In un articolo in via di pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics, un gruppo internazionale guidato da ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) riporta la scoperta di una coppia di oggetti con rapporto di massa e irraggiamento simili a Giove attorno alla stella massiccia Mu2 Scorpii (μ2 Sco). La stella, facilmente visibile ad occhio nudo, è condannata a evolvere come supergigante rossa per poi esplodere in supernova tra circa una decina di milioni di anni. Si tratta quindi della prima scoperta di oggetti planetari (o planet-like) attorno a una futura supernova. Tutti i pianeti scoperti finora si trovano attorno a stelle che terminano la loro vita come nane bianche.
Vito Squicciarini, dottorando dell’Università di Padova presso l’Inaf e primo autore del paper, commenta la scoperta: i risultati delle osservazioni mostrano «per la prima volta, che la formazione planetaria è possibile anche attorno a stelle massicce, superando il record stabilito dal nostro team con la stella binaria b Centauri. Il rapporto tra la massa di tutti questi oggetti e la massa della loro stella è attorno all’uno o due per mille, molto simile a quello di Giove rispetto al Sole: per una serie di ragioni, questo fatto è del tutto inatteso».
La giovane stella subgigante blu al centro dello studio è nove volte più massiccia e 5000 volte più luminosa del Sole. È osservabile in direzione della costellazione dello Scorpione ed è distante circa 550 anni luce anni luce dal Sistema solare, non molto al di sotto di Antares. «Se consideriamo Mu2 Sco b un pianeta, la sua stella Mu2 Sco sarebbe la stella più massiccia attorno a cui siano stati scoperti pianeti», aggiunge il giovane autore. Le osservazioni sono state realizzare nell’ambito del programma B-star Exoplanet Abundance Study (Beast) utilizzando lo strumento Sphere del Very Large Telescope (Vlt) dell’Eso in Cile.
Squicciarini precisa: «Solo uno dei due oggetti, Mu2 Sco b, è stato confermato. Il secondo oggetto, che per ora rimane un candidato pianeta (sebbene molto promettente), necessiterà invece di uno studio futuro teso a confermarne definitivamente l’esistenza. In tal caso, il suo nome temporaneo CC0 sarà sostituito con Mu2 Sco c».
I ricercatori non possono confermare, in ogni caso, che si tratti effettivamente di pianeti: la loro massa è leggermente maggiore del limite planetario e ciò li qualificherebbe invece nella classe di nane brune. A parte questo dettaglio, il team descrive un sistema “simil” planetario, in cui la stella avrebbe il ruolo di “super Sole” e i due oggetti quello di “super Giove”. «Si tratta del secondo sistema di questo tipo scoperto dal nostro team; niente di simile era noto prima dei nostri studi, e c’erano addirittura buone ragioni per ritenere che non potessero esistere pianeti attorno a stelle con massa superiore a tre volte quella del Sole. Questo lavoro spinge molto più in là i limiti ultimi dei meccanismi di formazione planetaria, aprendo nuovi filoni di ricerca finalizzati a comprendere come sia possibile formare sistemi planetari in condizioni così esotiche», prosegue Raffaele Gratton, ricercatore presso l’Inaf di Padova e co-autore dell’articolo.
Ha avuto inizio nel 2019 la campagna osservativa finalizzata a cercare, con la tecnica del direct imaging, pianeti giganti e nane brune attorno a 85 stelle giovani (età tra i 5 e i 30 milioni di anni) con una massa molto elevata (maggiore di 2,5 masse solari). «L’obiettivo», spiegano gli autori, «è verificare se esistono e quanto sono abbondanti questi oggetti, per comprendere se la formazione planetaria sia possibile o no attorno a stelle così massicce. Tentiamo, inoltre, di testare le predizioni delle teorie esistenti in un ambito di applicazione completamente nuovo: i modelli di formazione planetaria sono stati storicamente sviluppati e testati su stelle simili al Sole, e recentemente estesi a stelle meno massicce (le più frequenti nell’universo, e quelle attorno a cui è stata trovata la maggior parte degli esopianeti). Manca ancora un’estensione dei modelli a stelle con più di due masse solari, che sono intrinsecamente più rare, e si spera che i risultati della nostra survey possano dare una mano e un incentivo in tal senso».
Sphere è un imager in grado di compiere rilevazioni dirette (direct imaging) di oggetti molto deboli attorno a stelle brillanti, isolando la loro luce da quella della stella primaria e basandosi su una tecnologia sofisticata, tra cui un’ottica adattiva estrema, la coronarografia, la polarimetria, l’imaging differenziale e la spettroscopia di campo integrale. Sphere è stato progettato e costruito da un consorzio di 12 importanti istituti di ricerca europei, tra cui l’Inaf che ha coordinato il team che ha progettato e costruito l’Integral Field Spectrograph (Ifs), uno dei 3 bracci scientifici dello strumento, e il software di controllo.
Il direct imaging è una tecnica piuttosto recente, per il momento limitata a pianeti giganti molto giovani (meno di 100 milioni di anni), che predilige distanze orbitali molto grandi. Grazie ai dati raccolti da Vlt, i ricercatori hanno potuto confermare che i dischi protoplanetari attorno a stelle grandi come Mu2 Scorpii e b Centauri sono in grado di generare oggetti planetari, o nane brune con caratteristiche che le rendono molto simili a pianeti giganti.
«Gli attuali modelli di formazione planetaria devono dunque essere estesi a ricomprendere anche stelle del genere», conclude Gratton.
Per saperne di più:
- Leggi su arXiv l’articolo “A scaled-up planetary system around a supernova progenitor” di V. Squicciarini, R. Gratton, M. Janson, E. E. Mamajek, G. Chauvin, P. Delorme, M. Langlois, A. Vigan, S. C. Ringqvist, G. Meeus, S. Reffert, M. Kenworthy, M. R. Meyer, M. Bonnefoy, M. Bonavita, D. Mesa, M. Samland, S. Desidera, V. D’Orazi, N. Engler, E. Alecian, A. Miglio, T. Henning, S. P. Quanz, L. Mayer, O. Flasseur, G. D. Marleau