Nanni Bignami… quanti ricordi, quante emozioni! Un astronomo e astrofisico allo stesso tempo, diremmo “militante”, sempre pronto ad analizzare le condizioni più favorevoli per la ricerca italiana e ad agire “velocemente”, “velocissimamente”, direi.
Quanti progetti e idee, quante discussioni, quanta passione. Molti dei progetti iniziati da Nanni si stanno concretizzando ora, e questa è l’eredità più bella per Inaf. Un Istituto a cui ha dedicato molto, moltissimo.
Un pensiero a Te, Nanni, che coglierai imponderabilmente tra gli abissi di quel cielo così mirabile che hai guardato così tante volte.
Marco Tavani, presidente Inaf
Quando si parla di un uomo con una personalità poliedrica come quella di Giovanni Bignami (“Nanni” per tutti quelli che lo hanno conosciuto), non ci si può esimere dal porsi la domanda: come avrebbe voluto essere ricordato Nanni? Come un astrofisico di successo, oppure un manager di caratura internazionale? Come uno sportivo accanito oppure come cultore della cultura classica e poliglotta abilissimo? Come padre di tre figli che adorava, oppure come personaggio pubblico con forti opinioni politiche?
Certo, il suo nome è legato indissolubilmente all’epopea dell’identificazione di Geminga, che lui ha vissuto dall’inizio insieme ai colleghi del Goddard Space Flight Center (Gsfc) dove era andato per un periodo di studio attratto dalla possibilità di lavorare sui dati della missione Sas-2. Si trattava di un telescopio per raggi gamma, all’interno del programma della Nasa chiamato Small Astronomical Satellites. Il lancio era avvenuto nel 1972 dalla base italiana di Malindi in Kenya per avere i vantaggi di un’orbita equatoriale più protetta dalle interferenze dei raggi cosmici. La missione aveva funzionato per meno di 7 mesi ma aveva prodotto una carta del cielo gamma che permetteva di vedere, per la prima volta, qualche dettaglio.
Stiamo parlando di poche migliaia di fotoni di energia superiore a 50 MeV e la carta era un insieme di puntini ognuno dei quali corrispondeva ad un fotone. I puntini non erano distribuiti uniformemente nel cielo. Tracciavano il piano della Galassia, dove l’interazione tra i raggi cosmici ed il materiale interstellare produce raggi gamma, e si notava un deciso addensamento in corrispondenza del centro della Galassia. Guardando nella direzione dell’anticentro galattico, si era notato che, non lontano da una sorgente che si pensava legata resto di supernova del Granchio (solo dopo si scoprì che era il pulsar il responsabile dell’emissione) c’era un altro agglomerato di fotoni. All’epoca non c’erano programmi sofisticati per fare le analisi delle immagini, Nanni ricordava che aveva preso una moneta e aveva disegnato un cerchietto sopra l’addensamento di fotoni e poi aveva ripetuto l’operazione in un’altra direzione e aveva contato i fotoni nei due cerchietti per avere un’idea del flusso della sorgente misteriosa. Era subito apparso evidente che si trattava di una sorgente brillante. Il passo successivo era stato cercare di capire l’oggetto celeste responsabile dell’emissione. Nel 1973 non c’erano molti esempi di sorgenti gamma, ma questa brillante sconosciuta non corrispondeva con nessun oggetto degno di nota. Venne chiamata γ195+5 dove i numeri erano i valori grossolani della posizione della sorgente in coordinate galattiche 195 gradi di longitudine e +5 gradi di latitudine.
Terminata la borsa di studio al Gsfc, Nanni era tornato a Milano per occuparsi della partecipazione al satellite Cos-B, che sarebbe stato lanciato nel 1975 e avrebbe fatto la storia dell’astronomia gamma. Cos-B migliorò il posizionamento di γ195+5 ma non risolse il problema dell’identificazione. Nanni si convinse che, per risolvere l’enigma, l’astronomia gamma non bastava: bisognava chiedere l’aiuto di altre astronomie capaci di una migliore localizzazione delle sorgenti. Prima tentò la strada della radioastronomia. Era il 1976 e Nanni era a Leiden e cercava ispirazione per rispondere alla richiesta che gli avevano fatto i radioastronomi che gestivano il radiotelescopio di Westerbork, dove aveva chiesto, e ottenuto, tempo di osservazione per puntare la sorgente misteriosa. I radioastronomi volevano un nome da collegare all’osservazione. Così è nata Geminga, a significare una sorgente gamma nella costellazione dei Gemelli (Gemini ). Sarebbe già stato un bel nome, ma, letto da persone di lingua germanica, diventa Gheminga, che ha una chiara e irresistibile assonanza con il modo di dire milanese gh’è minga per non esiste, non c’è.
Nanni ha sempre sostenuto che inventare il nome di Geminga è stato il suo più grande contributo all’astrofisica. Geminga, come si è poi dimostrato, è una stella di neutroni che non rivolge verso di noi il suo fascio di emissione radio, mentre il fascio gamma, intrinsecamente più grande, ci colpisce. È stata per anni un esempio unico, ma era chiaro che nella galassia ci dovevano essere moltissime altre stelle di neutroni con comportamento analogo. La missione Fermi, attualmente in corso, ne ha scovate 70, che vengono chiamate sorgenti Geminga-like.
