Paolo Stefanini, ma per tutti era “Paolino”, ci ha lasciato. È successo il 3 maggio e ci ha lasciato con lo stile sobrio e riservato che lo ha sempre contraddistinto. A queste notizie non si è mai preparati e nel caso di Paolo è ancora più vero. La sua energia e determinazione, la sua ironica e disincantata visione del mondo me lo facevano apparire come eterno, indiscutibilmente eterno.
Quindi Paolo, prendo atto che anche tu avevi un tuo tempo, una tua storia, con un inizio e una fine. Mi rafforza però pensare a tutto quello che ci hai lasciato, che non finisce certo oggi e anima i ricordi e le riflessioni di tanti di noi, sicuramente me fra i primi. Lo dico a ragion veduta, sai? Ne sono testimoni le decine di mail e telefonate ricevute nell’organizzare questo piccolo ricordo per te. Ognuno ricorda di aver condiviso cose diverse, dalle ricette di cucina ai reticoli di diffrazione di tela di ragno, dalle bellissime osservazioni divulgative con il Telescopio Amici alle piramidi rifrattive costruite per i più grandi telescopi del mondo.
Cosa possiamo dire quindi se non “grazie Paolo, grazie per tutto quello che hai fatto per noi che ti siamo passati vicino”.
Paolino Stefanini aveva cominciato a lavorare all’Osservatorio di Arcetri nel 1966 e in 42 anni di lavoro (!) ha attraversato le vicende di non so quante generazioni di colleghi e in ognuna di esse ha lasciato il segno, il suo orientamento, la sua lezione. Nel mio piccolo posso dire che senza di lui la mia tesi di laurea con Piero Salinari sui cristalli liquidi sarebbe stata molto diversa e così tutto il mio lavoro successivo nel gruppo adattivo. Grazie ancora Paolo per aver dedicato a un laureando spaesato il tuo tempo, la tua intelligenza e la tua pazienza. Come dicevi “accidenti ai bambini piccini”.
Dice Roberto Ragazzoni: «Paolo è stato un tecnico dalle mani d’oro e dalla inventiva senza eguali, riusciva ad appassionarsi a problemi su cui si erano incagliati laboratori di mezza Europa, e a proporre soluzioni nuove, magari costruendo gli attrezzi per potere arrivare al compimento».
A proposito, mi viene in mente l’allineamento criogenico dello spettrografo di Amber/Vlti sviluppato da Sandro Gennari e Franco Lisi ad Arcetri. Per allinearlo al freddo Paolo, hai riscoperto in qualche giorno la teoria delle frange di Newton e poi me la hai anche spiegata a suon di disegni. Mi ricordo l’entusiasmo di Franco Pacini nel comunicarti, nel 1997, che eri stato nominato Cavaliere della Repubblica! Sicuramente la tua capacità di risolvere problemi impressionava, non passava inosservata. Uno dei referee del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) venuto ad Arcetri nel 2008 per il review dell’ottica adattiva del telescopi Magellan, ci disse nella closed session “we need more people like Paolo at Jpl”. Come dice Piero Salinari: «Se la piramide di Cheope è la più grande ed antica, quella di Paolo Stefanini (Paolino per tutti noi colleghi ed amici) è invece la più piccola e recente fra le piramidi importanti». È totalmente vero e forse nel campo astronomico le tue piramidi, Paolo, sono più famose di quelle egizie. Sono un’altra parte della tua eredità che resta, che anima tanti telescopi nel mondo, da Lbt a Elt.
Cosa possiamo dire quindi se non grazie Paolo, grazie, per tutto quello che hai fatto per noi, che ti siamo passati vicino e vorremmo averti ancora qui per tanto tempo. Sono convinto comunque, che come si augurava il tuo poeta preferito, il “noverar le stelle ad una ad una” ti abbia portato a vivere una vita lunga e felice, lavorando ai tuoi sogni e a condividere questa felicità con tanti altri; quindi, ancora una volta Paolo, da tutti noi grazie, grazie di tutto.
Così ti ricordano tanti amici e colleghi, non solo di Arcetri.
