L’universo, si sa, è piuttosto silenzioso. Le onde sonore non possono propagarsi come fanno qui, sulla Terra, dove grazie all’atmosfera trovano sempre un mezzo attraverso cui far avanzare le proprie vibrazioni. Per farsi notare, nell’universo, bisogna usare strategie diverse. Attraverso un lampo di luce, ad esempio. È così che si è fatta trovare una piccola stella che sta venendo lentamente e inesorabilmente mangiata dalla sua compagna, una pulsar millisecondo black widow, a circa tremila anni luce dalla Terra. Un grido silenzioso, un allarme che sono stati in grado di captare i ricercatori del Massachussets Institute of Technology (Mit), grazie al telescopio Zwicky Transient Facility (Ztf). La scoperta è stata pubblicata oggi su Nature.
Le black widow, letteralmente vedove nere, sono sistemi di stelle binarie in cui una delle due stelle è una pulsar (una stella di neutroni) e l’altra è una nana bruna. L’orbita del sistema è molto compatta (i due oggetti sono molto vicini, nel caso di Ztf J1406+1222, la pulsar dello studio, siamo attorno ai 500mila chilometri, circa 300 volte più vicini di quanto non sia la Terra dal Sole) e la nana bruna orbita in sincrono con la pulsar, mostrandole sempre la stessa faccia, così come la Luna mostra sempre la stessa faccia alla Terra. A causa di questo, la nana bruna viene colpita dalla forte radiazione proveniente dalla sua compagna più piccola, e la faccia irradiata si riscalda al punto da creare una grande differenza in temperatura con il lato non irradiato. Mentre la nana bruna orbita intorno alla pulsar, quindi, chi la osserva da fuori può vedere in parte la faccia più calda, e quindi più luminosa, e in parte la faccia più fredda, e quindi meno luminosa.
Il nome vedova nera viene da un tipo di ragno la cui femmina uccide il compagno. Questo perché la pulsar, con il suo getto di radiazione, fa lentamente evaporare la stella compagna e, nelle giuste condizioni, la può far evaporare fino alla completa dissoluzione.
Di pulsar al millisecondo, comunque, se ne conoscono parecchie, e di vedove nere almeno due dozzine. Allora cos’ha di così particolare, questo sistema, tanto da meritarsi una pubblicazione nella più rinomata delle riviste scientifiche?
Nel sistema appena scoperto, Ztf J1406+1222, la pulsar e la stella compagna orbitano l’una attorno all’altra ogni 62 minuti: è il più breve periodo orbitale mai identificato. Nel sistema, poi, sarebbe presente anche una terza compagna, una stella lontana che orbita attorno alle due ogni 10mila anni (a una distanza orbitale di circa 90 miliardi di chilometri). Si tratterebbe di una stella particolare, una cool subdwarf, o subnana fredda, un tipo di stella rara e antica. Il fatto che sia un oggetto antico significa che il sistema stesso è antico, il che pone delle domande sulla sua formazione. Infatti, le stelle di neutroni emettono radiazione ad alte energie solo quando sono molto giovani. Le stranezze, comunque, non finiscono qui: mentre tutti i sistemi simili finora identificati sono stati rilevati tramite l’osservazione di lampi gamma e raggi X emessi direttamente dalla pulsar, in questo caso le osservazioni di Ztf erano nel visibile, e hanno identificato la luce proveniente dalla stella compagna, che – per i motivi che dicevamo sopra – mentre viene cannibalizzata sembra lampeggiare.
«La nostra ricerca, che ha utilizzato dati da diversi telescopi sia sulla terra che nello spazio, aveva proprio lo scopo di trovare nuove “vedove nere”, per poter studiare questi sistemi rari e affascinanti» spiega a Media Inaf Ilaria Caiazzo, ricercatrice postdoc al Caltech e coautrice dello studio. «In particolare, per identificare nuove candidate vedove nere abbiamo utilizzato i database di due telescopi: Gaia, un telescopio in orbita dell’agenzia spaziale europea che ha misurato la distanza, la luminosità e il colore di miliardi di stelle, e lo Zwicky Transient Facility, un telescopio invece terrestre, di base al Palomar Observatory e gestito dal Caltech e da una collaborazione internazionale di università e istituti, che osserva il cielo settentrionale ogni notte per scoprire stelle variabili e eventi esplosivi come le supernove».
In particolare, i ricercatori hanno selezionato alcune possibili candidate in base al loro colore e luminosità, caratteristiche che sono diverse da quelle delle stelle “normali”, come il Sole. Fra queste, hanno poi selezionato quelle la cui luminosità variava con regolarità, su e giù con un periodo fisso.
