Se non fosse che è tutto ghiaccio, potrebbe benissimo essere il parco dei vulcani delle Hawaii. Invece è una regione a sudovest di Sputnik Planitia, il “cuore” di Plutone immortalato il 14 luglio del 2015 dalla sonda New Horizons della Nasa da appena 768mila km di distanza. Immagini che ancora continuano a stupire gli scienziati e ad alimentare interpretazioni e articoli. L’ultimo in ordine di tempo, pubblicato questa settimana su Nature Communications, si sofferma sulle strutture geologiche presenti nella regione a sudovest di Sputnik Planitia, appunto, e ribadisce come siano il prodotto di attività criovulcanica recente, segno della presenza – nel sottosuolo del pianeta nano, e in un passato non troppo distante – di una fonte di calore superiore a quanto ipotizzato in precedenza. Conformazioni, sottolineano gli autori dello studio, che non si erano mai incontrate prima nell’intero Sistema solare.
«Le particolari strutture che abbiamo studiato sono uniche, presenti solo Plutone, almeno finora», dice infatti Kelsi Singer del Southwest Research Institute (Boulder, Colorado, Usa), prima autrice dell’articolo pubblicato su Nature Communications e vice principal investigator della missione New Horizons della Nasa. «Sembra dunque che non sia stata l’erosione, o altri processi geologici, bensì l’attività criovulcanica ad aver estruso grandi quantità di materiale all’esterno di Plutone e fatto riemergere un’intera regione dell’emisfero che New Horizons ha osservato da vicino».
Il criovulcanismo è già di per sé un fenomeno abbastanza singolare: per noi terrestri, un vulcano che erutta lava di ghiaccio è un ossimoro. Ma sui corpi che orbitano nelle regioni più fredde del Sistema solare non è così raro imbattersi in strutture criovulcaniche. A rendere particolari queste osservate su Plutone sono le grandi dimensioni e l’età relativamente recente. Si osservano infatti cupole – o “duomi”, come li chiamano i geologi – alte fino a sette km e che si estendono per decine di km, intrecciandosi fra loro a formare strutture più complesse. Il tutto coperto dal cosiddetto hummocky terrain: una superficie costellata di piccole collinette semisferiche – hummock, appunto. Si nota anche l’assenza di crateri, un tratto caratteristico di una morfologia geologicamente giovane.
Il tutto fa dunque supporre che il processo all’origine di queste conformazioni debba essere stato attivo fino a tempi relativamente recenti, o addirittura potrebbe esserlo tutt’oggi, il che implica – appunto – che Plutone possa aver mantenuto calore al suo interno, così da consentire l’affiorare in superficie di materiali ricchi di ghiaccio d’acqua.
Flussi criovulcanici in grado di creare le grandi strutture immortalate da New Horizons, osservano gli scienziati, potrebbero essersi verificati se il materiale fuoriuscito avesse una consistenza simile a quella del dentifricio che esce da un tubetto, oppure se si fosse comportato in qualche modo come il materiale solido dei ghiacciai che scorrono qui sulla Terra o, ancora, in presenza d’un guscio – o una calotta – congelato con materiale al di sotto ancora in grado di scorrere. Da escludere, invece, altri processi come, per esempio, l’erosione.
«Lo studio che abbiamo appena pubblicato è una vera pietra miliare», commenta il principal investigator di New Hoirizons, Alan Stern, anch’egli del Southwest Research Institute. «Dimostra ancora una volta quanta personalità geologica abbia Plutone nonostante sia un pianeta così piccolo, e come sia stato incredibilmente attivo per lunghi periodi. Anche a distanza di anni dal flyby, questi nuovi risultati di Singer e colleghi mostrano che sulle meraviglie di Plutone c’è ancora parecchio da imparare, molto più di quanto immaginassimo prima che venisse esplorato da vicino».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Communications l’articolo “Large-scale cryovolcanic resurfacing on Pluto”, di
Kelsi N. Singer, Oliver L. White, Bernard Schmitt, Erika L. Rader, Silvia Protopapa, William M. Grundy, Dale P. Cruikshank, Tanguy Bertrand, Paul M. Schenk, William B. McKinnon, S. Alan Stern, Rajani D. Dhingra, Kirby D. Runyon, Ross A. Beyer, Veronica J. Bray, Cristina Dalle Ore, John R. Spencer, Jeffrey M. Moore, Francis Nimmo, James T. Keane, Leslie A. Young, Catherine B. Olkin, Tod R. Lauer, Harold A. Weaver e Kimberly Ennico-Smith