«La piramide di Paolino. Se la piramide di Cheope è la più grande e antica, quella di Paolo Stefanini è invece la più piccola e recente fra le piramidi “importanti”. Il sensore di fronte d’onda a piramide, inventato da Roberto Ragazzoni alla fine del secolo scorso, è oggi usato nei più avanzati sistemi di ottica adattiva ma agli inizi incontrava problemi dovuti alla produzione della piccola piramide di vetro che ne è il cuore. Ottenere le strette tolleranze sugli angoli fra le facce e sulla nettezza degli spigoli non era facile e parecchie ditte di ottica declinavano l’incarico o fornivano piramidi non adeguate. Per Paolo era la sfida giusta! In pochi giorni l’officina meccanica di Arcetri si trasformò in un laboratorio di ottica e i laser di allineamento e controllo illuminarono di rosso le bianche pareti dell’officina. Gli eccellenti risultati permisero di mettere a punto i sensori di fronte d’onda del Large Binocular Telescope e, successivamente, anche di altri telescopi, europei, americani e persino cinesi. Tutti con piramidi fatte da Paolino, che quindi ha dato un contributo essenziale allo sviluppo dell’Ottica Adattiva e, con questa, allo sviluppo dell’astrofisica», ricorda Piero Salinari, Osservatorio Astrofisico di Arcetri.
«Con Paolo è venuta a mancare un’altra colonna portante dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri, che ha contribuito in modo determinante al successo di molte attività tecnologiche. Ci mancherà Paolo come collega, il suo ingegno acuto e vulcanico, le sue abilità, la sua curiosità intellettuale, la sua disponibilità. Ci mancherà Paolo come uomo, la sua sensibilità, generosità, e gentilezza», ricorda Sofia Randich, Osservatorio Astrofisico di Arcetri.
«Univa una competenza straordinaria a doti umane difficili da eguagliare. Ogni volta che si andava a parlare con lui proponendogli un problema, era un misto di festa e di discussione tecnica. Parlando si incrociavano sempre almeno mille idee, magari solo tratteggiate. A volte ci si capiva anche solo con poche mezze parole, letteralmente. Vulcanico e geniale, amava le sfide nel suo campo. Ricordo con affetto il momento in cui nel 2016 conferimmo il premio Adoni a lui, che totalmente ignaro non si aspettava nulla di simile e fu quasi commosso. Siamo rimasti in contatto negli ultimi anni con qualche telefonata e qualche scambio di messaggi dove lui amava ricordare quella che lui chiamava “la staffetta della conoscenza” di cui andava fiero di averne fatto parte. Ci lascia una di quelle rare persone geniali e semplici, schietto e profondo. Grazie di tutto Paolino», ricorda Roberto Ragazzoni, Osservatorio Astronomico di Padova.
«Sono tanti gli aggettivi che servono per descrivere Paolo che noi, amichevolmente, chiamavamo Paolino; mi limito ad alcuni: appassionato e competente, fantasioso e intelligente, simpatico ed esuberante, disponibile e sempre sorridente. Proprio quel suo sorriso allegro e coinvolgente, pieno di umanità, è il ricordo più bello di Paolo, che porterò sempre con me», ricorda Jacopo Farinato, Osservatorio Astronomico di Padova.
«C’eravamo sentiti non tanto tempo fa e mi raccontava tutti gli acciacchi che gli erano capitati. Abbiamo perso un grandissimo amico che resterà nella nostra famiglia come un fratello. Ogni volta che parlavamo delle piramidi diceva sempre: “Bianchi siamo sempre i primi, per ora non ci batte nessuno”. Io ho lavorato spalla a spalla con lui ed è stata una bellissima esperienza, penso una tra le più belle ed emozionanti del periodo che ho trascorso all’Ino. Ci sarebbero tante belle cose da raccontare ma rimarranno dentro di me e spero che anche io, nell’invecchiare, non dimentichi questa persona alla svelta perché era una persona fantastica», ricorda Paolo Bianchi, Istituto Nazionale di Ottica.
«Paolo, quante cose fatte insieme lassù, davanti al Cervino! Quanto entusiasmo, quanta determinazione, quanto ingegno, quanta abilità mettevi nelle cose da fare. E non solo in quelle “astronomiche”. Oltre a tutte le splendide realizzazioni di importanza scientifica che già sono state accennate, ricordo il reticolo di diffrazione fatto usando il filo della tela di ragno. Curioso di tutto, vivacissimo, una sorta di argento vivo, stimolante: un ottimo collega, un caro amico. Ciao, Paolo. Ora, come dice il Poeta, il tuo amico Giacomo:
… tu certo comprendi
il perché delle cose, e vedi il frutto
del mattin, della sera,
del tacito, infinito andar del tempo».
ricorda Ruggero Stanga, Università di Firenze.