Per fare astronomia di punta ci vogliono strumenti innovativi e potenti, per questo Nanni, alla fine degli anni ’80, decise di dedicarsi allo strumento Epic a bordo di Xmm-Newton, il grande osservatorio X dell’Agenzia spaziale europea (Esa). Come principal investigator di Epic (per European Photon Imaging Counter, nome che aveva inventato lui, naturalmente) Nanni doveva coordinare scienziati ed industrie, ma doveva anche interagire con le agenzie che dovevano garantire il flusso dei finanziamenti. Trovava i contatti con l’Agenzia spaziale italiana (Asi) particolarmente difficili per la mancanza di un interlocutore. Le sue critiche arrivarono alle orecchie del nuovo presidente, Sergio De Julio, che gli chiese se voleva diventare direttore scientifico dell’Agenzia, una posizione nuova pensata proprio per migliorare le interazioni tra il mondo scientifico e l’Agenzia.
Nanni decise di accettare la sfida, ben sapendo che le nuove responsabilità gli avrebbero lasciato poco tempo per la scienza. In compenso, sperava di dare nuovo slancio alla ricerca spaziale italiana. E così è stato. Se adesso la comunità italiana partecipa a progetti come Swift e Fermi è grazie agli accordi firmati alla fine degli anni ’90. E non si può dimenticare che Nanni aveva lanciato l’idea di finanziare un programma di piccole missioni scientifiche. Tra le proposte inviate all’Asi in risposta al bando, venne selezionato Agile, un telescopio gamma compatto e innovativo con l’idea che presto ci sarebbero state altre opportunità. Purtroppo la serie delle piccole missioni non è continuata e Agile, pur coronato dal successo, è rimasto l’unico esempio.
Durante il periodo come direttore scientifico, Nanni si era appassionato alla planetologia e la sua spinta è stata importante per la partecipazione italiana alla missione europea Rosetta. Da marziano convinto aveva molto spinto perché Esa avesse un programma di esplorazione di Marte attraverso una serie di missioni che dovevano formare il programma Aurora. L’idea della missione ExoMars è nata grazie agli sforzi della delegazione italiana all’inizio del 2000 ed è veramente triste vedere che il lancio previsto a settembre 2022 è stato cancellato. Purtroppo le ripercussioni della guerra in Ucraina sono arrivate fino a Marte. Finito il suo contratto in Asi, nel 2003 Nanni divenne direttore di un grande istituto di ricerca a Toulouse. Nel frattempo era diventato presidente dello Space Science Advisory Committe dell’Esa, proprio quando doveva essere preparato il nuovo documento di visione per la scienza europea nella decade 2015-2025. Le missioni Juice, Athena, Plato e Ariel sono la materializzazione del documento Cosmic Vision, Space Science for Europe 2015-2025. Fu Nanni ad insistere per avere in copertina un adattamento spaziale dell’astronomia dipinta da Raffaello nelle Stanze Vaticane. Il globo celeste di Raffaello è stato sostituito da un mix tra Marte e un’immagine del cielo X prodotta da Xmm-Newton.
Poi nel 2007, Nanni tornò in Italia come presidente di Asi giusto in tempo per assistere al lancio di Agile dalla base indiana di Sharinakota. Aveva grandi piani, ma il suo mandato venne interrotto da una crisi di governo. Tornò a insegnare ma, nel 2010, la passione per lo spazio lo portò alla presidenza del Cospar, poi nel 2011 venne nominato presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) dove la sua prima preoccupazione fu assicurare la partecipazione italiana allo Extremely Large Telescope (Elt), il più grande progetto di astronomia ottica da terra dello European Southern Observatory.
Nel 2014 Nanni ottenne un finanziamento speciale dal ministero per lo Sviluppo economico per un programma che chiamò Astronomia industriale. Grazie a questo finanziamento (del quale era orgogliosissimo) Inaf divenne un partner importante dei progetti Square Kilometer Array (Ska) e Cherenkov Telescope Array (Cta), i due più grandi progetti per l’astronomia da terra nel campo della radioastronomia e della astrofisica delle altissime energie. Benché lui si sentisse sempre un astronomo gamma, si entusiasmò talmente per il progetto Ska che cercò di portare gli headquarters a Padova. Non riuscì nell’intento ma il suo impegno venne riconosciuto da tutti i partner internazionali, che lo elessero presidente dello Ska Board.
Finito il suo mandato in Inaf, Nanni ha lavorato per Ska fino al suo ultimo respiro. Quando il cuore lo ha tradito, il 24 maggio 2017, era a Madrid dove avrebbe dovuto incontrare il Ministro della ricerca spagnolo.
Articolo originalmente pubblicato sul numero di maggio della rivista Cosmo, che ringraziamo per averci concesso di riprodurlo