Di sistemi planetari che ospitino sicuramente forme di vita, a oggi, ne conosciamo uno soltanto. Il nostro. Ed è un sistema con una sola stella al centro, il Sole. È dunque comprensibile che la ricerca di altre forme di vita nella galassia si concentri su sistemi simili al nostro. Con stelle simili alla nostra. Ma le stelle di dimensioni simili al Sole le si incontra, in circa un caso su due, non in sistemi single come il nostro bensì in sistemi binari. Sistemi con due stelle. Con due soli, se preferite: genitore 1 e genitore 2 – o, nel caso che ora presenteremo, Vla1 e Vla2.
Sistemi come questi sono promettenti, per crescervi attorno pianeti nei quali possa svilupparsi qualche forma di vita? Se lo è chiesto un team di astronomi guidato da Jes Kristian Jørgensen del Niels Bohr Institute, all’università di Copenhagen (Danimarca). E la risposta che hanno trovato, pubblicata ieri su Nature, è confortante. La binarietà e più in generale la molteplicità influenzano fortemente le proprietà delle stelle emergenti, scrivono gli autori nel loro articolo, così come le strutture fisiche e chimiche dei loro dischi protoplanetari, e quindi potenzialmente qualsiasi sistema planetario emergente. Dischi protoplanetari nei quali possono comunque formarsi molecole organiche complesse, dunque adattate a formare mattoncini essenziali per la vita come la conosciamo, come per esempio gli aminoacidi.
Ma come sono giunti a questa conclusione, Jørgensen e il suo team? Grazie a osservazioni compiute con Alma, l’array di 66 antenne per onde millimetriche e submillimetriche che scruta il cielo dal deserto di Atacama, in Cile. Puntando una giovanissima coppia di stelle – appena diecimila anni d’età, praticamente in fasce – a circa mille anni luce di distanza da noi, nella nube molecolare di Perseo. È un sistema binario di nome Ngc 133-Iras2A e appare circondato da un disco di gas e polvere. Disco nel quale è plausibile che si vadano pian piano formando pianeti, asteroidi e comete. Attraverso simulazioni al computer, è stato possibile estrapolare dai dati di Alma non soltanto lo stato “attuale” (necessariamente fra virgolette, visti i mille anni luce che ci separano) del sistema binario, ma anche il suo breve passato e il suo futuro prossimo.
«Le osservazioni ci consentono di zoommare sulle stelle e di studiare il moto della polvere e del gas verso il disco. Le simulazioni invece», distingue Rajika L. Kuruwita, ricercatrice postdoc al Niels Bohr Institute e seconda autrice dell’articolo, «ci dicono quale fisica è in gioco, come le stelle si sono evolute fino all’istantanea che osserviamo e la loro evoluzione futura».
Ora, l’aspetto degno di nota è che il moto del gas e della polvere non segue uno schema statico: in alcuni periodi – in genere relativamente brevi, da dieci a cento anni ogni mille anni – il movimento si fa molto accentuato e la stella binaria diventa da dieci a cento volte più luminosa, per poi tornare alle condizioni normali. Un andamento ciclico che i ricercatori spiegano con la natura binaria del sistema: orbitando una attorno all’altra, le due stelle – attraverso le rispettive attrazioni gravitazionali – rimesteranno il gas circostante e il disco di polvere, facendo periodicamente precipitare enormi quantità di materia su una delle due stelle.
«La materia in caduta darà luogo a un riscaldamento significativo. E il calore renderà la stella molto più luminosa del solito», spiega Kuruwita. «Queste “esplosioni” disgregheranno il disco di gas e polvere. Poi il disco si riformerà, ma le esplosioni potranno ancora influenzare la struttura del successivo sistema planetario».
Sistema planetario probabilmente ancora troppo giovane, quello osservato con Alma, nel quale però prima o poi si formeranno non solo pianeti ma anche, come dicevamo, comete. E proprio sulle comete si concentra l’interesse dei ricercatori, e sull’effetto che avrebbero su di esse le esplosioni periodiche di cui abbiamo detto.
«È probabile che le comete svolgano un ruolo chiave nel creare un ambiente potenzialemnte favorevole all’evoluzione della vita», dice Jørgensen. «Le comete hanno spesso un elevato contenuto di ghiaccio, con la presenza di molecole organiche. È plausibile immaginare che le molecole organiche si conservino nelle comete durante le epoche in cui un pianeta ancora è “sterile”, e che attraverso impatti successivi trasportino portino queste molecole sulla superficie del pianeta».
«Il riscaldamento prodotto dalle esplosioni provocherà l’evaporazione dei granelli di polvere e del ghiaccio che li circonda. Ciò può alterare la composizione chimica del materiale da cui si formano i pianeti», continua Jørgensen. «Le lunghezze d’onda alle quali è sensibile Alma ci permettono di riconoscere molecole organiche piuttosto complesse, molecole con 9-12 atomi, contenenti carbonio. Tali molecole possono essere elementi costitutivi per molecole più complesse, come quelle alla base della vita come la conosciamo. Per esempio gli amminoacidi, che già sono stati trovati nelle comete». Rendendo così i sistemi binari con stelle simili al Sole un obiettivo molto promettente per la ricerca di ambienti le cui condizioni chimiche siano potenzialmente compatibili con la vita.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “Binarity of a protostar affects the evolution of the disk and planets”, di Jes K. Jørgensen, Rajika L. Kuruwita, Daniel Harsono, Troels Haugbølle, Lars E. Kristensen e Edwin A. Bergin