«Gratitudine per ciò che ho imparato dal suo esempio. L’incrollabile determinazione nell’ottenere il risultato, anche quando questo sembri impossibile o quasi. Si impara, si inventa, si sperimenta e si insiste fino al risultato. Questo insegnamento, unito alla sua abilità professionale, è stato un elemento determinante per quanto il nostro gruppo ha fatto. Le sue piramidi hanno lasciato l’impronta di Paolo, non solo nella mia storia professionale, ma nella tecnologia astronomica di oggi e del prossimo futuro. La meraviglia e l’entusiasmo per la natura, sia fra le stelle che nelle piante e animali. Sempre ho ammirato questo suo tratto, espresso con l’energia e il vigore di un ragazzino. La poesia. Paolo portava la poesia nelle nostre conversazioni, quando un dettaglio gli ricordava dei versi di Dante, Leopardi o una canzone. Grazie, Paolo», ricorda Enrico Pinna, Osservatorio Astrofisico di Arcetri.
«Che grande dispiacere!!! Avevo una grande stima di “Paolino”. Il padre lo fece studiare per non fargli fare il contadino, il fattore si adontò perché un suo colono aveva osato una scelta del genere e gli revocò la mezzadria. Paolino era un socialista convinto, ma alla casa del popolo di Ugnano mi dicevano che era sempre da solo, ma non si scoraggiava. Dopo aver lavorato in una ditta di stampi, venne ad Arcetri dove inventò “la meccanica popolare”, ovvero degli incrocchi talvolta mostruosi che però funzionavano alla perfezione. Poi venne il periodo delle piramidi e lí sviluppò tutta la sua genialità», ricorda Alberto Righini, Università di Firenze.
«Paolo non era un collega consueto, era qualcosa di straordinario, per la sua genialità, il suo entusiasmo e il suo modo di affrontare i problemi. Si è autodefinito un “arrangiologo” ed era giustamente fiero dello sviluppo dei piramidi usati per l’ottica adattiva. Infatti, per questo ha ricevuto il premio Adoni nel 2016. Durante la sua lunga carriera ad Arcetri ha ricevuto (1996) anche un altro riconoscimento proposta dall’allora direttore Franco Pacini: Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana. Una delle cose che più mi ha colpito è che avesse osservato lo spettro emesso dalle lucciole (Stefanini 2012, Atti della Fondazione Giorgio Ronchi), i cui risultati sono stati pubblicati nell’articolo “Vai fuori e guarda: che colore ha la luce delle lucciole?”. Anche il suo apprezzamento della natura e la sua curiosità scientifica unita alla capacità tecnica mi sono rimasti impressi. Era anche poeta e fotografo, le sue foto della natura sono splendide. Il mondo è più povero senza Paolo, mancherà molto a tutti noi», ricorda Leslie Hunt, Osservatorio Astrofisico di Arcetri.
«I miei ricordi di Paolo sono tanti, era una persona straordinaria, di una sensibilità unica, oltre alla sua grande passione per Leopardi ho scoperto negli ultimi anni che scriveva lui stesso poesie bellissime. Paolo si entusiasmava di tutto come un bambino. Ci tengo a ricordarlo nella sua genialità per alcuni suoi esperimenti come quello sulle lucciole o l’allarme per i vasi dei fiori. Ha accudito sua mamma inferma a lungo con grande amore, si definiva per questo “ragazzo padre” e diceva: “io non ho figli ma quando un anziano arriva a questo, ritorna a essere come un bambino e io sono come il suo babbo, la accudisco e me ne prendo cura in tutto!”. Caro Paolo, ho appreso tardi la tristissima notizia della tua scomparsa… tu corri! Corri alto nel cielo tra le tue stelle, continua a correre come hai sempre fatto sulla terra. Noi continueremo ad amarti da quaggiù», ricorda Emanuela Masini, Osservatorio Astrofisico di Arcetri.
