La scoperta era stata pubblicata su Science il 7 luglio del 2016. Ed era un fior di scoperta. Niente meno che l’immagine diretta – cosa già di per sé molto rara – di un esopianeta in un sistema con ben tre stelle. Uno fra gli esopianeti più giovani mai scoperti, appena 16 milioni di anni. Non solo: HD 131399Ab – questo il nome che era stato dato al “super” Tatooine (super in quanto il Tatooine di Star Wars di soli ne aveva due “soltanto”) – era anche il primo esopianeta visto grazie allo strumento Sphere del Very Large Telescope dell’Eso. Insomma, una notizia di quelle ghiotte, ripresa da testate di tutto il mondo, da Der Spiegel al New York Times. Ovviamente l’avevamo riportata anche su Media Inaf.
Peccato che quel pianeta non esista.
Già. Il gioviano HD 131399Ab – dove la lettera ‘b’ finale della sigla lo identificava come il primo mondo scoperto nel sistema stellare HD 131399A, a circa 320 anni luce da noi – era in realtà una stella di passaggio sullo sfondo. Finita per caso lì dietro al sistema triplo – in realtà quadruplo, come accertato successivamente – proprio mentre Sphere lo stava osservando, la remota stellina, per una sorta di effetto prospettico, era stata scambiata per un pianeta.
Insomma, quello che in gergo si definisce un falso positivo, come aveva dimostrato già all’epoca un team guidato da Eric Nielsen del Seti Institute. Del vero primo pianeta scoperto con Sphere – il gigante bollente Hip 65426b – venne dato l’annuncio nell’estate dell’anno successivo. E oggi, a distanza di quasi sei anni, con la ritrattazione dell’articolo su Science da parte dell’intero team che aveva inizialmente firmato la scoperta, la vicenda può dirsi ufficialmente conclusa.
«Abbiamo ora ottenuto ulteriori osservazioni del sistema, che coprono un periodo di tempo più lungo», scrivono infatti gli autori del primo articolo nella loro ritrattazione. «Osservazioni che mostrano come la stella primaria, HD 131399A, abbia una parallasse numerose volte superiore a quella del presunto esopianeta, indicando dunque che si trovano a distanze significativamente diverse. Ciò conferma che l’oggetto è una sorgente presente sullo sfondo, non un esopianeta associato ad HD 131399. Ritiriamo dunque l’articolo di ricerca. Tutti gli autori sono d’accordo con questa ritrattazione».
Un passo indietro, val la pena notare, che non deve sorprendere, né tanto meno lasciarci sconcertati in quanto compiuto su una rivista di grande prestigio qual è Science. Al contrario, esemplifica uno fra i principali punti di forza della scienza: quello di essere un sistema in grado di autocorreggersi.
«La revisione di precedenti scoperte pubblicate fa parte del metodo scientifico», osserva infatti Silvano Desidera, astronomo all’Inaf di Padova, non coinvolto nello studio del 2016, al quale ci siamo rivolti per un commento. «In questo caso si tratta di un caso di falso allarme nella scoperta di un pianeta che, in realtà, si è dimostrato essere una stella – una stella che appare molto debole, simile a come dovrebbe apparire un pianeta attorno ad HD 131399A, e molto più lontana. Nella maggior parte dei casi queste stelle “di sfondo”, essendo più lontane della stella attorno alla quale cerchiamo il pianeta, hanno un moto apparente molto più piccolo e ci appaiono sostanzialmente ferme, mentre una stella più vicina e il pianeta che la orbita a grande separazione si spostano (di poco) insieme rispetto allo sfondo. In questo caso, invece, la stellina sullo sfondo ha un moto intrinseco molto veloce, che visto dalla nostra posizione nella Via Lattea appare casualmente simile a quello atteso per un pianeta attorno, appunto, ad HD 131399A. Questa situazione era stata ritenuta estremamente poco probabile, sia dagli autori della ricerca sia, probabilmente, dai revisori scientifici che hanno verificato l’articolo. E quindi era stato dato il via libera alla pubblicazione, considerando la rilevanza della scoperta di un nuovo pianeta così peculiare. Ma ora è stato possibile dimostrare con nuove osservazioni la vera spiegazione».
«Va anche ricordato che l’assegnazione dei fondi di ricerca e del tempo al telescopio avvengono quasi sempre su base competitiva», aggiunge Desidera, «dunque pubblicare velocemente i risultati delle ricerche in atto può favorire l’accesso a nuove risorse. Questo spinge talvolta a forzare la pubblicazione dei risultati, senza effettuare tutte le verifiche necessarie per escludere anche le spiegazioni alternative meno probabili, che in alcuni casi, come questo, avrebbero richiesto osservazioni ripetute a distanza di parecchi anni».
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo del 2016 “Direct imaging discovery of a Jovian exoplanet within a triple-star system”, di Kevin Wagner, Dániel Apai, Markus Kasper, Kaitlin Kratter, Melissa McClure, Massimo Robberto e Jean-Luc Beuzit
- Leggi su Science la “Retraction” firmata dagli stessi autori