Le sue prime osservazioni del disco solare, nel 2020, ci avevano lasciato subito a bocca aperta, segnando due record: l’immagine a più alta risoluzione della superficie solare e, dopo qualche mese, la più nitida ripresa di una macchia solare. Ora, completato il ciclo di test preliminari, segnato da ritardi legati anche in questo caso alla pandemia da Covid-19, il telescopio Daniel K. Inouye Solar Telescope (Dkist) entra finalmente nella sua fase di piena attività scientifica. È il coronamento di un progetto sviluppato nel corso di oltre 25 anni.
Il Dkist è ad oggi il più avanzato telescopio solare terrestre, dotato di uno specchio principale di quattro metri di diametro, un complesso sistema di raffreddamento necessario a smaltire il grande calore prodotto dalla radiazione solare captata e una suite di strumenti all’avanguardia, supportati anche da un modulo di ottiche adattive, che migliora la qualità delle immagini riducendo drasticamente gli effetti di “mosso” prodotti dalla turbolenza atmosferica. Dkist osserva il Sole dalla sommità del cratere Haleakala, a oltre tremila metri di quota, sull’isola di Maui, nell’arcipelago delle Hawaii.
«Siamo orgogliosi di mettere a disposizione della comunità scientifica mondiale il più potente telescopio solare», dice Sethuraman Panchanathan, direttore della National Science Foundation, l’agenzia federale statunitense che gestisce il telescopio. «Il Dkist è una meraviglia tecnologica moderna, intitolata al senatore Inouye, un eroe e un leader che si è speso per la ricerca e le scoperte scientifiche».
Con l’entrata del telescopio nella fase di piena attività, gli scienziati avranno a disposizione un formidabile strumento per misurare con grande precisione le caratteristiche dei campi magnetici associati alle macchie solari, ai brillamenti e alle espulsioni di massa coronale, oltre che raccogliere immagini dettagliate del disco della nostra stella. Tutte informazioni che saranno di fondamentale importanza per comprendere meglio i fenomeni fisici e l’attività del Sole, fornendo agli scienziati che si occupano della meteorologia dello spazio (space weather) nuove informazioni per prevedere l’innesco e lo sviluppo di fenomeni che possono avere un impatto nello spazio interplanetario e, soprattutto, sull’ambiente terrestre.
Per saperne di più:
- “Mai visto un Sole così“, intervista di Media Inaf alla ricercatrice Gianna Cauzzi
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