics.
L’universo è popolato da galassie che non sono distribuite uniformemente, ma concentrate in vaste strutture che spesso contengono migliaia di galassie: gli ammassi di galassie. A volte, due ammassi di galassie iniziano ad attrarsi a vicenda a causa della forza gravitazionale e questo porta a un’inevitabile e drammatica collisione. Le collisioni di ammassi di galassie sono gli eventi più potenti che si verificano nell’universo dalla sua formazione. Avvenuto lo scontro, gli astronomi possono assistere alla propagazione di una coppia di gigantesche onde d’urto (dette anche shock wave) attraverso l’ammasso appena formato. Lo scontro che ha innescato l’onda d’urto osservata dal team ha prodotto l’ammasso di galassie denominato Abell 3667.
«Queste strutture sono piene di sorprese e molto più complesse di quanto si pensasse inizialmente», spiega Francesco de Gasperin, primo autore dell’articolo e ricercatore dell’Inaf di Bologna e dell’Università di Amburgo. «Le onde d’urto agiscono come giganteschi acceleratori di particelle che spingono gli elettroni a velocità prossime a quella della luce. Quando questi elettroni veloci attraversano un campo magnetico, emettono le onde radio che vediamo. Un intricato schema di filamenti luminosi traccia la posizione di gigantesche linee di campo magnetico e delle regioni in cui gli elettroni sono accelerati».
Le onde d’urto descritte nell’articolo si stanno ancora propagando attraverso l’ammasso di galassie appena formato ad una velocità molto elevata, circa 1500 chilometri al secondo: per capire meglio, il fronte dell’onda d’urto attraverserebbe la Terra nel tempo necessario per leggere questa frase! La dimensione dell’onda d’urto principale è impressionante: copre l’intera larghezza dell’ammasso di galassie per una dimensione totale di 6,5 milioni di anni luce. Per fare un confronto, la Via Lattea è più di 60 volte più piccola di questa onda d’urto».
Le antenne del radiotelescopio MeerKat (precursore del progetto Ska, che sarà il più grande radiotelescopio mai realizzato) sono situate nell’emisfero Sud della Terra, il posto giusto per osservare questa specifica ed unica onda d’urto.
«MeerKat è funzionante solo da pochi anni», aggiunge il ricercatore, «e permette di fare una cosa che nel mondo radio è abbastanza complicata, ovvero realizzare immagini di strutture molto estese con alto dettaglio, mentre di solito l’una esclude l’altra. MeerKat permette inoltre di studiare la polarizzazione della radiazione radio, che è uno dei rari modi che abbiamo per studiare i campi magnetici nel nostro universo».
MeerKat utilizza tecniche avanzate di interferometria radio: più telescopi che lavorano in modo coordinato per ottenere un livello di dettaglio superiore e osservare oggetti più lontani con una elevata precisione. I dati raccolti da MeerKat raggiungono un supercomputer (chiamato correlatore) che può processare fino a 275 Gb al secondo di dati e che simula un telescopio virtuale grande tanto quanto l’area in cui i telescopi sono installati. Nel caso del radiotelescopio sudafricano, un cerchio di 8 chilometri di diametro.
«L’immagine è la più definita ottenuta finora di un cluster shock unico per le sue caratteristiche, perciò possiamo sfruttarla per fare uno studio dettagliato delle sottostrutture dell’oggetto in questione», sottolinea de Gasperin. «Gli shock sembrano composti non da una singola onda d’urto che si propaga pulita e uniforme, bensì da un complesso di onde d’urto più piccole e di varie intensità. Queste informazioni ora saranno passate ai simulatori che raffineranno i loro codici per riprodurle e chiarire la natura di questi oggetti».
Per saperne di più:
- Leggi il preprint dell’articolo in uscita su Astronomy & Astrophysics “MeerKAT view of the diffuse radio sources in Abell 3667 and their interactions with the thermal plasma”, di F. de Gasperin, L. Rudnick, A. Finoguenov, D. Wittor, H. Akamatsu, M. Brüggen, J. O. Chibueze, T. E. Clarke, W. Cotton, V. Cuciti, P. Domínguez-Fernández, K. Knowles, S. P. O’Sullivan e L. Sebokolodi