OSSERVATA CON I RADIOTELESCOPI ASKAP E MEERKAT

Quel puntino? È la pulsar più luminosa mai scoperta

Un team internazionale di astrofisici, fra i quali Alessandro Ridolfi dell’Inaf di Cagliari, ha scoperto – grazie a una nuova tecnica osservativa basata sull’analisi della polarizzazione – la pulsar extragalattica più brillante mai trovata. È nella Grande Nube di Magellano, a circa 160mila anni luce da noi, e ha un periodo di rotazione di 322 ms

     03/05/2022

In alto, la pulsar osservata in modalità “normale” (a sx) e con gli “occhiali polarizzati” (a dx). Al centro, il radiotelescopio MeerKat. In basso, da sinistra, Yuanming Wang e Tara Murphy dell’università di Sydney. Crediti: Yuanming Wang (per la pulsar), Sarao (per la foto di MeerKat) e The University of Sydney/Louise M Cooper (per la foto delle due ricercatrici)

«È stata una sorpresa incredibile. Non mi aspettavo di trovare una nuova pulsar… figuriamoci la più brillante! Ma con i nuovi telescopi a cui ora abbiamo accesso, come Askap e i suoi “occhiali da sole”, è finalmente possibile».

A parlare è l’astronoma Yuanming Wang, dottoranda all’università di Sydney nonché prima autrice di uno studio – pubblicato ieri su The Astrophysical Journal – che riporta, appunto, la scoperta di quella che parrebbe essere la pulsar più luminosa mai vista.

E gli “occhiali da sole”? Quelle “indossate” dal telescopio Askap – l’Australian Square Kilometre Array Pathfinder, un radiotelescopio dell’australiano Csiro – sarebbero più propriamente lenti polarizzate, nel senso che la scoperta è stata resa possibile grazie allo studio della luce polarizzata emessa dalla pulsar stessa. Emissione radio con polarizzazione circolare proveniente da Psr J0523-7125, questo il nome della sorgente: una pulsar della Grande Nube di Magellano, a circa 160mila anni luce da noi, dieci volte più luminosa di qualsiasi altra mai rilevata al di fuori della nostra galassia.

Ma perché far indossare ai radiotelescopi gli “occhiali polarizzati”? I metodi tradizionali per trovare le pulsar setacciano i dati dei telescopi alla ricerca della firma tipica di questi oggetti: un segnale “pulsato”, appunto, dovuto al fatto che – essendo le pulsar stelle di neutroni in rapida rotazione – i fasci di fotoni da esse prodotti spazzano l’universo come farebbe un faro, producendo dunque, per chi le osserva, una luce intermittente. Come dei lampeggianti. Il problema è che, non conoscendone a priori la temporizzazione, questi lampi possono susseguirsi a un ritmo troppo veloce, o magari troppo lento, per essere colto dai radiotelescopi. Cercando invece una luce polarizzata, spiegano gli autori dello studio, è possibile trovare pulsar al di fuori dell’intervallo di temporizzazione standard.

Rappresentazione artistica della pulsar extragalattica Psr J0523-7125, all’interno della Grande Nube di Magellano. Crediti: Arc Center of Excellence for Gravitational Wave Discovery (OzGrav)

Ecco così che quell’anonimo puntino luminoso, in apparenza null’altro che una lontana galassia del tutto trascurabile, all’improvviso – grazie all’impiego dei dati in luce polarizzata – ha catturato l’interesse dei radioastronomi del team guidato da Tara Murphy, dell’università di Sydney. Per stabilire se si trattava veramente di una pulsar, però, servivano un radiotelescopio più sensibile di quello australiano di Parkes e un “astronomo fact-checker” – un esperto di pulsar in grado di certificare che fosse proprio una pulsar, e non un abbaglio.

Il primo lo hanno trovato in Sudafrica: si tratta del radiotelescopio MeerKat del South African Radio Astronomy Observatory, uno strumento perfetto per cogliere segnali anche deboli dalle pulsar. Il 25 agosto 2021 le 64 antenne di MeerKat sono dunque rimaste in ascolto di segnali provenienti dalla regione di universo indicata dal team di Murphy e Wang, raccogliendo dati per due ore e mezza. Il secondo – il fact-checker, colui al quale inviare i dati raccolti da MeerKat – è invece un giovane ricercatore dell’Inaf di Cagliari (ma originario di Roma, “Roma Roma, Tuscolano”, dice a Media Inaf): Alessandro Ridolfi, autore di una cosiddetta pipeline per la ricerca di pulsar nei dati di MeerKat.

Alessandro Ridolfi, ricercatore all’Inaf di Cagliari e coautore dell’articolo sulla scoperta della nuova pulsar. Crediti: Inaf

«La mia pipeline viene utilizzata per la ricerca di pulsar in ammassi globulari, ed essendosi già dimostrata efficace nel trovare decine di pulsar, il team dell’università di Sydney mi ha chiesto se potevo applicarla a questi nuovi dati», spiega Ridolfi. «In fin dei conti si è trattato un lavoro piuttosto semplice: impiegare i codici che utilizzo normalmente per analizzare i dati degli ammassi globulari raccolti con MeerKat e applicarli al nuovo set di dati per verificare la presenza di pulsazioni. Pulsazioni che in effetti c’erano: una ogni 322 ms, dunque una pulsar relativamente lenta, una caratteristica tipica delle cosiddette pulsar “giovani” – anche se per determinarne l’età saranno necessarie ulteriori misure, così da poter calcolare la variazione del periodo di rotazione nel tempo».

Dunque è confermato: è una pulsar, probabilmente una pulsar giovane, sicuramente una pulsar molto luminosa – fra quelle extragalattiche, la più luminosa che si conosca. Nonché la prima mai individuata grazie a questo particolare metodo di analisi dei segnali polarizzati.

«A causa delle sue proprietà insolite, la pulsar che abbiamo individuato era stata ignorata da studi precedenti, nonostante la sua luminosità. Questa che abbiamo condotto è la prima ricerca sistematica di emissione polarizzata da pulsar», conclude Murphy, «ed è una tecnica con la quale ci aspettiamo ora di trovare altre pulsar».

Per saperne di più: