Spiderweb è un lontanissimo – e dunque antichissimo – protoammasso di galassie: un’enorme regione del cosmo ad alta densità di materia in procinto di trasformarsi in un ammasso di galassie vero e proprio, ovvero un insieme di galassie legate fra loro dalla gravità. Nel cuore del protoammasso alberga l’omonima Galassia Ragnatela – dall’inglese spiderweb, appunto. Così soprannominata nel 2006 dall’astronomo George Miley per il suo aspetto, che ricorda quello della tela d’un ragno nella quale siano rimaste impigliate delle mosche, che altro poi non sono se non le piccole galassie che le stanno cadendo addosso mentre stanno freneticamente formando stelle.
Osservando il protoammasso in banda X con il telescopio spaziale Chandra della Nasa, un team di astrofisici guidato da Paolo Tozzi dell’Inaf di Arcetri e Laura Pentericci dell’Inaf di Roma è ora riuscito a scoprire che almeno un quarto di tutte le galassie massicce presenti nel protoammasso ospitano un nucleo galattico attivo. In altre parole il loro buco nero sta accrescendo gas, e di conseguenza emette radiazione ad altissima energia.
«Il 25 per cento di nuclei attivi è una frazione notevole: di solito, nel campo, ovvero in zone di universo con densità nella media, solo qualche percento di tutte le galassie ospita un nucleo galattico attivo alle intensità che abbiamo misurato», spiega Tozzi a Media Inaf. «Questo risultato ci dà una misura degli effetti cosiddetti “di ambiente” che agiscono sulle galassie che fanno parte del protoammasso, trasformandole in galassie con alta formazione stellare e, come abbiamo osservato, in nuclei galattici attivi».
Un risultato, riportato in un articolo in uscita su Astronomy & Astrophysics, ottenuto grazie all’eccellente risoluzione in banda X di Chandra – inferiore all’arcosecondo, ovvero «il sogno di Riccardo Giacconi diventato realtà», dice Tozzi ricordando l’astrofisico premio Nobel – e a una misura mai così accurata alla distanza alla quale si trova la Galassia Ragnatela: in gergo astrofisico, si trova a z=2.156, ovvero la sua luce ha impiegato oltre 10.5 miliardi di anni per giungere fino a noi.
L’intensificarsi della formazione stellare e l’accrescimento dei buchi neri supermassicci delle galassie in esso presenti – da cui l’attività del loro nucleo – sono processi ad alta energia caratteristici della fase di passaggio da protoammasso ad ammasso. Per osservare questi buchi neri in crescita e misurare la loro attività, il team guidato da Tozzi – che vede la presenza di ben nove ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica, oltre ad altri collaboratori in Italia e all’estero – ha tenuto il telescopio di Chandra puntato verso il protoammasso per oltre otto giorni – per l’esattezza, 700mila secondi.
I dati raccolti confermano il banchettare frenetico dei buchi neri supermassicci presenti nel protoammasso, documentato dall’intensa emissione di raggi X prodotta dal materiale che precipita verso di essi. A renderli così voraci – o meglio, a far sì che non manchi mai loro il nutrimento – potrebbe essere l’elevato tasso di collisioni e interazioni fra le galassie, che finisce per “ingozzare” di gas il buco nero al centro di ciascuna di esse. Un’altra spiegazione è che il protoammasso contenga ancora grandi quantità di gas freddo – gas che i buchi neri riescono a consumare più facilmente rispetto al gas caldo che, invece, si incontra di solito negli ammassi di galassie più maturi.
«La storia non finisce qui», promette Tozzi. «Grazie ai dati Chandra stiamo scoprendo tante altre cose nelle vicinanze della Galassia Ragnatela, come zone di violenta interazione tra i jet relativistici emessi dal nucleo – che sono visibili non solo nel radio ma anche nei raggi X – e il gas circostante. Tra le altre cose, stiamo cercando anche il gas caldo che è contenuto nell’alone di materia oscura del protoammasso. Se riuscissimo a trovarlo, sarebbe la prima volta che questo gas – che chiamiamo proto intracluster medium – viene osservato a questa distanza, ovvero solo tre miliardi di anni dopo il Big Bang. Speriamo che questo sia l’argomento del prossimo lavoro che faremo grazie alla nostra miniera di dati Chandra».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “The 700 ks Chandra Spiderweb Field I: evidence for widespread nuclear activity in the Protocluster”, di P. Tozzi, L. Pentericci, R. Gilli, M. Pannella, F. Fiore, G. Miley, M. Nonino, H.J.A. Rottgering, V. Strazzullo, C. S. Anderson, S. Borgani, A. Calabro’, C. Carilli, H. Dannerbauer, L. Di Mascolo, C. Feruglio, R. Gobat, S. Jin, A. Liu, T. Mroczkowski, C. Norman, E. Rasia, P. Rosati e A. Saro
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