SISTEMI QUANTISTICI DA LABORATORIO PER STUDIARE LA RADIAZIONE DI HAWKING

Un micro buco nero per il suono

Tre fisici della Louisiana State University hanno mostrato come sia possibile controllare l’emissione della radiazione di Hawking in sistemi quantistici producibili in laboratorio. Sembra quindi essere possibile studiare questo fenomeno fino a poco tempo fa ritenuto inaccessibile dal punto di vista sperimentale. Media Inaf ha intervistato Stefano Marcellini, fisico e divulgatore scientifico dell’Infn

     11/03/2022

Rappresentazione artistica di sistemi ottici contenenti l’analogo di una coppia di buchi bianchi-buchi neri. Crediti: studenti PhD di Anthony Brady, ricercatore post-doc presso l’Università dell’Arizona

Tre fisici della Louisiana State University (Lsu) hanno impiegato tecniche della teoria quantistica dell’informazione per rivelare un meccanismo capace di amplificare o stimolare in modo controllato l’entanglement nell’effetto Hawking, proponendo un protocollo per testare questa idea in laboratorio utilizzando orizzonti degli eventi prodotti artificialmente. Lo studio è stato pubblicato su Physical Review Letters e presenta le idee degli autori, oltre a possibili applicazioni a sistemi ottici contenenti un analogo di una coppia buco biancobuco nero.

I buchi neri sono tra gli oggetti più enigmatici e affascinanti dell’universo, soprattutto per via del fatto che il loro funzionamento è nascosto da un velo completamente oscurante, l’orizzonte degli eventi. Il loro campo gravitazionale è così intenso che nulla di ciò che accade al loro interno può uscire e arrivare fino a noi. Al contrario, tutto quello che cadendo verso il buco nero dovesse incautamente superare l’orizzonte degli eventi non potrebbe più tornare indietro a raccontarcelo. Questo recente lavoro scientifico getta nuova luce su come studiare le proprietà di questi oggetti misteriosi, offrendo intriganti e per certi versi inaspettate prospettive. Media Inaf  ne ha parlato con Stefano Marcellini, fisico e divulgatore scientifico dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, non coinvolto nello studio uscito su Physical Review Letters.

Marcellini, che cos’è la radiazione di Hawking? Non si era detto che dai buchi neri non esce nulla?

«La storia inizia con Steven Hawking, che nel 1974 formulò una celebre teoria che prevede che, su tempi lunghissimi, i buchi neri che non ricevono contributi di materia dall’esterno debbano prima o poi evaporare tramite emissione di particelle, e quindi svanire lentamente. Grazie alla meccanica quantistica, infatti, i buchi neri devono continuamente emettere particelle in prossimità del loro orizzonte degli eventi, cosa che si traduce in una progressiva riduzione della loro massa. Questo processo si chiama radiazione di Hawking ed è un fenomeno lentissimo per buchi neri molto massivi, ma veloce per buchi neri microscopici. Un fenomeno che però non è mai stato osservato, perché completamente oscurato dai processi astrofisici ben più eclatanti e catastrofici che avvengono dove la materia viene risucchiata dentro un buco nero. Verificare l’esistenza della radiazione di Hawking in un buco nero astrofisico è quindi estremamente problematico, se non impossibile dal punto di vista pratico, anche perché finora solo nei film di fantascienza ci si è avventurati nei paraggi di un buco nero e si è poi tornati per raccontarlo».

Questi ricercatori però dicono che sia possibile farlo… come?

«Nel 1981 un importante lavoro teorico di William Unruh dimostrò che qualunque sistema caratterizzato da un orizzonte degli eventi – non necessariamente di origine gravitazionale – deve emettere radiazione analoga alla radiazione di Hawking, e questa radiazione deve avere la caratteristica di essere entangled alla sorgente emettitrice».

Cosa significa essere entangled?

«L’entanglement (entangled vuol dire intrecciato, allacciato) è un fenomeno previsto dalla meccanica quantistica, e da qualche decennio ampiamente studiato, oltre che dimostrato nella sua esistenza. Esso consiste nel fatto che, in opportuni sistemi quantistici, si possano produrre coppie di particelle accumunate da una correlazione delle loro proprietà (come se fossero alto-basso, bello-brutto, biondo-bruno, per capirci). Però la meccanica quantistica stessa afferma che prima di effettuare la misura della proprietà di una delle due particelle, le due particelle hanno entrambe le proprietà contemporaneamente. Solo nell’atto della misura delle proprietà di una delle due particelle, l’altra, istantaneamente, ovunque essa sia, assume la proprietà corrispondente. Il lavoro di Unruh mostrò che anche le particelle della radiazione di Hawking emesse dai buchi neri devono avere questa proprietà: devono essere entangled, ovvero la particella che si allontana dal buco nero è “allacciata” con quella che cade dentro il buco nero. L’entanglement è quindi una caratteristica specifica della radiazione di Hawking».

Stefano Marcellini si è laureato in fisica all’Università di Bologna, e ha sempre lavorato come fisico sperimentale a esperimenti agli acceleratori del Cern. Si occupa anche di divulgazione scientifica, rivolta a studenti e al pubblico, tenendo conferenze, interventi per le scuole, corsi e seminari per insegnanti, e partecipa a progetti di Terza missione per l’Istituto nazionale di fisica nucleare. Tiene un blog in cui scrive di scienza in un modo non sempre convenzionale. Crediti: S. Marcellini

Gli autori sostengono che sia possibile misurarla in laboratorio. Com’è possibile?

«Il lavoro di William Unruh, applicandosi a tutti i sistemi che hanno un orizzonte degli eventi, mostrò anche che è possibile verificare questo fenomeno non solo con i buchi neri astrofisici, sui quali è un po’ scomodo andare a fare esperimenti – e probabilmente sarebbe anche difficile trovare volontari – ma anche in laboratorio, su sistemi quantistici che non hanno niente a che vedere con questi mostri del cielo, ma hanno comunque un orizzonte degli eventi. Un orizzonte degli eventi che in questo caso non è dovuto all’immenso campo gravitazionale, ma a fenomeni quantistici di altro tipo che intrappolano ad esempio onde sonore. Un micro buco nero per il suono, quindi. Questo buco nero quantistico molto speciale, emetterebbe anch’esso radiazione di Hawking non in termini di particelle, ma di onde sonore, che avrebbero comunque la caratteristica di essere entangled. Nel 1916 questo fenomeno è stato osservato sperimentalmente per la prima volta».

Quindi basta usare le onde sonore per verificare, in laboratorio, proprietà di questi mostri cosmici?

«Diciamo che adesso abbiamo la fantastica possibilità di verificare in laboratorio se Hawking ci aveva visto giusto. Lo possiamo fare studiando dei buchi neri speciali, usando le onde sonore. Buchi neri che concettualmente sono identici ai buchi neri astrofisici, in quanto caratterizzati dall’avere un orizzonte degli eventi. I ricercatori della Louisiana State University hanno mostrato come sistemi quantistici producibili in laboratorio possano essere studiati per capire meglio la radiazione di Hawking. Nel lavoro pubblicato mostrano infatti come, con questi sistemi, si possa amplificare l’emissione della radiazione di Hawking in questi buchi neri da laboratorio secondo le proprie esigenze, al fine di studiare al meglio questo fenomeno della Natura fino a poco tempo fa ritenuto inaccessibile dal punto di vista sperimentale. E senza rischiare di esserne risucchiati e sparire per sempre!».

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