«Ho conosciuto Paolo Stefanini tardi rispetto a molti miei colleghi di Arcetri, ma ci siamo incontrati varie volte agli eventi pubblici dell’Osservatorio e spesso passava a salutare i suoi vecchi e nuovi colleghi. Tutte le volte che ci siamo incontrati, o semplicemente incrociati per pochi minuti, ne approfittava per mostrarmi immagini e video scientifici che aveva realizzato personalmente, dagli spettri stellari registrati sul telefonino allo sviluppo di piante e larve di insetti, alla luce delle lucciole. Era come se andasse in giro con una sua piccola Wunderkammer virtuale e aveva un grande desiderio di farci entrare tutte le persone che stimava. Mentre presentava le sue immagini scientifiche con l’entusiasmo di un ragazzo, manteneva sempre una insolita deferenza verso tutti i suoi colleghi, e comunicava così un grande rispetto e ammirazione per il mondo della scienza di cui lui stesso faceva parte. Ho sempre avuto l’impressione che il riconoscimento, unanime, del suo importante contributo tecnico scientifico all’astronomia lo rendesse immensamente felice», ricorda Paolo Tozzi, Osservatorio Astrofisico di Arcetri.
«Il primo contatto tra Paolo e me è stato uno scontro: giovane borsista dell’Osservatorio, guidavo contromano in motorino e sull’ultima curva di Arcetri sono finito contro la sua cinquecento bianca. Non solo non mi ha mai chiesto i danni (gli avevo piegato il paraurti), ma mi ha subito aiutato e, dopo, chiesto come andava. Paolo era così: generoso e gentile, con gli sconosciuti e con i colleghi, e molti di questi gli erano anche amici. Era un inguaribile entusiasta per le cose di questo mondo (l’astronomia, che amava al punto da dedicarle una delle sue massime doti – l'”aggeggiologia”, come la definiva lui), la politica, di cui discuteva appassionatamente, la poesia (conosceva Leopardi a memoria), sempre sorridente e allegro col suo grembiule verde, continuamente indaffarato in officina. Ha continuato a venirci a trovare anche dopo la pensione, a parlarci di tutto: le sue amate piramidi, il suo incontro con i telescopi in Cile, un po’ anche dei suoi malanni (ma molto poco e sempre con l’idea che si stava rimettendo). Anche quando, ormai solo per telefono, mi raccontava della sua ultima malattia, invece che lamentarsene ne parlava con la stessa passione che metteva in tutte le sue cose – la passione, il tratto fondamentale della sua vita. Ci manchi, Paolo», ricorda Ciro Del Vecchio, Osservatorio Astrofisico di Arcetri.
«Ho conosciuto Paolo appena arrivato all’Osservatorio di Arcetri da studente nel 1969. Ho sempre apprezzato la sua schiettezza nelle discussioni che si prendevano durante le assemblee oppure alla mensa. Ricordo il suo muoversi sempre di corsa, il suo ingegno e il suo desiderio di far conoscere i più vari aspetti della natura, in modo particolare ai bambini. Quando mia figlia era alla scuola materna portò un’incubatrice che aveva costruito per far vedere come nascono i pulcini. A questo riguardo, come non ricordare la sua passione per la fotografia dei particolari di fiori e insetti: il mitico spettro della luce delle lucciole! Ultimamente ho scoperto la sua vena poetica nata, penso, dalla sua passione per Leopardi», ricorda Francesco Palagi, Osservatorio Astrofisico di Arcetri.
«Mi ricordo tante cose belle di lui… quando andavamo a prendere il caffè insieme con Francesca Cecconi e Luciana Nannelli, ci abbracciava una per una e poi ci “scuoteva” tutte. Era il suo modo di fare, ci faceva ridere. Poi ci recitava le poesie di Leopardi a memoria. Lo ricorderò per sempre perché era veramente un amico, con lui potevi parlare di tutto. Mi chiedeva come si faceva a far da mangiare. Faceva anche esperimenti in cucina e poi raccontava: “Sai, ho provato questo e mi è venuto proprio buono”. Paolo ha sempre accudito il babbo e la mamma – stava con loro – che poi perse dopo una lunga malattia. Era veramente una persona buona e di cuore», ricorda Rossella Venturi, Osservatorio Astrofisico di Arcetri.