Sarà l’opera umana più grande di sempre: un triangolo equilatero di fasci di luce laser da 2.5 milioni di km di lato, nanometro più nanometro meno, che inseguirà la Terra nella sua orbita attorno al Sole tenendosi a circa 50 milioni di km di distanza. Il suo nome è Lisa – acronimo di Laser Interferometer Space Antenna – e il suo obiettivo sarà quello di rilevare onde gravitazionali. Un po’ come fanno i bracci di Ligo negli Usa, quelli di Virgo in Italia e quelli di Kagra in Giappone: usando dunque il metodo dell’interferometria per calcolare, con raggi laser, le variazioni di distanza tra i vertici dei bracci introdotte al passaggio di un’onda gravitazionale. Solo che, mentre le distanze degli interferometri terrestri si misurano in km, quelle fra i tre vertici di Lisa sono, appunto, di milioni di km. Consentendo così di intercettare onde gravitazionali a bassa frequenza – dunque al di là della potata degli interferometri terrestri – come, per esempio, quelle prodotte dalla fusione di buchi neri supermassicci.
È fattibile, un’impresa del genere? Dopo anni di test, verifiche e valutazioni del progetto preliminare, la settimana scorsa l’Agenzia spaziale europea ha dato risposta affermativa. In gergo tecnico, Lisa ha superato la Mission Formulation Review: l’esame che certifica il passaggio dalla fase A – quella di fattibilità, appunto – alla fase B1: quella di perfezionamento della missione, sviluppo della tecnologia necessaria, scelta dei progetti finali e stipula degli accordi internazionali.
«Con il passaggio alla fase B1 la missione va oltre gli studi concettuali: è dunque un’importante pietra miliare per gli scienziati e gli ingegneri coinvolti», spiega lo study manager di Lisa dell’Esa, Martin Gehler. «Dopo un lungo viaggio, iniziato con i primi schizzi tracciati negli anni ’80, ora sappiamo di essere sulla strada giusta, e di avere un piano fattibile, verso l’approvazione della missione».
Una solida base per il successo di questa ambiziosa missione è rappresentata dai risultati oltre ogni attesa ottenuti da Lisa Pathfinder, il precursore di Lisa: lanciata nel 2015 e formata da un unico satellite, la missione Lisa Pathfinder ha dimostrato sul campo che è possibile posizionare e mantenere le masse di prova – nel suo caso, un cubo di due kg, fatto di una lega estremamente pura di oro e platino – in caduta libera con un livello di precisione sorprendente, e che i dispositivi di misura che dovranno essere impiegati con Lisa soddisfano tutti i requisiti.
Se tutto andrà secondo i piani, il lancio di Lisa dovrebbe avvenire a metà degli anni Trenta, più o meno in concomitanza con l’altra grande missione Esa del prossimo decennio: il telescopio per le alte energie Athena, al quale spetterà il compito di osservare l’emissione di raggi X prodotta dalla fusione tra buchi neri. Da questo punto di vista, dunque, uno strumento complementare a Lisa. Funzionando in tandem, sperano gli scienziati, potranno estendere il campo dell’astronomia multimessaggera dalla fusione fra stelle di neutroni a quelle fra buchi neri supernassicci.