Guardate l’immagine della Nasa proposta qui di seguito e dite se non sembrano bolle di sapone quelle che si vedono al centro della nostra galassia. Una dentro l’altra, due sopra e due sotto il piano della Via Lattea. Se lo fossero, bolle di sapone, a soffiarle non sarebbe stato certo un bambino bensì il nostro amichevole buco nero supermassiccio di quartiere, Sagittarius A* (o Sgr A*). Ma vediamo cosa sono queste gigantesche strutture, chi le ha trovate e come facciamo a dire che potrebbero essere “soffiate” dal buco nero al centro della nostra galassia.
Nel 2020, la prima mappa completa del cielo realizzata dal telescopio a raggi X eRosita ha mostrato una gigantesca struttura a clessidra che attraversa il disco della Via Lattea: due enormi bolle che si estendono molto al di sopra e al di sotto del centro della nostra galassia, chiamate bolle di eRosita. Da allora, gli astronomi hanno dibattuto parecchio sulla loro origine. Ora, è uno studio pubblicato su Nature Astronomy a suggerire che le bolle siano il risultato di potenti getti emessi dal buco nero supermassiccio al centro della Galassia, e che tali getti abbiano iniziato a far fluire materiale circa 2.6 milioni di anni fa, per una durata di circa 100mila anni.
I risultati dello studio suggeriscono anche che le stesse bolle di Fermi, scoperte nel 2010, così come una foschia a microonde generata da particelle cariche nei pressi del centro della Galassia, siano state formate dallo stesso getto di energia emesso dal buco nero supermassiccio.
Lo studio è stato condotto dalla National Tsing Hua University in collaborazione con l’Università del Michigan e l’Università del Wisconsin, servendosi dei dati di eRosita, a bordo della missione spaziale russo tedesca Spectrum-Roentgen-Gamma (Sgr), del satellite Fermi della Nasa e dei due satelliti Planck e Wmap, rispettivamente di Esa e Nasa.
«Le nostre scoperte sono importanti nel senso che dobbiamo capire come i buchi neri interagiscono con le galassie in cui si trovano, perché questa interazione consente loro di crescere in modo controllato, invece di farlo in modo incontrollabile», ha affermato l’astronomo Mateusz Ruszkowski, coautore dello studio. «Se crediamo nel modello di queste bolle di Fermi e di eRosita come indotte da buchi neri supermassicci, possiamo iniziare a rispondere a queste domande profonde».
In realtà, attualmente esistono due modelli concorrenti che spiegano queste bolle – le bolle di Fermi e quelle di eRosita, dal nome dei telescopi che le hanno osservate – spiega Ruszkowski. Il primo suggerisce che il deflusso sia guidato da una starburst – una regione in cui vi è un tasso di formazione stellare enormemente alto – in cui una stella esplode in una supernova ed espelle materiale. Il secondo modello, supportato dai risultati del team, suggerisce che questi deflussi siano guidati dall’energia espulsa da un buco nero supermassiccio al centro della Galassia.
Tali deflussi si verificano quando il materiale viaggia verso il buco nero ma non attraversa il suo orizzonte degli eventi. Poiché parte di questo materiale viene rigettato nello spazio, i buchi neri non crescono in modo incontrollabile. Ma l’energia emessa dal buco nero sposta il materiale vicino al buco nero stesso, allontanandolo e creando queste grandi bolle.
Le strutture si estendono per 11 kiloparsec – dove 1 parsec equivale a 3.26 anni luce, ovvero circa tre volte la distanza percorsa dalla luce nel corso di un anno. Le strutture, quindi, sono alte quasi 36mila anni luce. Per fare un confronto, la Via Lattea ha un diametro di 30 kiloparsec e il Sistema solare risiede a circa 8 kiloparsec dal centro della Galassia. Secondo i ricercatori, le bolle di eRosita sono circa due volte più grandi delle bolle di Fermi e si sono espanse in seguito all’onda d’urto espulsa dalle bolle di Fermi.
Gli astronomi sono interessati in particolare all’osservazione delle bolle di eRosita, perché si verificano nel nostro cortile galattico rispetto agli oggetti presenti in un’altra galassia o a distanze cosmologiche. Secondo Ruszkowski, la nostra vicinanza ai deflussi comporta che gli astronomi possono raccogliere un’enorme quantità di dati. «Non solo possiamo escludere il modello starburst, ma nell’ambito del modello di buco nero supermassiccio possiamo anche mettere a punto i parametri necessari per produrre le stesse immagini, o qualcosa di molto simile a ciò che c’è nel cielo», afferma Ruszkowski. «Possiamo limitare meglio alcune cose, come quanta energia è stata pompata in queste bolle, cosa c’è dentro alle bolle e per quanto tempo tale energia è stata emessa per produrle».
Quindi, cosa c’è dentro queste bolle? Raggi cosmici, una forma di radiazione ad alta energia. Le bolle di eRosita racchiudono le bolle di Fermi, il cui contenuto è sconosciuto. Ma i modelli dei ricercatori possono prevedere la quantità di raggi cosmici all’interno di ciascuna delle strutture. L’iniezione di energia dal buco nero ha gonfiato le bolle e l’energia stessa era sotto forma di energia cinetica, termica e di raggi cosmici. Di queste forme di energia, la missione Fermi ha potuto rilevare solo il segnale di raggi gamma dei raggi cosmici.
Per arrivare alle loro conclusioni, i ricercatori hanno eseguito simulazioni numeriche del rilascio di energia che tengono conto dell’idrodinamica, della gravità e dei raggi cosmici. «La nostra simulazione è unica in quanto tiene conto dell’interazione tra i raggi cosmici e il gas all’interno della Via Lattea. I raggi cosmici, iniettati con i getti dal buco nero, si espandono e formano le bolle di Fermi, che brillano nei raggi gamma», spiega Karen Yang, prima autrice dello studio, della National Tsing Hua University di Taiwan. «La stessa esplosione spinge il gas lontano dal centro galattico e forma un’onda d’urto che viene osservata come bolle di eRosita. La nuova osservazione delle bolle di eRosita ci ha permesso di limitare in modo più accurato la durata dell’attività del buco nero e di comprendere meglio la storia passata della nostra stessa galassia».
Secondo Ellen Zweibel, coautrice dello studio dell’Università del Wisconsin, il modello dei ricercatori esclude l’ipotesi della starburst perché il periodo di tempo in cui la starburst inietterebbe l’energia che forma le bolle sarebbe di circa 10 milioni di anni. «D’altro canto, il nostro modello di buco nero attivo prevede accuratamente le dimensioni relative delle bolle di raggi X di eRosita e delle bolle di raggi gamma di Fermi, a condizione che il tempo di iniezione di energia sia circa l’uno per cento, o un decimo di milione di anni», spiega Zweibel. «Iniettare energia per 10 milioni di anni produrrebbe bolle con un aspetto completamente diverso».
Sembra quindi che il puzzle di queste gigantesche strutture si stia finalmente componendo: «È l’opportunità di confrontare le bolle di raggi X e di raggi gamma che sta fornendo il pezzo cruciale, che prima mancava», conclude Zweibel.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Fermi and eROSITA bubbles as relics of the past activity of the Galaxy’s central black hole” di H.-Y. Karen Yang, Mateusz Ruszkowski e Ellen G. Zweibel