«Ztf J1406+1222 ha immediatamente catturato la nostra attenzione per l’ampiezza delle sue variazioni periodiche in luminosità (la stella diventa 5 volte più luminosa nell’ottico in una fase del suo periodo, e poi abbiamo scoperto che nell’ultravioletto che le variazioni sono ancora più estreme)» continua Caiazzo. «Tale ampiezza di variazione è una caratteristica comune delle vedove nere. Abbiamo quindi messo in campo una serie di telescopi per osservare questo oggetto più nel dettaglio: gli strumenti Chimera e Wasp sul telescopio Hale al Palomar Observatory, Ultracam al New Technology Telescope a La Silla, Lris sul Keck Telescope a Maunakea e infine Uvot e Xrt, due strumenti sul telescopio in orbita Swift. Il lavoro dell’astronomo è spesso simile a quello del detective: raccogliamo informazioni e indizi su un oggetto usando diversi telescopi e dobbiamo trovare la soluzione più verosimile».
Nel caso di Ztf J1406+1222, è bene precisarlo, gli astronomi non sono completamente sicuri che si tratti di una vedova nera. Gli indizi sono talvolta contrastanti, il che rende difficile dire con certezza di che tipo di oggetto si tratta.
Il primo indizio che fa pensare che sia una vedova nera è la curva di luce. Come dicevamo, la luminosità varia moltissimo durante il periodo. Se la si osserva con un filtro a metà fra il blu e l’ultravioletto (come colore), l’oggetto diventa 13 volte più luminoso nella fase luminosa del suo periodo rispetto alla fase meno luminosa. Questa variazione può essere spiegata dall’irradiazione di una stella molto fredda, come una nana bruna, da parte di un oggetto compatto molto caldo (che però non vediamo): la nana bruna orbita attorno all’oggetto compatto e quel che si vede da qui, appunto, è l’alternarsi della faccia calda e di quella fredda. Anche osservando lo spettro della nana bruna si trovano indizi che indicano che essa sia irradiata ad altissime energie: quando la curva di luce è al massimo, lo spettro mostra linee di assorbimento dell’idrogeno. Significa che l’energia irradiata dalla compagna è penetrata a fondo nella nana bruna e si è depositata sotto l’atmosfera. Solo una radiazione ad alte energie (nei raggi X) può penetrare così a fondo. Se l’energia fosse depositata più in alto nell’atmosfera della nana bruna (come accadrebbe se la radiazione della compagna fosse nell’ultravioletto o nell’ottico) si vedrebbero solo linee di emissione, e non di assorbimento, nella fase di massima luminosità.
Infine, il fatto che non si veda un’emissione luminosa da parte dell’oggetto compatto indica che esso è molto piccolo. Questo esclude, ad esempio, che si tratti di una nana bianca; deve essere più piccola. Esiste un solo oggetto in grado di emettere radiazioni ad alta energia e che sia più piccolo di una nana bianca: una stella di neutroni. Per questo gli astronomi ritengono che con ogni probabilità si tratti di una vedova nera.
Prima di trarre conclusioni, però, veniamo agli indizi contrastanti. Il primo è che non si vede emissione nei raggi X, che invece è tipica di qualunque altra vedova nera scoperta finora. Una possibile spiegazione a questo è che l’oggetto è molto lontano, che l’emissione nei raggi X sia molto debole e che il sistema non sia stato osservato abbastanza a lungo per vederla. Per scoprirlo, gli astronomi hanno pianificato di ottenere nuovi dati con il telescopio Chandra. Il secondo è che nelle linee dell’idrogeno di cui parlavamo prima non si vedono cambiamenti dovuti al fatto che la stella orbita velocemente la compagna. Anche in questo caso può esserci una spiegazione plausibile, se si considera il fatto che le linee dello spettro sono contaminate dal contributo della terza stella.
«Questa scoperta, se confermata, sarebbe un tassello importante nello studio dei canali di formazione delle vedove nere. Il fatto che il sistema sia antico ma con una pulsar giovane non è facile da spiegare» conclude Caiazzo. «Ne stiamo trovando degli altri con lo stesso metodo. Se davvero è una vedova nera, trovarne di più ci aiuterà a capire come questi oggetti vengono formati e come si evolvono. Se scopriamo che in realtà non è una vedova nera, sarà ancora più interessante perché significa che abbiamo scoperto un nuovo tipo di oggetti esotici che dovremo capire cosa sono».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “A 62-minute orbital period black widow binary in a wide hierarchical triple” di Kevin B. Burdge, Thomas R. Marsh, Jim Fuller, Eric C. Bellm, Ilaria Caiazzo, Deepto Chakrabarty, Michael W. Coughlin, Kishalay De, V. S. Dhillon, Matthew J. Graham, Pablo Rodríguez-Gil, Amruta D. Jaodand, David L. Kaplan, Erin Kara, Albert K. H. Kong, S. R. Kulkarni, Kwan-Lok Li, S. P. Littlefair, Walid A. Majid, Przemek Mróz, Aaron B. Pearlman, E. S. Phinney, Jan van Roestel, Robert A. Simcoe, Igor Andreoni, Andrew J. Drake, Richard G. Dekany, Dmitry A. Duev, Erik C. Kool, Ashish A. Mahabal, Michael S. Medford, Reed Riddle & Thomas A. Prince